Il termine descrive la situazione in cui quartieri originariamente popolari, o percepiti per altri motivi come svantaggiati o meno desiderabili, vengono promossi come 'di moda', o diventano il centro di iniziative culturali, o sono oggetto di iniziative di rivitalizzazione da parte del governo cittadino; ma la diretta conseguenza di queste operazioni non è di migliorare la qualità di vita delle persone che vi risiedono, ma di attrarre nuovi residenti dai ceti più abbienti. Il risultato che segue è un boom edilizio che serve a soddisfare le esigenze, maggiori, dei nuovi arrivati, accompagnato dalla comparsa di negozi, locali, ristoranti che a loro volta hanno come obiettivo questa nuova utenza più facoltosa, di modo che – molto presto – un generalizzato aumento del costo degli affitti, del cibo, dell'intrattenimento fa sì che il quartiere si svuoti forzosamente della popolazione originale, 'espulsa' dal semplice fatto che non può più permettersi di rimanere. O, talvolta, dal fatto che la loro presenza è percepita dai nuovi arrivati come indesiderata, specialmente, ma non solo, nel caso di immigrati o minoranze culturali.
È un fenomeno purtroppo diffuso e in aumento in quasi tutte le grandi capitali europee, e anche in numerose città italiane, incluse Roma, Milano, Torino e Firenze, è possibile osservarlo in qualche forma e in qualche misura. Incoraggiate dal fatto che la gentrification porta effettivamente con sé un naturale aumento degli introiti, la gran parte delle amministrazioni locali non paiono particolarmente interessate a contrastarla, e non sembrano necessariamente neppure percepirla come un problema. Eppure la gentrification ha più di un aspetto sinistro.
L'apparente promozione di quartieri in precedenza percepiti come malfamati o meno desiderabili si accompagna a una crescente marginalizzazione dei ceti meno abbienti e delle minoranze in generale. La gentrification è stata anche riconosciuta come una delle cause fondamentali dell'aumento di senzatetto in molte grandi città in Europa: i quartieri che prima offrivano affitti accessibili anche a chi aveva entrate basse o irregolari sono diventati troppo costosi per queste persone, che si ritrovano di colpo senza un posto dove andare – e spesso non possono allontanarsi dalla città dove hanno quel poco lavoro che trovano, né tantomeno permettersi il costo di una vita da pendolari.
La gentrification ha favorito il diffondersi delle grandi catene di negozi a discapito delle piccole imprese locali, molte delle quali riuscivano a loro volta a rimanere in attivo grazie al fatto che l'affitto dei locali utilizzati fosse basso. In questo modo ha diminuito la varietà delle opportunità disponibili e, a dispetto del fatto che all'apparenza la ricchezza della zona sembri aumentata, ha in realtà aumentato il divario tra un piccolo numero di residenti abbienti e un grande numero di persone sempre più povere.
Già solo con questa piccola rassegna di possibili effetti della gentrification appare chiaro che il fenomeno è per molti versi negativo, e che il suo impatto sulle classi sociali che guadagnano meno può essere alle volte devastante. Eppure esiste ancora un altro modo in cui la gentrification danneggia l'equilibrio sociale nelle zone in cui si presenta. Un ulteriore effetto negativo della gentrification è infatti osservabile nell'impatto che questo fenomeno ha sulla scena culturale locale.
In molte capitali europee, come Londra o Berlino, esiste una lunga tradizione di arte working class, in cui proprio i quartieri considerati per molti versi meno raccomandabili rappresentano il background per la nascita di movimenti artistici che spesso hanno poi trovato la loro strada verso un apprezzamento decisamente mainstream. Molte correnti del rock britannico, senza contare il punk, hanno avuto origine nelle parti meno desiderabili di Londra, da Brixton ad Hackney. L'arte di strada, oggi esposta in una gran quantità di musei in tutto il mondo, con esponenti come Banksy in grado di produrre opere dal valore di milioni, proviene dai sobborghi meno abbienti delle grandi città. Collettivi artistici emersi tra le case popolari sono diventati in tutta Europa il motore di molte innovazioni che hanno poi raggiunto il teatro, il cinema, la musica mainstream.
La ricchezza e la vitalità di questa scena artistica working class ha spesso tratto beneficio dall'interazione tra molte diverse categorie di persone, provenienti da diverse culture e talvolta da diverse nazioni, e predisposte alla collaborazione dal fatto di condividere gli stessi spazi nelle loro vite quotidiane. Non costretta nei dettami rigidi di un'educazione artistica mainstream, spesso offerta da scuole selettive e costose e quindi non accessibili ai meno ricchi, ha prodotto idee alternative e fuori dagli schemi. Alcuni dei momenti di più grande ricchezza culturale attraversati durante il Novecento e i primi anni Duemila, in Europa e altrove, hanno dovuto molto proprio a questa arte proveniente dal basso. Alcuni quartieri altrimenti poco rispettabili si sono trasformati in posti dove ogni bar poteva nascondere un collettivo d'arte, ogni capannone ospitare un'esposizione improvvisata, ogni locale avere sul proprio palco una band che sarebbe a breve diventata un grande successo internazionale.
Al di là dei propri successi, questa grande fertilità artistica aveva anche il vantaggio di presentare per i ceti sociali meno abbienti un patrimonio culturale facilmente accessibile, nient'affatto meno complesso di quello che emergeva dai canali ufficiali, ma la cui fruizione era sensibilmente meno costosa. In questo senso, l'attività artistica in questi quartieri altrimenti periferici poteva servire anche come strumento di promozione sociale, e di supporto all'educazione, per persone che per ragioni economiche partivano altrimenti svantaggiate.
Che i luoghi divenuti teatro di questo genere di produzione culturale potessero divenire un bersaglio perfetto per la gentrification era purtroppo cosa tutt'altro che inattesa, e questo fenomeno è stato in effetti largamente osservato, investendo luoghi da Amsterdam a Barcellona, da alcune delle banlieues di Parigi ai quartieri popolari di Berlino. Paradossalmente, la gentrification ha avuto come risultato la distruzione proprio di quella ricchezza culturale e artistica che l'aveva attratta in primo luogo.
Tipicamente, un certo numero di nuovi residenti di estrazione borghese, molti dei quali giovani, vengono attratti in questi quartieri proprio dalla presenza di questa vivace comunità culturale. Con il loro arrivo, però, cominciano i problemi, e le recriminazioni rivolte all'amministrazione locale: provenienti da ambienti più protetti, i nuovi inquilini lamentano la presenza di persone che percepiscono come una minaccia; non vogliono vivere nell'immediata vicinanza di immigrati, entrano in conflitto con alcune delle controculture che adottano un'estetica deliberatamente meno gradevole; non sono disposti a ritrovare graffiti sui muri della propria casa, che segnalano come un segno di degrado, o ad essere infastiditi da una manifestazione di piazza. Insieme alla crescita dei costi, queste lamentele contribuiscono alla 'migrazione' di quelle stesse persone che avevano generato la nascita di una comunità artistica nei quartieri periferici, e che si trovano ora a doversi spostare verso zone sempre più esterne.
A questo si accompagna di frequente la chiusura dei locali. Una condizione necessaria alla crescita di una scena musicale in continua evoluzione è la presenza di locali in cui i musicisti possano esibirsi dal vivo, magari gratis o a basso costo, per affinare la propria tecnica e testare le loro interazioni con il pubblico, e al contempo trasmettere quello che hanno elaborato e scambiarsi influenze tra di loro. Nei quartieri soggetti a gentrification, capita spesso che nelle immediate vicinanze di questi locali – magari locali storici, attivi da venti o trent'anni e con una rispettabile storia di successi alle spalle – vengano improvvisamente costruiti edifici residenziali per soddisfare le maggiori esigenze dei nuovi residenti più ricchi. Questi, una volta trasferitisi nei nuovi alloggi, spesso presentano lamentele per il rumore causato dai locali accanto ai quali adesso abitano, o per il fastidio causato dalle persone che li frequentano; e in un sistema in cui spesso è chi è più ricco a prevalere, episodi di questo genere si concludono fin troppo spesso con la chiusura forzata del locale. Nella sola città di Londra, un gran numero di locali storici – fino al 20% – che offrivano musica live hanno dovuto chiudere precisamente per questo motivo, infliggendo un colpo molto duro alla scena musicale, specialmente alternativa.
Non era mai successo finora che dalla politica provenisse un tentativo di tutelare questi agenti culturali contro fenomeni del genere. Tuttavia, un'iniziativa politica per molti versi unica è partita dal Galles e si sta ora estendendo all'intero Regno Unito, e la speranza potrebbe essere che venga in qualche misura imitata dalle amministrazioni locali anche nel resto d'Europa. Si tratta dell'introduzione di una clausola legale detta agent of change, che ha il semplice effetto di porre l'onere dell'ammortizzamento di eventuali disturbi legati a locali preesistenti con manifestazioni culturali live interamente su chi costruisce nuovi edifici residenziali.
In sintesi, non è vietato costruire alloggi di fianco a un locale che offre musica live, ma è interamente responsabilità di chi li costruisce fare sì che questi alloggi siano completamente insonorizzati, che siano provvisti di viali d'ingresso che li tengano distanti dalla folla in uscita dai locali, e così via. I nuovi residenti non potranno quindi rivolgere le proprie lamentele ai locali, ma solamente a chi si è occupato del nuovo sviluppo edilizio. Si tratta di una legge semplice, ma che fa, al suo meglio, quello che le leggi dovrebbero in genere fare e spesso dimenticano di fare: riequilibrare gli squilibri proteggendo la parte più debole.
L'iniziativa per promuovere Agent of Change è partita proprio dal basso: da un movimento, Save Womanby Street, che a Cardiff, capitale del Galles, è sorto spontaneamente per proteggere, appunto Womanby Street, la storica strada dei locali di musica, dove le lamentele dovute al rumore da parte degli inquilini di nuovi edifici residenziali avevano portato alla chiusura di alcuni locali parte da decenni del patrimonio culturale locale. Raccolta dai politici locali, la protesta è stata portata dapprima al Parlamento Gallese, che ha reagito riconoscendo il diritto di chi fornisce un ambiente necessario allo sviluppo culturale di non essere intimidito dagli speculatori edilizi, e ha avviato un processo per introdurre Agent of Change in tutte le città del Galles. I locali a rischio hanno riaperto, e la legge è stata notata dal Parlamento centrale di Westminster, dove è ora in corso un processo per estenderne – si spera – l'applicazione nell'intero Regno Unito.
Agent of Change è importante per tre motivi. In primo luogo, perché dimostra che un intervento politico mirato può fare molto per proteggere lo sviluppo culturale locale e tutelare il diritto delle classi meno abbienti di accedere alla cultura, senza necessariamente dover limitare o contrastare lo sviluppo economico. In secondo luogo, perché mostra un quadro ben diverso da quello di una working class completamente disinteressata a qualsiasi sviluppo culturale, alla quale quindi è inutile rivolgere una proposta culturale di qualsiasi genere: enfatizza invece il fatto che le classi sociali meno ricche vorrebbero fare parte di un discorso intorno alla cultura e all'arte, ma che l'accesso a questi temi e a questi ambienti gli viene spesso negato. Questo problema può essere rettificato con poche, semplici accortezze: sostenere che risolverlo è impossibile è quantomeno fazioso, e il successo di Agent of Change lo dimostra. Infine, la parabola di questa piccola ma importante legge dimostra che risultati positivi possono essere visti in tempi brevi quando la politica, sia locale che nazionale, presta attenzione alle proposte pratiche che le vengono offerte su temi all'apparenza piccoli, ma che possono avere ripercussioni su larga scala.
Mai come in questi tempi abbiamo bisogno di un movimento culturale e artistico che parta dal basso, da quelle sezioni della società che vengono troppo spesso abbandonate e ignorate, se non emarginate e completamente private di una voce nel discorso collettivo. Precauzioni come quella rappresentata da Agent of Change possono far sì che questo movimento rimanga vitale e continui a produrre indisturbato nuovi spunti di riflessione, e c'è da augurarsi che misure simili vengano adottate sempre più spesso nelle nostre città.
Immagine ripresa liberamente da classicfm.com