Lunedì, 15 Maggio 2017 00:00

San Luca, dove abdica la democrazia

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San Luca, dove abdica la democrazia

I giorni scorsi hanno visto un trionfo sui social, e non solo, di celebrazioni (a volte stucchevoli), di una figura politicamente e storicamente fondamentale per questo Paese, Peppino Impastato.

Il giovane attivista siciliano ucciso quella tragica notte tra l’8 e il 9 Maggio 1978, sotto i colpi di Badalamenti e i suoi “picciotti”, una pagina nera di questo Paese, su cui, per troppo tempo, s’è discusso senza conoscere né i fatti né le cause scatenanti una crudeltà tanto efferata quanto blasfema. Sappiamo tutti che al principio di quella morte ne furono dette di mille colori: sovversivo, anarchico, pazzoide, un continuo infangare una figura così importante per la lotta (iper conflittuale) a chi quel territorio lo comanda da generazioni, con la troppo spesso e neanche troppo velata, accondiscendenza di determinati amministratori.

È inutile ribadire, dal mio punto di vista, quanto Peppino stesso fosse lontano dal modello che gli hanno dipinto addosso. Una persona sempre pronta a battersi anche in maniera iper radicale e allergico alla legalità di convenienza o a quella, modernamente parlando, dei sepolcri imbiancati. Convinto sostenitore della lotta per la giustizia sociale. Quando si parla di Peppino, non dovremmo mai smettere di dimenticare le difficoltà che l’Italia vive tutt’oggi per l’ingerenza forzosa del fenomeno mafioso, presente in maniera differentemente declinata, in tutte le pieghe della società. La politica, quella che nei salotti mediatici, si propone a pseudo-panacea dei mali per la riconquista dei bisogni essenziali, ha ormai completamente abbandonato le periferie di questo mondo, o al massimo le aizza contro i soggetti deboli, la più classica guerra tra poveri. Da qualsiasi latitudine la si guardi, da Librino, passando per Bari vecchia fino ad arrivare allo sperduto paesino dell’hinterland calabrese, il senso di abbandono è evidente.

Succede che a San Luca, paesino dell’appennino calabro a pochi km da Reggio Calabria, il prossimo 11 Giugno e per la seconda volta consecutiva, le urne e i seggi elettorali saranno vuoti, anzi non si allestiranno proprio. Nessuna lista elettorale ha presentato formalmente candidatura (come nel 2013), un popolo che ha letteralmente rinunciato alla rappresentanza, è un popolo che rinuncia al futuro stesso. Una responsabilità che va a parer mio ricercato in quella politica della legalità omnia partes, che sui media vediamo ben rappresentata, ma all’atto pratico non permette un reale cambiamento delle cose. La ricetta che sembra ardua, va forse ricercata in quelle azioni che proprio Peppino stava portando avanti, ovvero rilancio dell’autodeterminazione dei cittadini, solidarietà e voglia di uscirne tutti insieme, come comunità, da una storia fatta di faide e omicidi.

La politica fino ad oggi non ha dato risposte, allontanandosi di fatto dai cittadini, conquistare finalmente quel ruolo è uno dei presupposti fondamentali per sconfiggere la famosa “montagna di merda”.

Ultima modifica il Domenica, 14 Maggio 2017 20:10
Andrea Incorvaia

Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.

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