Mercoledì, 22 Aprile 2015 00:00

Giselle, il ballet blanc che commuove la Scala

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Sono ormai diverse decadi che alla Scala si aggirano le Villi, leggendari spiriti danzanti, vestiti di bianco e tremendamente vendicativi: sono le anime immortali delle giovani tradite o abbandonate, che danzano sulle note di “Giselle”, intramontabile balletto di Adolphe-Charles Adam.

L’allestimento in scena al Piermarini discende in linea diretta dall’originale parigino del 1841, secondo la sistematizzazione di Yvette Chauviré e Aleksandr Benois del 1950. Tanto la partitura, quanto la coreografia, ha subito innumerevoli modifiche nel corso del tempo, adattandosi e interagendo con le esigenze dei ballerini e dei teatri. Particolarmente rilevanti sono le interpolazioni di fine ‘800, per opera dei “Balletti russi” di San Pietroburgo, che si sono del tutto integrate con lo spettacolo originale.

Da mezzo secolo, però, a Milano Giselle si è fermata nel tempo, e le étoile che vi si cimentano lo fanno sulle stesse note, sugli stessi passi e con le stesse scenografie e gli stessi costumi: così è stato il 2 aprile per gli insuperabili Svetlana Zakharova e Roberto Bolle. Noi abbiamo assistito alla Prova generale con Vittoria Valerio e Antonino Sutera e alla recita del 12 aprile con Maria Eichwald e Claudio Coviello.

La musica di Adam è un susseguirsi di leitmotiv che introducono azioni e personaggi con elevata maestria, le note scorrono senza pausa eppure non v’è frase che non sia orecchiabile e melodiosa. A dirigere l’Orchestra del Teatro alla Scala il maestro Patrick Fournillier, esperto di musica francese romantica e raffinato nell’esecuzione di Giselle.

Le coreografie della Chauviré sono riprese da quelle originarie di Jean Coralli e Jules Perrot, e successive integrazioni. L’alternanza di assoli, pas de deux e figure d’insieme è ben bilanciata, e tutto il balletto trasmette pathos senza soluzione di continuità. Celeberrimo il secondo atto, nel quale al protagonista maschile sono richieste doti tecniche elevate.

Il libretto fu scritto dai drammaturghi Théophile Gautier e Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges, ispirati da almeno due fonti, il romanzo “De l’Allemagne” di Heine e il poema “Fantômes” di Hugo, da cui trassero il soggetto delle mitologiche Villi, che costringono i viandanti a ballare sino a morirne, e della giovane insanamente innamorata della danza.

Giselle è la giovane figlia della locandiera Berthe, preoccupata per la sfrenata passione per la danza che indebolisce la fanciulla. Un’altra preoccupazione è l’amante che corteggia Giselle, ballando con lei, vale a dire il Principe Albrecht sotto le mentite spoglie di semplice popolano. Di questa relazione è scontento anche il guardiacaccia Hilarion, innamorato non corrisposto di Giselle.

Hilarion scopre ben presto l’identità del suo rivale e lo svergogna davanti al villaggio intero. Non solo egli ha taciuto la sua identità, ma è anche promesso sposo alla principessa Bathilde: Giselle, affranta, si sente tradita, impazzisce di dolore e si accascia senza vita, col cuore spezzato.

La giovane non è però morta, ma sopravvive sotto forma di fantasma: è ora una delle Villi, spettri al comando della regina Myrtha, in cerca di vendetta per i tradimenti d’amore subiti. A notte fonda sia Hilarion sia Albrecht porgono visita alla tomba dell’amata e vengono sorpresi dalle Villi. Il guardiacaccia ne viene tragicamente sopraffatto e balla fino a sfinirsi, il principe s’imbatte invece nello spirito di Giselle. La ragazza lo ama ancora e, stante l’inflessibilità di Myrtha, escogita un piano per salvarlo: danzerà con lui, per risparmiarne le forze. Dopo un ballo incessante finalmente scoccano le campane dell’alba, Albrecht è salvo, ma il suo amore non può coronarsi: Giselle, ripudiata dalle Villi, ora può riposare per l’eternità nel suo sepolcro.

La prima parte del balletto è dominata da motivi allegri e vivaci, con costumi colorati e scene di gioiosità e passione. Ne sono protagonisti i due amanti e i personaggi popolari, in particolare una coppia di contadini e sei amiche di Giselle, i quali s’intrattengono in lunghe e giocose coreografie: l’ispirazione popolaresca è senza dubbio figlia del gusto postrivoluzionario, che in Francia ebbe particolare fortuna, fino al realismo e al verismo musicale.

La seconda parte è invece il trionfo del ballet blanc. Le Villi, completamente bianche, danzano in punta di piedi, delicate ed eteree, nel buio della notte: le coreografie d’insieme e gli assoli s’integrano in figure suggestive, patetiche, drammatiche. Il ballet blanc romantico è un elemento essenziale della danza classica, le Silfidi, le Villi, i cigni, sono i personaggi femminili immortalati nei loro candidi tutù dai più celebri balletti del 1800.

Eccellenti nella parte di Villi le ballerine del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. Bravissime le ballerine Antonina Chapkina, Vittoria Valerio e Alessandra Vassallo, che nella recita del 12 aprile hanno interpretato rispettivamente le due aiutanti di Myrtha e la regina Myrtha stessa, e Antonina Chapkina, Alessandra Vassallo e Virna Toppi, negli stessi ruoli in Prova Generale.

La Vassallo è sembrata molto più a suo agio nel ruolo di aiutante, interpretato sublimemente, che di regina delle Villi, mentre ottima la Myrtha della Toppi, impeccabile ed espressiva.

Brave le sei amiche di Giselle, Marta Gerani, Daniela Cavalleri, Serena Sarnataro, Stefania Ballone, Giulia Schembri e Lusymay Di Stefano, che hanno eseguito molto bene le loro coreografie d’insieme. Ugualmente brave le due coppie di contadini che si sono esibite rispettivamente il 12 aprile e in Prova Generale: Gaia Andreanò e Mattia Semperboni e Denise Gazzo e Federico Fresi. Entrambe le coppie hanno dimostrato notevole affinità ed espressività, e tutti i quattro artisti hanno fornito buona prova delle proprie capacità, la Andreanò con particolare pulizia dei movimenti, la Gazzo con straordinaria leggerezza, Semperboni e Fresi entrambi con qualche imprecisione.

Differenti le esibizioni dei due Hilarion. Alessandro Grillo ha interpretato con trasporto ed espressione il personaggio in Prova Generale, mentre meno convinto è parso Massimo Garon il 12 aprile: bravo ballerino ma attore pallido.

Nel ruolo dei due protagonisti, in Prova Generale Vittoria Valerio e Antonino Sutera, il 12 aprile Maria Eichwald e Claudio Coviello.

La Valerio è stata una Giselle eccezionale, espressiva, virtuosa, precisa e leggerissima, davvero ottima, mentre la Eichwald ha ballato con impeccabilità e movimenti morbidi, ma forse un poco meccanica e inespressiva.

Molto bravo Coviello, un Albrecht appassionato ed espressivo, slanciato e capace. Meno convincente Sutera, dalla tecnica puntuale, ma troppo impettito.

Convincenti tutti i figuranti del cast, attori chiamati ad interpretare il libretto senza proferire parola: Adeline Souletie nel ruolo della locandiera Berthe, Raffaella Benaglia, nella recita del 12 aprile, e Caroline Westcombe, nella Prova Generale, nel ruolo della principessa Bathilde e, ugualmente alternati nel ruolo del Duca, Giuseppe Conte e Riccardo Massimi, infine Massimo Garon, amico del principe Albrecht, e Matthew Endicott, gran cacciatore.

L’allestimento scaligero, ripreso qui da Angelo Sala e Cinzia Rosselli, prevede che la scena si schiuda con il corpo di Giselle inghiottito dalla terra, facendo calare il settore di palco su cui è posata, e così è stato in Prova Generale. Nella recita del 12 aprile Giselle è invece fuggita alle spalle della sua lapide. In entrambi i casi, il principe Albrecht è rimasto solo, ai piedi della tomba della sua amata, affranto e spossato, nel silenzio commosso del pubblico.

Ultima modifica il Lunedì, 20 Aprile 2015 22:47
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