Domenica, 22 Febbraio 2015 00:00

Stuiti u’ Muos

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La Sicilia, per diversi fattori socio-culturali resta una terra dal folklore ardito e da una passione difficilmente riscontrabile in altri luoghi. Quella stessa passione si riscontra nel dialetto, nella parlata locale. Espressioni colorite, spesso tese non a offendere ma a far riflettere e far scattare nella mente del diretto interessato una solta di dissertatio interiore. Nel dibattito socio-politico dell’isola ha trovato, purtroppo, posto in questi anni la base militare installata nel bel mezzo della Riserva naturale della sughereta di Niscemi (CL).

È inutile ribadire l’importanza culturale che questo angolo di paradiso naturale riveste per questo intero comparto territoriale. Una foresta abitata solo ed esclusivamente da imponenti sugheri, i quali creano un atmosfera unica. Gli americani decisero che il posto giusto per installare il grande parabolone satellitare doveva essere proprio questo, all’interno di un territorio che vede un’incidenza demografica alta (circa 300 mila persona abitano in questa zona, la quale comprende grossi centri come Gela e Licata).

La fiera opposizione isolana ha visto un gran crescere di adesione verso il grande mostro con le antenne. In prima battuta irrisolta resta la questione legata alla salute e alle radiazioni da esso emanate. In secondo luogo è chiaramente un problema di tipo ambientale con la devastazione di un patrimonio di tutti e tutte.

Dulcis in fundo, non certamente per importanza è e resta il problema politico legato al MUOS. Un popolo che non ha assolutamente voce, una regione muta colpevolmente, bypassata da scelte discutibili, le quali guardano al nostro territorio solo ed esclusivamente come base militare (Sigonella è solo l’esempio più tangibile).

All’interno di questo “carnevale” di criticità i siciliani hanno in qualche modo reagito; non è un caso se Engels ebbe a dire:

In tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno sofferto in modo altrettanto terribile per la schiavitù, le conquiste e le oppressioni straniere, e nessuno ha lottato in modo tanto indomabile per la propria emancipazione come la Sicilia e i siciliani. Quasi dal tempo in cui Polifemo passeggiava intorno all'Etna, o in cui Cerere insegnava ai siculi la coltivazione del grano, fino ai giorni nostri, la Sicilia è stata il teatro di invasioni e guerre continue, e di intrepida resistenza. I siciliani sono un miscuglio di quasi tutte le razze del sud e del nord; prima dei sicani aborigeni con fenici, cartaginesi, greci, e schiavi di ogni parte del mondo, importati nell'isola per via di traffici o di guerre; e poi di arabi, normanni, e italiani. I siciliani, durante tutte queste trasformazioni e modificazioni, hanno lottato, e continuano a lottare, per la loro libertà.

Parole forti, parole importanti per un popolo che fa dell’ironia il proprio dogma (tratto caratteriale citato anche da Cicerone nelle Verrine). Lo slogan locale Va stuiti u Muos (pulisciti il muso, in italiano), racchiude in se tutto il rifiuto di un popolo verso un ospite non gradito. Paradossale se si pensa che l’isola e i suoi abitanti sono conosciuti per la loro grande ospitalità, la Sicilia nonostante ciò da anni grida NO.

La sentenza uscita pochi giorni fa ha sancito (definitivamente?), che il sistema satellitare, presenta forti criticità poiché nessuno studio accurato sui danni alla salute provocati dal sistema satellitare è stato effettuato, ergo il MUOS secondo il Tar di Palermo con la sentenza N. 461/2015, deve essere bloccato.

L’impianto può comportare rischi per salute pubblica, quindi il principio normativo al quale i giudici hanno ancorato questo giudizio è, anche in tal caso, tanto elementare quanto obbligatorio: quello precauzionale. Su queste basi il Tar ha accolto il ricorso del Comune di Niscemi, del resto già il tribunale regionale nel Luglio del 2013, aveva emesso questa sentenza.

Nel frattempo manifestazioni, ingressi nella base, manganellate, comuni occupati e denunce notificate. Il MUOS i suoi danni in parte l’ha già fatti, esemplare è stata la tenacia di donne e uomini, i quali in questi anni di silenzio indifferenza politica hanno continuato la loro battaglia contro i “mulini a vento”.

Il nuovo capitolo vede tanti piccoli e piccole Don Chisciotte averla avuta vinta (almeno per adesso), in attesa della prossima puntata, in attesa che finalmente quell’ardore di giustizia sociale descritto da Engels 150 anni fa circa possa trovare il suo pieno compimento.

Ultima modifica il Venerdì, 20 Febbraio 2015 22:19
Andrea Incorvaia

Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.

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