Infatti il primo atto scritto che documenta la storia dei Fornaciai risale al marzo 1308 per la stipula del notaio Benintendi di Guittone da Santa Impruneta e testimonia la presenza di 23 fornaciai presenti nella corporazione , molti dei quali appartenenti al popolo di Impruneta. Le Amministrazioni locali che si sono succedute hanno sempre seguito con attenzione il settore e la Regione Toscana con la legge n. 10/2008 e il relativo Regolamento di attuazione DPGR 18/R del 2009 ha disciplinato la tutela del cotto nell’ambito del le “Strade della Ceramica, della Terracotta e del Gesso della Toscana”, demandando la promozione di specifiche iniziative ai comitati promotori composti dai comuni interessati, dalle imprese e dalle associazioni di comuni di tradizione delle produzioni tipiche.
Con Decreto dirigenziale n. 699 del 24.10.2010 la Regione Toscana ha riconosciuto la Strada di Impruneta e il Comitato di Gestione Terracotta della Strada stessa. La strada della terracotta di Impruneta, include itinerari con visite nel Quartiere delle Fornaci presso le aziende e gli artigiani, molti dei quali riuniti nell’Associazione Fornaci Storiche e Artistiche di Impruneta, nonché la promozione di iniziative culturali per far conoscere i prodotti e diffondere la cultura del cotto. Bene sin qui, …invece no, per niente! La crisi morde e colpisce anche nel settore cotto.
Già a partire dagli anni 90 i primi segnali hanno iniziato a farsi sentire. Ma il 2012 ha segnato un passaggio cruciale a causa della crisi fortissima in cui versa l’edilizia, che ha travolto anche il cotto trascinandosi dietro tante aziende, piccole ditte artigianali e imprese familiari. Alcune aziende ancora restano n piedi consorziate ma le vendite sono diminuite fortemente e tanti operai sono a cassa integrazione. La CGIL regionale in un rapporto del settembre 2012 ha evidenziato la cancellazione di 3000 imprese edili- l’estate più nera per il settore delle costruzioni in Toscana, con richieste di ore di cassa integrazione che hanno superato quota 1 milione. Una lenta silenziosa emorragia, che purtroppo non fa notizia. La perdita occupazionale dell’edilizia in Toscana ha ormai toccato i 16mila lavoratori fuori dai cantieri.
La vicenda del Cotto Ref si inserisce in questo contesto. Fino agli anni 1980 l’Azienda ha goduto di buona salute dando lavoro a 35-40 persone di cui 30 operai addetti alla produzione, ma già negli anni novanta si manifesta un calo forte nelle vendite e la proprietà decide di non investire più nelle manutenzioni lasciando progressivamente al declino l’azienda. Il tracollo arriva ben presto ed è crisi già alla fine 1995, ma nel gennaio 1996 subentra n nuovo imprenditore disposto a investire in macchinari nuovi e migliorare ulteriormente il prodotto. L’idea è quella di promuovere un prodotto di alta qualità da destinare ad un mercato di nicchia. Nessuna adesione da parte della nuova proprietà al Consorzio dei produttori, sorto con l’obbiettivo di rafforzare la presenza sul territorio e garantirne lo sviluppo, la nuova proprietà invece sceglie di intraprendere la strada di un’ulteriore espansione. Così due aziende confluiranno nel polo del Cotto Ref: la Rasseno di Montespertoli e il Cotto Amiata di Radicofani. Infatti nel 2000 avviene la rilevazione del marchio Cotto Rasseno di Montespertoli con sede a Baccaiano e nel 2003 un altro importante marchio – il Cotto Amiata di Radicofani . Gli addetti alla produzione nel 2003 sono oltre 80, con forti differenziazioni nel trattamento, ma il rampantismo imprenditoriale non paga e le scelte gestionali sbagliate provocano una crisi profonda accompagnata da un fortissimo indebitamento.
Le vendite calano a picco. Il degrado è tale che un metro quadro del prestigioso cotto arriva ad essere svenduto per la misera somma di cinque euro. La proprietà si caratterizza per uno spiccato comportamento di arroganza e superbia nei rapporti con i lavoratori e sindacato. Nel 2009 arriva la cassa integrazione per un anno a seguito di una estenuante trattativa sindacale. Ma anche nella gestione della cassa integrazione non sono rispettati gli accordi e le disparità tra i lavoratori permangono, perché alcuni restano fissi a casa e altri invece al lavoro, nessun principio di rotazione è rispettato. Interviene la Provincia che segue da tempo la vicenda occupazionale e le prospettive del cotto puntando ad un piano di reindustrializzazione al quale pare sia interessato un nuovo imprenditore. Lo scopo è la salvaguardia dei livelli occupazionali del Cotto Ref e nel settembre 2012 si giunge alla sigla di un accordo che permette l’utilizzo degli ammortizzatori e la creazione di un tavolo coordinato dalla Provincia a cui partecipano i sindaci di Impruneta e Montespertoli, i sindacati di Cotto ref e Rasseno e la Regione Toscana. Nonostante l’impegno costante delle istituzioni non si giunge ad alcun sbocco, perché l’accordo siglato che prevede l’impegno da parte dell’imprenditore a svolgere l’attività nel Comune di Impruneta e a riprendere tutti i lavoratori della Cotto Ref, non è rispettato e tutti i lavoratori sono in mobilità. La Provincia ha chiesto l’utilizzo della cassa in deroga, ma la proprietà ha risposto picche. Ancora massacro sociale in nome del più selvaggio liberismo.
Le prospettive di uscire da questa crisi sono molto deboli, c’è pessimismo e profondo disagio perchè con 600 euro al mese è impossibile andare avanti. E il dopo che si intravede è ancora più devastante. Le persone intervistate chiedono in questa fase di omettere i nomi perché la vicenda è aperta e il ricatto del fallimento sempre presente. Tuttavia le speranze per una svolta restano e si auspica un’evoluzione in positivo della situazione. Guai ad abbassare la guardia! I prossimi mesi saranno decisivi per la sorte di tante famiglie. Riteniamo importante parlarne e far sapere a tutti che tanti posti di lavoro sono già stati spazzati via e ancora tanti sono in bilico.
Conoscere e far conoscere, sostenere queste lotte che attraversano in modo silenzioso e lontano dai riflettori il nostro paese, significa loro visibilità , tenere viva l’attenzione, continuare a discuterne- è ben poco, perché non basta parlarne, ma è qualcosa che rompe il silenzio e l’isolamento.
Flash breve
Di cosa si parla: il mattone in cotto. Su un sottofondo di cemento venie fatto un massetto o di calcina o di sabbia, poi spolverata e bagnata su cui si andrà a poggiare la piastrella che successivamente viene sigillata con la boiacca. Come nasce la piastrella in cotto. La piastrella nasce da una speciale terra di cava, dove si coltiva una terra gentile denominata “galestro” tipica terra imprunetina considerata la sorgente migliore. Il galestro è miscelato con altre terre gentili per poterlo lavorare e tenuto al coperto per un periodo di almeno due settimane, poi macinato, passato al vaglio e impastato con acqua e spinto a pressione dentro la Mattoniera, da cui esce la morbida pasta, ovvero un flusso di argilla incanalato nelle varie forme (rettangolare, quadrato ecc). La fase successiva è quella dell’essiccazione effettuata su carrelli di 18 piani posizionati in stanze altissime a forma di volta, nelle quali viene mandata aria calda e e il materiale viene tenuto nell’essiccatoio per alcuni giorni. I fumi di scarico sono incanalati e recuperati per l’essiccazione. A termine di questo processo esce il panetto duro e grigio che viene spazzolato e arrotato a seconda che debba avere una superficie liscia o rustica e poi rettificato ai lati per ottenere le varie dimensioni. Segue la cottura, le piastrelle sono caricate a mano nei forni e inserite a spinta in un tunnel per la cottura, alla fine uscirà il mattone dall’inconfondibile colore rosso-caldo il “cotto”, fatto raffreddare e destinato ai pancali per la vendita.