Come sappiamo fin troppo bene, lo Stato individua come scuola dell'obbligo quella che accoglie i ragazzi dai 6 ai 16 anni; nonostante studi pedagogici abbiano più volte sottolineato l'importanza che la frequenza delle scuole per l'infanzia ricopre nella formazione del bambino, le scuole statali che accolgono bambini dagli 0 ai 3 anni sono pochissime. In una Regione “virtuosa” come la Toscana il settore pubblico prova ad arginare il problema predisponendo tutta una serie di servizi e di fondi che vanno ad aiutare enti comunali e privati che si occupano dei più piccoli. E proprio qui troviamo il primo punto: per quanto siamo tutti d'accordo sulla necessità che la scuola sia pubblica e che quella privata non debba avere oneri per lo Stato, la volontà di agire sulla questione ci impone di prendere atto di quella che è la situazione sul territorio. Ci sono molte zone, molte anche nella Provincia fiorentina, nelle quali le scuola paritarie private sono gli unici enti che forniscono servizi all'infanzia: togliendo i fondi alle scuole paritarie (tipologia che comprende anche le scuole gestite dal Comune, che da anni si battono per avere aiuti dallo Stato), oltre a rimetterci anche quelle comunali, si andrebbe ad arrecare un grave danno non solo ai bambini e alle famiglie, che perderebbero la possibilità di usufruire di un servizio fondamentale, ma anche ai lavoratori dal momento che il calo delle vocazioni ha fatto sì che anche in strutture come quelle cattoliche si cominciasse progressivamente ad assumere sempre più personale laico e specializzato.
L'FLC-CGIL Toscana propone di mettere in piedi un Tavolo di crisi per gestire i problemi del settore che veda partecipare, oltre alle organizzazioni sindacali, le istituzioni (Ufficio per lo Studio Regionale e la Regione) e i datori di lavoro. La situazione rischia difatti di sfuggire di mano: nonostante gli ingenti investimenti fatti dalla Regione (21 milioni di euro per il finanziamento delle Sezioni Pegaso nello scorso triennio, Sezioni Primavera, 3,7 milioni di euro l'anno per le scuole paritarie, finanziamento del Progetto 0-6 ed introduzione di voucher per le famiglie che hanno difficoltà a pagare la retta dei figli), il settore ha subito danni ingenti. Solo nella Provincia di Firenze 15 persone hanno perso il posto di lavoro dal momento che le strutture per le quali lavoravano non riuscivano più a fornire il servizio. Se allarghiamo lo sguardo e comprendiamo passaggi di proprietà e ridimensionamenti che hanno comportato cambi di contratto e abbassamenti di livello di mansioni le persone coinvolte diventano almeno un centinaio. Le scuole messe peggio sono costrette a chiudere, le altre che si trovano in una situazione migliore possono provare a rinunciare a contratti per personale qualificato e riassumere, ad esempio, le educatrici come personale ausiliario. Altri esternalizzano servizi dal momento che appaltare è comunque più conveniente che assumere. Altri ancora, ed è il fenomeno più preoccupante e potenzialmente più pericoloso, decidono di cedere tutto l'azienda cooperative che, pur fortemente legate agli ambienti delle cooperative bianche, applicano il contratto delle scuole di confindustria fortemente penalizzante dal punto di vista del salario rispetto ai contratti delle associazioni datoriali cattoliche, scaricando sugli stipendi dei lavoratori i problemi economici della scuola
È quindi evidente che un controllo pubblico di un settore sull'orlo del baratro e che continua a ricevere ingenti finanziamenti pubblici come quello delle scuole dell'infanzia sia fondamentale. C'è bisogno di un tavolo che controlli chi accede ai fondi, se ne ha veramente diritto dal momento che offre un servizio che altrimenti mancherebbe ma che soprattutto vada a tutelare le centinaia di lavoratori che rischiano, nel migliore di casi, di ritrovarsi con mansioni e stipendi più bassi di quelli che toccherebbero loro, e nel peggiore senza più un lavoro.
Tutto ciò non fa che confermare che un settore come quello dell'istruzione non può essere affidato in mano a privati (almeno che non sia un servizio veramente “per ricchi”, di quelli per il quale si pagano rette esorbitanti) dal momento che non è un servizio che permette di sviluppare utili. Le scuole devono essere statali, non c'è niente da fare. Detto questo, accontentiamoci per adesso di un primo passo verso la regolamentazione.