Lunedì, 27 Luglio 2015 00:00

Ovunque in solidarietà della Grecia, anche Lastra a Signa

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“Resistete a colui che costruisce una piccola casa e dice: "qui sto bene"
resistete a colui che rientra a casa e dice: "dio sia lodato"
resistete al tappeto persiano dei condomini
all'ometto dietro la scrivania
alla società d'import-export
all'istruzione di stato
alle tasse
a me stesso che vi parlo
resistete a colui che per ore intere dal podio saluta le sfilate
resistete al presidente del tribunale
alle musiche, ai tamburi, alle parate

a tutti i congressi supremi dove chiacchierano bevendo caffè i congressisti consiglieri
a questa signora sterile che distribuisce santini, incenso e mirra
a me stesso che vi parlo
resistete ancora a tutti coloro che si dicono grandi
a tutti coloro che scrivono discorsi di circostanza accanto alla stufa invernale
alle adulazioni, agli auguri
ai tanti inchini che scribacchini e vili rivolgono al loro saggio superiore
resistete agli uffici per stranieri e ai passaporti
alle orribili bandiere degli stati e alla diplomazia
alle fabbriche di materiali bellici
a coloro che chiamano lirismo le belle parole
alle canzoni di guerra
alle languide canzoni strappalacrime
agli spettatori del vento
a tutti gli indifferenti
a coloro che si dicono vostri amici
e anche a me, a me che vi parlo
resistete.
Allora potremo forse con sicurezza avanzare verso la libertà.”
(Michalis Katsaròs)

Anche al circolo Arci di “Tripetetolo” (“Le due strade”) di Lastra a Signa si è parlato di Grecia. Nell’ambito degli “aperitetolo” – iniziative di autofinanziamento e di raccolta fondi, con cibo, eventi, musica e dibattiti – dopo un aperitivo a base di souvlaki e tzatziki e altre specialità elleniche, il cui ricavato andrà a sostegno della Grecia, ne ha discusso Jacopo Forconi, presidente di Arci Firenze, introdotto da Giulio Villani, dei Giovani Democratici di Lastra a Signa.

Spesso, esordisce Jacopo, si sente parlare tanto di Grecia come di un paese colto dalla crisi negli ultimi tempi, senza però avere piena consapevolezza del percorso storico e politico del paese. Infatti la crisi arriva da molto più lontano. Nel 2009 le elezioni vengono vinte, con una larga maggioranza, dal Pasok, partito socialista molto forte e la guida del governo è affidata a un uomo coraggioso, seppur non esente da errori, ovvero George Papndreou. Anche allora la Grecia non è un paese che arranca, bensì che sta affondando. Ma, come in parte è avvenuto anche da noi in Italia, quando nonostante la piena crisi, Berlusconi continuava a dirci che tutto andava bene e che i ristoranti erano pieni, anche la crisi Grecia era mascherata e fuorviata dalle bugie di partiti di destra, in particolare da Neo Demokratia, la quale, per altro già strizzava l’occhio alla destra estrema. Dopo pochi giorni dal suo insediamento Papandreu dichiara pubblicamente che la Grecia ha un debito enorme e che i governi precedenti avevano falsificato i conti sui dati di bilancio. A questo punto, viene istituita la cosiddetta Troika, con forse neanche troppa consapevolezza. È abbastanza sospetto, continua Jacopo, che ci sia stato bisogno di qualcuno denunciasse esplicitamente il rischio di bancarotta del paese, senza che l’Europa sembrasse non essersene accorta da sola. Come è possibile che prima che Papandreu lo facesse notare, nessuno abbia posto il problema? Anche allora l’Europa solidale, l’Europa politica, l’Europa dei popoli non esisteva. Papandreou regge poco. Tra il 2010/2011 le tensioni all’interno del partito e anche fuori, sono così forti che la troika – l’Europa delle banche – decide di insediare un proprio uomo, Lucas Papademos, che fa un’operazione simile al nostro Mario Monti, cioè si mette a capo di un “governo di unità Nazionale”- o per meglio dire, un governo tecnico – sostenuto dai vari partiti, compreso il Pasok.

La formula imposta dai paesi dell’Eurozona è nota: austerity e tagli alla spesa pubblica. Durante il periodo di questo governo di commissariamento, emergono a cascata tutti i debiti ellenici, che vanno a cogliere a cascata altri paesi, come Spagna, Italia e Portogallo, costretti anch’essi, in modi diversi, ad applicare riforme di taglio e rigore: aumento della pressione fiscale, diminuzione dei servizi, aumento delle tasse. In questa fase la Grecia subisce lo smantellamento dei servizi primari, come scuola e sanità. Riguardo a quest’ultima c’è da aprire una parentesi: l’assistenza sanitaria spetta di diritto a tutte le persone che hanno un lavoro; qualora lo si perda, si ha diritto alla copertura sanitaria solo per un anno, dopodiché si resta senza, se non si è trovato un altro lavoro. Ecco che molte persone, perso il lavoro non hanno neanche più diritto alle cure mediche. Per quanto concerne la scuola, altro servizio di fondamentale importanza, le ore scolastiche vengono tagliate nettamente, le ore degli insegnanti diventano solo 4, creando un disagio sia per il personale didattico, che per le famiglie, disagio che si aggiunge anche al dilagante problema di denutrizione dei bambini e dei ragazzi nelle scuole, non potendo più queste ultime, garantire i tre pasti giornalieri. Ancora oggi questo problema esiste, soprattutto nelle zone più povere o turbolente, come quella del Pireo o come quella del quartiere di Exarchia, quartiere ribelle e anarchico, e centro di diversi scontri, legati soprattutto ad Alba Dorata. Il governo tecnico genera malumori e insoddisfazioni in tutti gli strati della popolazione: non solo negli strali più poveri, schiacciati ancor di più dal peso dei tagli e dalla disoccupazione e ridotti in condizioni al limite della sopravvivenza, ma anche nei ceti medi, che di fatto vanno a scomparire, e persino nelle fasce ricche della popolazione, se si esclude l’oligarchia degli armatori, gruppo di sole 12 persone a cui non viene imposta alcuna tassa, nonostante rappresentino una vera e propria lobby (operante soprattutto nel basso Peloponneso), dato che oltre ad essere armatori, i loro interessi e le loro ingerenze spaziano nel campo petrolifero, editoriale, calcistico e persino mediatico, detenendone tutto il potere. La crescente insofferenza che abbraccia tutto il popolo ellenico porta a nuove elezioni, che vengono indette nel maggio del 2012 quando il sentimento popolare è fortemente antipolitico. A dir la verità si tratta più di una sorta di “elezioni mancate”che numericamente vengono vinte da Neo Demokratia capeggiata da Samaras. Si assiste a un totale svuotamento del Pasok che dal 49% ottenuto nel 2009 passa a circa il 6% nel 2012, entrando in parlamento per il rotto della cuffia e per la prima volta entra in parlamento Alba Dorata, forza di estrema destra, che a differenza di partiti come Casa Pound da noi ad esempio, non ha alcuna remora ad ammettere di essere una forza nazista – nemmeno neo-nazista, proprio nazista! - , tanto che il loro testo guida è l’hitleriano “mein Kampf”. Alba Dorata, prosegue il presidente dell’Arci di Firenze, ha una storia lunghissima che trae le sue origini – sebbene non la sua fondazione ufficiale, risalente agli anni ’80 – addirittura dal periodo della “dittatura dei colonnelli”, che va dal 1967 al 1974, quando la Grecia venne governata da un gruppo di militari anticomunisti saliti al potere con un colpo di stato. Altro momento significativo di questo partito lo può riscontrare negli anni 90, quando alcuni suoi membri combatterono a fianco dei serbi nelle guerre balcaniche di quegli anni. Il leader e fondatore di Alba Dorata, Nikolaos Michaloliakos, nel corso degli anni ha ricevuto diverse condanne, non solo per violenze e lotta armata, ma anche per truffe, raggiri, corruzioni, mostrando che il fenomeno Alba Dorata sia gravissimo non solo dal punto di vista politico ma anche etico ed economico, essendo un partito di criminali oltre che di espliciti nazisti. La sua entrata in parlamento è uno shoc: nel maggio 2012, Alba Dorata ottiene 21 parlamentari su un totale di 310 ed entrano in parlamento in modo spettacolare ed eclatante, facendo il passo dell’oca. Lo shoc aumenta se si pensa che una forza ultranazionalista, di estrema destra, inneggiante al nazismo si insedi proprio in quel paese che è opinione comune considerare la culla della democrazia, o per lo meno il paese che ne ha dato i natali o che ha visto i suoi albori, soprattutto nel V secolo (con tutte le dovute differenze storiche e contestuali ovviamente!).

Anton Samaras non riesce a formare il governo, né ci riescono il Pasok o Syriza, che allora è il terzo partito. Su quest’ultimo Jacopo spende due parole. Syriza nasce come unione di partiti di sinistra, per lo più comunisti (in Grecia esistono in tutto 9 partiti comunisti), quando un gruppo di persone di sinistra appunto, ma più slegate dalle logiche di semplice contrapposizione ai colonnelli, cominciano a pensare ad un contenitore che riunisca tutti i partiti comunisti, eccetto per il KKE che decide di non entrare in coalizione e che alle elezioni del 2012 prende solo il 4,5%. La forza di Syriza sta nel riuscire ad creare aggregazione e consenso intorno a sé grazie a un progetto di ricostruzione concreta che inneschi una nuova prospettiva, una speranza e una visione alternativa capace di riscattare il paese, senza arroccarsi ed ovattarsi in una dialettica mirante alla sola distruzione. Questa è forse la principale differenza con il movimento 5 stelle, il quale sfrutta il malcontento generale e il crescente sentimento antipolitico non per proporre o lanciare un progetto di ricostruzione, ma solo per distruggere tutto l’esistente, solo per dire quanto tutta la politica faccia schifo, ma senza saper creare qualcosa di alternativo a tale schifo. Syriza non distrugge soltanto ma vuole ricostruire dopo aver preso atto che qualcosa o molto da demolire ci sia. E dalla distruzione di politiche di tagli esasperati, di formule ultraliberiste, vuole cercare di proporre soluzioni concrete, guardando soprattutto alle fasce più deboli e disagiate della popolazione. Questo cerca di dirlo ad Alba Dorata, che però nel frattempo sfrutta scientificamente gli strumenti mediatici a disposizioni per rifarsi una sorta di verginità dopo gli scandali precedenti. Ecco che allora, ad esempio, cominciano a girare video in cui una vecchina viene tirata giù da un palazzo e le viene messa in mano, da parte dei membri di Alba Dorata, una borsa della spesa, per lanciare il messaggio che Alba Dorata fa spese collettive. Successivamente si viene a scoprire che questo e filmati simili sono dei falsi, portati avanti dai media – anche da qui si può intendere la tela di interessi, finanziamenti e potere di cui gode il partito estremista – e lo si scopre attraverso le testimonianze stesse delle “persone” passivamente coinvolte, come la stessa anziana signora, così come si svela che la protagonista di uno dei video-promozione del partito (neo)nazista era proprio la madre di uno dei membri di quest’ultimo. Pian piano però le efferatezze di Alba Dorata toccano il culmine, fino ad arrivare al triste episodio dell’assassinio di un giovane rapper, identificato come un estremista di sinistra – sebbene in realtà non fosse affatto un attivista politico. È questo un momento suicida per l’intero partito: il leader Michaliolakis finisce in carcere – dove risiede tutt’ora – insieme agli allora 21 deputati, ovvero il quasi intero ceto dirigente. Nonostante la privazione di molti dei suoi leader più carismatici, Alba Dorata non perde comunque la sua spinta politica, grazia anche al sostegno politico e finanziario proveniente da Nuova Democrazia, dando vita a quel binomio che somiglia in gran parte al connubio Forza Italia e Lega e all’assistere di fascisti mascherati circolanti in parlamento, pericolo tutt’ora presente e su cui la sinistra sembra non si dimostra abbastanza vigile. In ogni caso, gli scambi di favori tra Neo Demokratia e Alba Dorata non impediscono la vittoria di Syriza nelle recenti elezioni del 2015, sancita soprattutto dalla sua idea portante: la ritrattazione del debito, a fronte di un’Europa tecnocratica e finanziaria che annienta servizi pubblici, taglia sanità e scuola, mezzi di trasporto, benessere e normalità. E questo non è accettabile, sancisce Forconi, da parte di un’Europa che riunisce popolazioni in gran parte anche molto diverse tra di esse, ma tutte accomunate da un unico faro, che è quello della democrazia, della libertà e della solidarietà, principi che si stanno del tutto svuotando in nome di un’Europa soltanto economica e non più democratica e solidale.

Jacopo sottolinea poi che i ricavati della serata andranno all’associazione greca “Solidarity4all”, struttura di coordinamento indipendente ma oggi molto collegata a Syriza e ai movimenti sociali di base (case, sanità, scuola..) di cui ci racconta alcune delle attività partendo dalle sue esperienze dirette grazie al suo ruolo di presidente dell’Arci. A fine 2012 infatti Arci Firenze, Arci Milano e Arci Nazionale vengono invitate da Soldariety for all in Grecia chiedendo di fornire una formazione su come si riesca a fare operazioni di mutuo soccorso. In realtà, dice Jacopo non ne avevano così bisogno, essendo già molto bravi di loro a svolgere questo tipo di attività: erano già stati aperti infatti circa 200 luoghi in cui i membri dell’associazione attuavano programmi e progetti di aiuti sociali, ottimizzati da una precedente analisi dei differenti bisogni e della conseguente ricerca di adeguate soluzione per ciascun tipo di emergenza. Un buon esempio lo si riscontra in un quartiere della Municipalità di Atene (l’area urbana di Atene è molto vasta, conta 5 milioni di abitanti e in un paese che in totale ne conta 12 milioni, Atene con la sua area urbana rappresenta 1/3 dell’intera popolazione ellenica; la municipalità è invece più piccola, con i suoi 800mila abitanti e comprende comuni appartenenti tutti alla stessa area urbana): qui l’organizzazione solidale fa la spesa per le persone che non hanno la possibilità di comprarsi da mangiare. E mentre prima la cadenza poteva essere di circa due, tre volte settimanali oggi questo sistema di aiuto viene effettuato giornalmente: vengono messi a disposizione sacchi di spesa, dopo un’opportuna valutazione di ogni nucleo familiare e dei suoi componenti, in modo da fornire a ciascuno un’equa distribuzione del cibo. Questa attività oltre a portare sostegno concreto, effettivo alle persone più disagiate, esprime anche un forte senso politico di legame e condivisione. Altro prezioso esempio lo si trova nel quartiere di Ellenikos. Qui è stato creato un grande spazio con una sala polivalente, una grande cucina, un’ampia area esterna e soprattutto un poliambulatorio con una grande farmacia che fornisce gratuitamente i medicinali e che si avvale non solo di medici generici ma di svariati professionisti specializzati ciascuno in un proprio campo: vi sono pediatri, psicologi, omeopati ecc..

Certo, la situazione in cui versa la Grecia rimane preoccupante e gravissima. Il tasso di disoccupazione è al 37%, più di un terzo delle persone non hanno un lavoro e di conseguenza non fruiscono del diritto alle coperture mediche, ma proprio per questo è di essenziale importanza che esistano spazi di assistenza sanitaria, non solo a chi ne ha perso il diritto ma anche a chi questo diritto non lo ha mai avuto, come i migranti. Anche su questo tema Jacopo vuole soffermarsi un po’. La Grecia accoglie infatti centinaia di migranti ma non riesce a gestire il flusso migratorio creando politiche di accoglienza e integrazione adeguate per arginare “il problema” e in questo è anche la sinistra ad aver avuto le sue colpe e a manifestare la sua incapacità. Difficoltà che ha contribuito ad innescare fenomeni estremisti come quello di Alba Dorata e al suo crescente consenso. Anche il Pasok infatti, che per anni è stato al governo, ha dimostrato la sua inefficienza nello sviluppare politiche di integrazione. Per un principio di solidarietà e benessere generale queste politiche dovrebbero essere alla base di un paese che soprattutto per la posizione geografica che riveste, vede un flusso migratorio sempre più in aumento. E tali politiche dovrebbero provenire proprio da paesi che godono di un benessere superiore rispetto a quello di persone che scappano da guerre, miseria e persecuzioni. Non è ammissibile che queste persone vengano sbattute in centri di accoglienza o in alberghi in cui vengono totalmente lasciati a sé stessi. La cifra pro-capite pro-die data allo S.P.R.A – che da 45 euro è passata a 33 euro, quindi niente di esorbitante – viene investita in alloggio, vitto e corso di italiano. Ma questo, sebbene fondamentale, non è sufficiente. La cosa più importante su cui investire è il poter garantire un inserimento socio-lavorativo, senza il quale i rifugiati, i richiedenti di asilo non riusciranno mai a integrarsi e a vivere in condizioni decenti e autosufficienti. Il vecchio slogan “nostra patria è il mondo intero”, si scopre essere ancora molto attuale. Di fatto oggi, nostra patria è veramente il mondo intero, non ha più senso ergere barriere, confini o muri. Ma per abbatterli non basta l’assistenzialismo ma creare condizioni reali, concrete per cui queste persone riescano effettivamente a integrarsi, vivendo e lavorando nel paese in cui vorrebbero stare, proprio partendo dal fatto che esse arrivano e non si può pensare né di lasciarle annegare in mezzo al mare, né di schiaffarle in centri di identificazione e smistamento fino a 18 mesi e in condizioni igieniche a dir poco disumane, ma nemmeno in qualche albergo a nulla fare.

Dopo la parentesi sul tema immigrazione Jacopo ribadisce che la ricetta imposta dall’Eurogruppo e portata avanti in primis dalla Germania è controproducente anche per quest’ultima. La politica economica dettata dalla Germania è miope e poco lungimirante nei suoi stessi confronti. Il giorno infatti che la Grecia dovesse uscire dall’euro, sarà un giorno nefasto anche per la stessa nazione tedesca, perché tornare alla dracma significherebbe non poter più saldare quel debito che essa reclama. In questa scacchiera geopolitica il ruolo svolto dall’Italia è stato simile a quello degli struzzi: infilare la testa sotto la sabbia. L’Italia infatti detiene il 40% del debito greco e quindi lei ed altri paesi che ne detengono una parte, sarebbero dovuti essere i primi a dimostrarsi solidali nei confronti del paese ellenico, anche solo da un punto di vista strettamente economico, dato chel’affossamento sempre più abissale della Grecia, a rigor di logica fa sì che quel debito non venga mai saldato, se i soldi per farlo ce ne sarà sempre meno, a causa di tagli radicali che non faranno mai ripartire una crescita. Se la gente non può consumare, se la spesa pubblica non riparte, il paese non può riprendersi, può solo affondare ancor più in basso. E le politiche di austerity imposte in questi ultimi anni alla Grecia hanno dimostrato proprio questo, un aumento sempre maggiore del debito pubblico, un enorme smantellamento dello stato sociale e una totale depressione delle condizioni lavorative e di vita delle persone. E noi cosa ne ricaviamo? Riusciremo a veder saldato il nostro debito a queste condizioni? Che Europa si può pensare di ottenere da una gestione grettamente economica, che ha perso qualsiasi aspetto politico e sociale? E in un mondo che si sta sempre più bi polarizzando tra due poli, uno “vecchio” rappresentato dagli Stati Uniti e uno “nuovo” rappresentato dalla Cina, a chi, se non all’Europa, spetterebbe il compito di essere un’area democratica, civile, di sviluppo e di benessere allargato? Non lo possono essere gli Stati Uniti, che sebbene si ergano a democrazia del mondo, hanno ancora in molti paesi la pena di morte e le politiche sono spesso dettate dal forte potere e dall’ingerente influenza delle lobby più importanti, prima tra tutte quella delle armi e del petrolio; non lo può essere la Cina, in cui vengono calpestati i più basilari diritti, che vede anch’essa un divario estremo tra poveri e ricchi, che dice di essere comunista ma è tutto fuorché comunista. Sul sole 24 ore è apparso un banale calcolo, per chi ne sa qualcosa di economia: il rapporto tra PIL e debito tra i vari paesi. È emerso che la Grecia è “solo” al quarto posto. Due paesi che le stanno avanti sono, guarda caso, proprio Stati Uniti e Cina. Ciò fa comprendere come forse si siano sbagliati molti parametri nel giudicare il benessere di un paese. Sicuramente la capacità di Stati Uniti e Cina di generare profitto è infinitamente superiore rispetto a paesi come la Grecia, ma che qualcosa non vada in un riduttivo parametro come il rapporto PIL e debito è evidente. L’Europa avrebbe la storia e il percorso per differenziarsi da questi due poli e, almeno in linea generale, per rivestire un ruolo democratico e solidale nei confronti dei paesi mementi. L’Unione europea era nata per questo, d’altronde, per essere un’Europa dei popoli, un’Europa sociale. Ogni paese dovrebbe fare un passo in avanti e guardare al di là del proprio naso, del proprio singolo orticello e mirare a interessi che dovrebbero essere comuni, che dovrebbero unire e creare solidarietà e reciprocità anziché dividere e distruggere o punire. La grande sfida che attende tutti è il superamento di un pensiero solo italiano, solo francese, solo tedesco ecc..per arrivare a un pensiero realmente europeo, che inglobi e non si chiuda in maniera autoreferenziale e cieca in sé stesso. Una piccola luce nel buio, comunque, conclude Jacopo, è che la campagna di raccolta fondi lanciata una decina di giorni fa da Solidariety for all (e a cui la serata lastrigina nel suo piccolo potrà contribuire) ha già ottenuto 12.700 euro. È quindi una speranza pensare che molte persone abbiano uno sguardo lanciato nell’orizzonte di un’Europa diversa, che pian piano si renda conto che le ricette da adottare non sono quelle del rigore estremo e dei tagli netti, ma quelle che puntino a creare lavoro, condizioni socio-sanitarie dignitose, che investano sulla scuola, che sviluppino politiche d integrazione, che facciano investimenti pubblici, che diano aiuti alle imprese, che rimettano concretamente in circolo l’economia di un paese. L’Europa dovrebbe imparare a fare questo e a diventare quello che è nata per essere. Un’Europa unita, democratica e sociale. E non un’Europa che ragiona in termini puramente economici dettando le sue ricette sfrenatamente liberiste e fomentando così le condizioni di disagio, insofferenza e miseria di paesi che dovrebbe vedere come fratelli, o figli, e non come nemici da schiacciare quasi del tutto.

Ultima modifica il Domenica, 26 Luglio 2015 11:52
Chiara Del Corona

Nata a Firenze nel 1988, sono una studentessa iscritta alla magistrale del corso di studi in scienze filosofiche. Mi sono sempre interessata ai temi della politica, ma inizialmente da semplice “spettatrice” (se escludiamo manifestazioni o partecipazioni a social forum), ma da quest’anno ho deciso, entrando a far parte dei GC, di dare un apporto più concreto a idee e battaglie che ritengo urgenti e importanti.

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