Giovedì, 17 Dicembre 2015 00:00

Quel referendum tradito

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Quel referendum tradito.

Sono passati ormai molti anni da quel Giugno 2011, è passata tanta acqua sotto i ponti (tanto per rimanere in tema), quel principio d’estate stava avendo risvolti importanti, e qui le canzoni tormentone non c’entrano. Era l’estate dei Referendum, quei quattro si che sancirono una schiacciante vittoria del paese contro privati e politiche privatistiche.
Gli elettori chiamati al voto erano 47 milioni, le proposte erano 4 e la vittoria del SI avrebbe abrogato le “proposte” governative. Sulla scheda grigia si votava per grigio l’abrogazione delle norme che dovevano consentire la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare. Su quella rossa sulle modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. La verde riguardava poi l’abrogazione del “berlusconiano” legittimo impedimento, legge totalmente antidemocratica. Infine la gialla, la quale nascondeva (come ad esempio il quesito sul nucleare) una sottile ma fortissima e rivendicata battaglia sociale: in sostanza proponeva di esprimere un giudizio favorevole (votando no) o contrario (votando ancora una volta si) alla privatizzazione dell’acqua.

Ricordi di un’estate che vide molti uomini e donne battersi per il diritto alla vita tra gli altri; l’acqua. Senza infatti volere sminuire gli altri quesiti, di per se importantissimi, la battaglia sull’acqua (in un paese dove esistono regioni, province e paesi che soffrono di una mancata erogazione molte volte durante l’anno) rappresentava e rappresenta un pezzo fondamentale del diritto all’esistenza. Quei risultati, quel referendum, nonostante tutto e nonostante un grandissimo plebiscito popolare non riescono a incidere, prigionieri di una politica troppo immersa a realizzare convention e “leopolde”, dimenticando i bisogni essenziali di ogni cittadino. Tutti abbiamo negli occhi quello che è successo a Messina circa un mese fa; migliaia di cittadine e cittadini costretti a vivere senza uno zampillo di acqua ma soprattutto senza che nessuno ammettesse colpe o si caricasse sulle spalle le responsabilità, uno schiaffo insopportabile. Un acquedotto strozzato, l’Alcantara, con l’acqua buttata via.
L’ingegnere che quell’acquedotto lo fece costruire, nel 1965, Nino Galatà, 85 anni, dichiarò che quell’acquedotto se l’era accaparrato un ente regionale fallito, l’Eas, poi la società Sicilia Acque, ma imponendo prezzi astronomici al Comune di Messina che, sbagliando, mollò quel bene prezioso.
Dichiarazioni che entrano ovviamente a gamba tesa su quel SI e su quel testo referendario.

Il caso Messina non è (purtroppo) unico, non rimane isolato: da questo punto di vista la Sicilia infatti offre un quadro abbastanza completo che parla di gare d’appalto, corruzione e favoritismi vari, legati a doppio filo proprio con la gestione delle acque. La notizia è ancora fresca e al netto dei futuri sviluppi giuridici, rischia di creare una voragine, una tangentopoli in salsa sicula, non un bello spettacolo. Anche in questo caso l’attore protagonista è un’azienda di erogazione d’acqua la quale (secondo l’inchiesta) avrebbe giocato sul tavolo della corruzione addirittura con l’agenzia delle entrate; accuse molto gravi per Marco Campione e la sua azienda, Girgenti Acque spa. L’inchiesta è stata battezzata con un nome anglosassone, Duty free, a rimarcare il filo rosso che collegherebbe i due attori protagonisti; l’ente di riscossione statale e il privato “erogatore” idrico.

All’alba dello scorso 10 Dicembre, il blitz con 13 arresti della Guardia di Finanza di Agrigento. Il presidente di Girgenti Acque è accusato di corruzione e falso, avrebbe promesso l'assunzione della figlia di un dipendente del Fisco, l’onta ha travolto anche il direttore provinciale e i vari funzionari. Tangenti e favori, mentre i disservizi dell’azienda leader dell’erogazione idrica in tutta la provincia aumentano ogni anno, a cui vanno aggiunte bollette salatissime e ingiustificate se si pensa al servizio (?) fornito. L'azienda tra l'altro non è nuova alla mancanza di “mansioni” e disservizi, basta pensare al caso del depuratore di Ribera. L'impianto di depurazione del comune agrigentino, lo scorso Ottobre, secondo le indagini avrebbe avuto un grave malfunzionamento. Girgenti Acque, a quanto risulta dalle indicazioni della magistratura, pur essendo pienamente a conoscenza della rottura, in più punti, del sistema di collettamento fognario, non avrebbe compiuto i necessari lavori di riparazione della rete fognaria con il conseguente sversamento sul suolo ed in acque superficiali. Come rileva la Procura, la stessa azienda aveva anche preteso il pagamento da parte dei contribuenti riberesi dell’intero canone di depurazione, nonostante il mancato trattamento di gran parte dei reflui urbani che, a causa delle rotture non giungevano al depuratore comunale. Un disservizio per la collettività, un danno enorme per l'ambiente e per la salute di tutti e tutte. Per quel che concerne invece la vicenda del filone d'indagine duty free, siamo chiaramente alle battute iniziali.

Nello specifico, Marco Campione è accusato di aver promesso l'assunzione a tempo indeterminato della figlia di Pietro Pasquale Leto, ex dirigente della direzione regionale delle Entrate di Palermo e dal gennaio del 2014 direttore della direzione provinciale delle Entrate di Agrigento, in cambio di informazioni riservate in merito alle verifiche fiscali nei confronti della Girgenti acque spa. È evidente che siamo alle prime fasi processuali e bisognerà accertare la vicenda nelle sue svariate sfumature, ad ogni modo è necessario sottolineare che migliaia di cittadini attendono risposte concrete. Quella vittoria di quattro anni fa è l’emblema che il sociale può, se lo vuole, sbaragliare e ribaltare ciò che la (mala)politica spesso prova a distruggere. Un modo diverso appunto di fare politica, una forte spinta dal basso che ha portato il 60% in media degli aventi diritto sul suolo nazionale ha vincere e rigettare istanze reazionarie, con una percentuale dei Si altissima, 95% in media.
Uno score importante per una partita che poteva rappresentare un inizio. Lo si è detto più volte restano le enormi difficoltà di tradurre dal piano sociale a quello politico per evitare, per sempre, che si antepongano bisogni di pochi (e le privatizzazioni lo rappresentano) contro necessità reali ed essenziali di una comunità.

Ultima modifica il Mercoledì, 16 Dicembre 2015 19:47
Andrea Incorvaia

Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.

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