Il 25 novembre è la giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa data fu scelta dalle Nazioni Unite nel 1999 per ricordare il brutale assassinio di tre donne - le sorelle Mercedes, Antonia e Maria Mirabal - che il 25 novembre 1960 furono trucidate a causa della loro resistenza contro il feroce regime di Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana dal 1930 al 1961.
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Si racconta che Lee Van Cleef, durante le riprese di “Il buono, il brutto, il cattivo”, si trovava estremamente a disagio nella scena in cui il personaggio che interpretava, il sociopatico assassino Sentenza, picchia una prostituta, interpretata da Rada Rassimov. Questo disagio rendeva la scena assolutamente non credibile, al punto che la Rassimov stessa dovette incitarlo a picchiarla in maniera più convincente; la versione finale della scena in questione non mostra nulla delle riserve di Van Cleef. Questo significa che Van Cleef sia riuscito ad essere un uomo violento, o che “Il buono, il brutto, il cattivo” sia apologetico nei confronti della violenza sulle donne? No. Significa semplicemente che Van Cleef era un ottimo attore, che è riuscito ad interpretare una scena credibile di un ottimo film tenendone fuori il suo disagio personale.
Una data che rimarrà storica, quella del 26 novembre 2016. In tante hanno sfilato insieme dietro allo striscione che recitava “non una di meno”. Uno slogan per dire basta, con forza, alla violenza nei confronti delle donne.
Non una di meno
Verso la mobilitazione nazionale delle donne contro la violenza di genere
In Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa e nell'ottanta per cento dei casi il colpevole del femminicidio è il suo partner. In Italia sono 6.788.000 le donne che, nell’arco della loro vita, subiscono un abuso fisico e\o sessuale: una donna su tre. I dati Istat del 2015 per quanto aberranti mostrano solamente la punta dell'iceberg: infatti non possono rilevare gli abusi non dichiarati, le violenze di genere non denunciate. Totalmente consce dello spettacolo desolante, del vuoto culturale che le circonda, viste ancora le numerose rimostranze che mostra da più parti in questo Paese (“a cosa serve chiamarlo femminicidio? La parola omicidio comprende già i morti di tutti i sessi!") e certe che l'argomento vada analizzato attentamente per trovare gli strumenti utili a decostruirlo, in molte si sono date appuntamento, lo scorso 8 ottobre presso l’aula della Facoltà di Psicologia della Sapienza di Roma, nell'ambito del percorso che porterà alla manifestazione nazionale del 26 ottobre a Roma ed alla giornata di approfondimento di domenica 27 novembre. L’incontro, aperto dalle tre realtà promotrici: la rete IoDecido, D.i.Re-Donne in rete contro la violenza (che riunisce più di 77 centri antiviolenza in tutta Italia) e Udi (Unione Donne in Italia), ha visto la partecipazione di oltre 500 donne ma anche parecchi uomini. Donne diverse, e di diverse generazioni ma con la stessa voglia di confrontarsi per tracciare un cammino comune che aiuti ad affermare l'assoluta serietà della questione violenza di genere nel nostro Paese.
“Non una di meno”, questo il nome dell'iniziativa, richiama le lotte delle donne argentine che, proprio in coincidenza con l’assemblea romana, hanno dato avvio, in oltre 50000, al loro incontro nazionale a Rosario, per rilanciare la campagna “Ni Una Menos”, e che sono scese in piazza, il 19 ottobre, proprio con questo grido per commemorare Lucia Perez, la sedicenne drogata, violentata per ore e impalata.
Un susseguirsi di interventi ha messo in luce che in politica il “rosa” non basta, serve invece il contributo intellettuale, il pensiero aperto e lucido che trova nel femminismo la sua principale radice. Un momento per narrare delle loro vite, della stanchezza di essere vittime, della rabbia e della libertà. Un confronto aperto e libero, un'occasione per rivedersi, scambiare opinioni, esperienze ed idee. L'obiettivo è chiaramente alto e l'auspicio è che sia dalla convocazione nazionale che dalle due giornate romane, del prossimo novembre, nasca un nuovo slancio politico che riunisca le donne su obiettivi comuni urgenti.
L'auspicio è, nei fatti, che si dia avvio ad un percorso costituente di un piano femminista contro la violenza sulle donne e per l'autodeterminazione e la libertà femminile. Occorre, dunque, che si ridia importanza e che si ridefiniscano i contenuti della, ormai troppo rituale, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Per tale ragione il 26 novembre sarà presentato il "piano delle donne femministe contro la violenza di genere" (ed il giorno successivo si darà vita ai tavoli tematici di discussione sullo stesso).
Preso atto (ma se ne è veramente preso atto?) che la violenza non è fatto privato ma è un fenomeno complesso e stratificato (spesso sostenuto da politiche istituzionali, educative, sociali ed economiche non all'altezza e dalle narrazioni distorte da parte dei media) occorre che il tema della violenza degli uomini sulle donne sia affrontato mediante un cambiamento culturale radicale: rifuggendo da strategie securitarie od emergenziali.
Occorre un cambio di passo che parli di prevenzione, di diritti sociali ed economici, di lavoro, di diritto alla salute, di autodeterminazione sessuale e riproduttiva, di femminismo migrante.
Tra gli interventi della giornata, diversi sono stati i riferimenti alle donne curde (capaci di affermarsi con forza spezzando il patriarcato lì dove appare più forte). E la stessa forza delle compagne curde le donne di Non Una di Meno provano ad iniettarla nel loro cammino: stanche di parole di circostanza vogliono far sentire la loro visione del mondo. E vogliono farlo tutte insieme.
NB: La campagna di avvicinamento alla mobilitazione nazionale del 26 e 27 sarà scandita da numerose iniziative dislocate presso associazioni, scuole, università, di tutta Italia e saranno tutte reperibili sul blog della campagna (vedi qui). Il blog sarà strumento di condivisione dei materiali e di coordinamento e diffusione delle iniziative di promozione, approfondimento e finanziamento delle due giornate romane
Rosanna Lau, Stefania Chisu, patriarcato, autodeterminazione e tutte noi
“Una donna italiana quarantenne malata di cazzite cronica intreccia una relazione con un tunisino di 26 anni...lui l’ammazza come un cane...non voglio vedere il suo nome nella liste delle "martiri"... Dire che se l’è cercata è il minimo... Se fosse sopravvissuta l’avrei insultata... Nel rispetto della morte provo pena per sua figlia”.
Le parole di Rosanna Lau, ormai ex delegata del sindaco di Civitavecchia, aprono una riflessione che va oltre al ruolo da lei rivestito ma che molto ci dice di quanto ancora la gabbia del pensiero patriarcale rinchiuda le menti nel nostro Paese.
Le affermazioni della Lau, non sono così diverse da quelle utilizzate, ancora oggi, da molte donne che, spesso, minimizzano o ignorano l'importanza delle parole.
Un manifesto in una sedia ed un oggetto abbandonato o meglio, un oggetto che attende che sua la proprietaria venga a riprenderlo: è questo “Posto Occupato”. Campagna di sensibilizzazione contro il femminicidio, partita a giugno 2013 da Rometta Marea (Messina), e divenuta “contagiosa” in ogni parte d’Italia e può essere appoggiata dal singolo cittadino e/o ente di ogni genere, e da ogni tipo di associazione.
Un gesto semplice ed apparentemente banale ma estremamente concreto e carico di significato dedicato a tutte le donne vittime di violenza che in quel posto non potranno occuparlo più.
“Voci dalla rete - come le donne stanno cambiando il mondo” è un libro che ci spiega come la questione della parità di genere non riguardi solo le cosiddette “femministe” ma tutti noi e pone l'accento su come il contributo delle donne sia indispensabile in ogni settore della vita quotidiana (dall'economia, alla politica, alla giustizia).
“Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”, così, titola il decreto che tanto scalpore ha suscitato, non già per i contenuti e la materia affrontata, quanto per la bagarre che si è scatenata in un Parlamento quasi deserto, convocato per la sua conversione. Non interessa soffermarsi qui sulla polemica cui abbiamo dovuto assistere a testimonianza della miseria di un Parlamento vacanziero che se ne frega dei problemi del paese, unicamente preoccupato del salvataggio - Berlusconi insieme allo squallido contesto delle larghe intese, interessa, qui, capire e entrare nel vivo di questo provvedimento.
Finalmente il Governo ha partorito un decreto legge sul femminicidio. Erano mesi che se ne parlava ma ancora non avevamo visto niente. E invece eccola qua. Un decreto voluto fortemente anche dall’ex ministra Josefa Idem, e che per mio personale parere, l’aveva pensato in maniera totalmente diversa da quello che poi è stato presentato ieri. Non l’ho studiato attentamente ma da una prima analisi emergono dei punti non molto chiari né precisi.
Licodia Eubea (Catania) 27 dicembre 2011. Stefania “SEN” Noce, ventiquattro anni, brillante studentessa della facoltà di Lettere dell’università di Catania, impegnata in tante battaglie per la giustizia sociale, veniva uccisa a coltellate insieme al nonno Paolo Miano.
Qualche ora dopo, la polizia arresta l’ex fidanzato di Stefania, giovane ventiquattrenne, studente di psicologia all’Università La Sapienza di Roma. L’ennesimo un uomo che uccide la donna che dice di aver amato “più della sua vita”, recentemente condannato in primo grado all'ergastolo per il duplice omicidio.
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