Dietro ogni parola vi è un pensiero e dietro un pensiero una mentalità spesso tanto radicata da non riuscire ad essere controllata. Rosanna Lau dimostra, addebitando il delitto all’etnia e alla cultura dell’assassino, oltre ad un viscido razzismo, di non avere mai letto i dati relativi ai femminicidi nel nostro Paese.
In Italia, ad uccidere le donne sono, in gran parte, uomini italiani. Diversi per età, luogo di nascita e condizione sociale ma restano italiani. Sono compagni, mariti, ex mariti, fidanzati, ex fidanzati, conviventi, ex conviventi, e la ragione di questi femminicidi è sempre la stessa: il bisogno di possesso.
Ma c'è un altro elemento da cogliere nelle affermazioni della Lau - così come in quelle di Stefania Chisu solo qualche mese fa - che ha motivato il suo attacco definendo la vittima "malata di cazzite cronica". Perché mai una rappresentante istituzionale - che dovrebbe avere il compito di cercare soluzioni e solidi da fornire alle donne, che dovrebbe avere il compito di combattere e rimuovere le diseguaglianze materiali e non - insulta una donna parlando della sua vita sessuale?
Personalmente non so nulla della vita di Alessia Della Pia, ma anche qualora sapessi qualcosa mi guarderei bene dal fare affermazioni o ergermi a giudice.
Le parole utilizzate da Rosanna Lau possono essere lo spunto per una riflessione sulla concezione della donna nel nostro Paese. Si può essere "malate di cazzite cronica" consapevoli, felici di esserlo (o esserlo piacevolmente)? E qualora così fosse cosa toglie ciò alle altre? Ogni donna cosa guadagnerebbe dalla "cazzite cronica" altrui? Forse più bianca santità e purezza da mostrare in giro come un vanto? La Lau, cosi come la Chisu ed il suo "troia" riferito ad alcune donne, ritingono che le donne debbano avere una sorta di propensione - nel DNA - alla santità?
E soprattutto la "cazzite cronica" può essere un valido motivo per essere massacrate? C'è una regola che impone una sorta di raccolta punti per ogni uomo con cui si è state e che, una volta raggiunto un punteggio massimo, si sa che da un momento all'altro si corre il rischio di essere massacrate?
Le relazioni tra i sessi e la relazione con il sesso sono il prodotto di una costruzione sociale che va scomposta.
Esiste ancora una coltre pesante di moralismo che avvolge la sessualità e la libertà di scelta (non solo) femminile. Coltre che si mostrò evidentissima qualche mese fa nella sentenza di Fortezza da Basso, intrisa di un pensiero maschilista e patriarcale che impone modelli e forme di comportamento nei modi di essere e di agire, nell’assunzione dei ruoli, nel modo di scegliere come e per cosa vivere.
La prima oppressione da sconfiggere è quella radicata in ogni singola donna. Spesso non solo permettiamo di esercitare su noi oppressioni ideologiche ma siamo noi stesse a chiudere e soggiogare altre donne in gabbie, in altri focolari domestici uguali per sostanza e forma.
La parità, quella vera, quella che affermiamo di pretendere, non passa solo e semplicemente dalle leggi e dal riconoscimento di diritti che dobbiamo continuare a pretendere con forza e determinazione, passa anche da una cultura del rispetto, dall'abbattimento di quella concezione stigmatizzante la libertà femminile e che tenta di imporre un codice morale che norma la sua sessualità.
Perché se è vero, com'è vero, che finché ci saranno ancora tante donne che per insultare le altre, chiunque esse siano, che utilizzeranno epiteti sessisti, maschilisti e patriarcali, potremmo dirci ancora lontane dalla meta.