Sabato, 07 Febbraio 2015 00:00

Se Salvini varca i confini

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Se Salvini varca i confini

Nel gioco dell’accattonaggio elettorale, tra un colpetto democristiano in salsa moderna e uno in salsa anni ottanta, emerge l’urlo (da paura, per chi crede che certi personaggi dovrebbero stare fuori dal dibattito socio-politico) di tal Matteo, non quello più “famoso” di Rignano, quello rude e spesso troppo intimidatorio; il Sìor Salvini.

Figlio della xenofoba e ultra razzista Radio Padania, Matteo cresce seguendo il mito dei padri della sua “patria”. Secessione, federalismo, Nord contro Sud, etereo (ironicamente parlando) scontro tra civiltà. Cos’è allora che porta Salvini a volere diventare il/la LePen de Noartri?
Casus Belli di questa scesa in campo a livello nazionale non può che essere il bisogno di populismo che la crisi ha purtroppo generato nella mente delle persone. Populismo che la sinistra, quella vera non ha saputo convogliare all’interno di un sano spirito di classe che porterebbe all’azione immediata per contrastare lo spirito reazionario di questo governo, frutto di accordicchi tra lobbies e potenti sotto la protezione della Troika, spauracchio d’Europa.
Il grande comunicatore padano (meno male che esiste l’ironia), ha quindi iniziato un tour per le regioni, province città del meridione, a cercar di raccattare voti sull’onta dell’odio verso il diverso, del terrorismo e di vecchi schemi nazionalistici.
La domanda è ne avevamo bisogno? Abbiamo bisogno che Matteo Salvini venga a fare la sua sfilata a Napoli o a Palermo?

Non bisogna scadere in toni addirittura preunitari, con la solita retorica che guardi verso il regno di Napoli come optimum climatico ormai perduto. Il dato è un altro, oggi il leader di Lega Nord è tra i più apprezzati secondo i sondaggi, anzi addirittura dato in forte ascesa.
La scelta quindi deve essere chiara e precisa, il Sud tutto non può e non deve permettere che il becero leghismo, legato a doppio filo con slogan neofascisti, passi sotto Roma. Questo non per preservare il pensiero filosudista, esso deve essere un punto di partenza forte e chiaro verso tutta la penisola, per una riscossa che parta veramente dal basso e dal sociale.

Il vuoto che negli anni scorsi le sinistre non hanno colpevolmente saputo colmare è lo stesso vuoto dove sono cresciute disuguaglianze, ingiustizie, mafie.
Il vuoto generato dall’insofferenza verso chi dall’alto a scelto di autotutelarsi lasciando terre e popoli completamente allo sbando (lo Sblocca-Italia è uno degli effetti più devastanti; chiedere ai comitati NoTriv)
L’esempio greco resta tangibile, Syriza in questi anni di crisi ha provato a garantire servizi e mettere a disposizione strutture mutualistiche, le quali hanno permesso alla popolazione di vivere meglio.
Il Sud Italia in questo senso è un laboratorio veramente interessante, un terreno per certi versi vergine, privo a volte di un qualsiasi dibattito sui beni comuni. Una sfida difficile per la nascente sinistra italiana che non può e non deve abbandonare la parte bassa dello stivale, non nell’interesse delle regioni del Mezzogiorno, ma nell’interesse esclusivo del paese.
Nuovi e pericolosi Salvini altrimenti saranno pronti a nascere e arraffare voti, speranze e menti verso la disumanizzazione, già purtroppo in atto nella nostra società.

Ultima modifica il Venerdì, 06 Febbraio 2015 22:39
Andrea Incorvaia

Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.

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