Mercoledì, 21 Marzo 2018 00:00

Quando il cabaret combatte contro il cancro: un'intervista con Rose Thorne

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Quando il cabaret combatte contro il cancro: un'intervista con Rose Thorne 

Tra tutte le forme d'arte, il cabaret è storicamente forse quella più strettamente legata al mondo dell'underground e della controcultura.

Rimasto di nicchia un po' ovunque, gode tuttavia di una vita attiva e piena di innovazioni in vari luoghi in Europa, e forse in nessun altro quanto a Londra, dove ha una storia lunga e gloriosa e dove continua a essere un campo di sperimentazioni per artisti spesso di bassa estrazione sociale che hanno contribuito a mantenerlo una forma d'arte estremamente attuale, attenta agli eventi politici e sociali che commenta in tempo reale con sarcasmo e leggerezza. Non è quindi sorprendente che il cabaret, da sempre abituato a offrire una sorta di commentario sociale nel suo linguaggio irriverente, dimostri una particolare attenzione per i problemi, le preoccupazioni, i bisogni della società contemporanea.

Per molti versi considerato un'arte minore, oltre a contribuire con alcuni degli sviluppi più interessanti offerti finora alla scena dell'avanguardia, il mondo del cabaret ha negli ultimi anni cominciato a dimostrarsi attivo anche sul fronte dell'impegno sociale, un fenomeno che appare in crescita e che ha lanciato un certo numero di iniziative interessanti. Ne abbiamo parlato con Rose Thorne, una veterana nel mondo del cabaret, con alle spalle undici anni di esperienza nell'organizzazione di eventi sulla scena londinese e non solo, che dal 2016 ha fondato e gestisce l'associazione senza scopo di lucro Cabaret Vs Cancer, che ha dato una svolta pratica all'impegno sociale degli artisti di cabaret raccogliendo fondi da dedicare alla ricerca contro il cancro – e non solo.  

CS: Come nasce l'iniziativa di Cabaret Vs Cancer? 

RT: Quando si parla di cancro bisogna pensare che è qualcosa che tocca direttamente le vite di moltissime persone con cui interagiamo quotidianamente. Nel mio caso ho cominciato a interessarmene dopo aver perso entrambi i miei genitori per il cancro. Con mio marito (Benjamin Louche, un importante artista di cabaret sulla scena londinese, NdI) abbiamo fatto alcuni spettacoli per raccogliere soldi da donare, e a un certo punto un amico ha detto scherzando che avremmo dovuto fare un calendario. Abbiamo contattato un fotografo e l'abbiamo fatto per davvero, e abbiamo raccolto circa quattromila sterline, che rientrava ancora nei limiti di una normale raccolta di fondi. Poi nel Gennaio 2016 è morto David Bowie, che è stato un modello importante per entrambi, e abbiamo pensato di fare uno spettacolo in suo onore. È stato un evento molto emozionante per tutti, e abbiamo raccolto oltre seimila sterline. Secondo la legge con questo genere di cifra bisogna registrarsi come organizzazione senza scopo di lucro, e a questo punto è diventata un'iniziativa più strutturata. Da allora l'iniziativa ha continuato a crescere, e anche la quantità di fondi che raccogliamo annualmente sta continuando ad aumentare. 

CS: Quali attività organizzate nel corso dell'anno?

RT: Bisogna tener presente che siamo un gruppo ancora molto piccolo, di artisti che spesso non guadagnano molto con il loro lavoro e devono fare anche altro per mantenersi, quindi cerchiamo di mandare avanti questa iniziativa in maniera capillare. Abbiamo ambasciatori in tutto il Regno Unito, persone che fanno collette all'uscita dai loro spettacoli e poi donano quanto raccolto all'organizzazione, e altri che fanno iniziative sponsorizzate, come correre una maratona o una gara ciclistica. Oltre a questo organizziamo varie iniziative artistiche che contribuiscono al grosso della nostra attività. Abbiamo tre grandi aste d'arte a tema online ogni anno, una in gennaio che accompagna il nostro spettacolo in memoria di David Bowie, una in primavera a tema fantascienza, e una in autunno dedicata a Twin Peaks. Oltre a questo organizziamo vari spettacoli di cabaret, a cui gli artisti contribuiscono a titolo gratuito – nessuno guadagna nulla, neppure il locale. A fine anno facciamo un grande spettacolo di chiusura per tirare le somme. Negli anni passati abbiamo pubblicato e venduto un calendario, ma dato che l'abbiamo fatto per vari anni di fila adesso, è un'iniziativa che sospenderemo per fare qualcosa di nuovo. Abbiamo adesso una branca scozzese e quest'anno saranno loro a fare un calendario, mentre noi penseremo a qualcos'altro. In questo campo come in tutti gli altri bisogna sapersi evolvere, stare al passo coi tempi e cercare di proporre qualcosa di nuovo. È un'iniziativa a fin di bene, ma è anche importante offrire alla gente qualcosa di interessante. 

CS: A cosa vengono destinati i fondi raccolti? 

RT: Ci definiamo come una grant-giving charity, ovvero un'associazione che raccoglie fondi 'a progetto', per poi darli a gruppi più grandi e organizzati che possono usarli per le loro iniziative. Una grossa porzione va direttamente alla ricerca sul cancro, che è in un certo senso la destinazione più ovvia. Un'altra va a Macmillan Cancer Support, che offre varie iniziative di supporto di cui i pazienti possono usufruire durante il periodo della loro terapia e quello immediatamente successivo. E un'altra, forse quella che mi sta più a cuore, è destinata a un'iniziativa locale, con il St Joseph's Hospice a Londra. In questo caso il progetto è di offrire supporto a bambini che hanno un genitore malato terminale, e che spesso hanno una comprensione solo limitata di quel che sta succedendo. Come artisti siamo sempre a stretto contatto con la comunità locale, e lo stesso vale per il Bethnal Green Working Men's Club, il locale dove teniamo i nostri spettacoli, che nella sua lunga storia ha sempre avuto un ruolo molto attivo nella vita sociale di questa parte di Londra, quindi è importante per noi essere in grado di fare qualcosa che abbia anche un impatto immediato non troppo distante da qui. E molto spesso quando si parla di iniziative benefiche contro il cancro si pensa ai malati, ma non ai loro parenti che spesso hanno ugualmente bisogno di supporto. 

CS: Quali sono le più grandi difficoltà e sfide in questo lavoro?

RT: Anzitutto il fatto che siamo una piccola organizzazione, siamo attivi solamente da due anni, e nell'ambito del cabaret si ha un pubblico in un certo senso ristretto, non si può costantemente bombardare la stessa gente con richieste di fondi. Il rovescio della medaglia è che in un ambiente di nicchia come questo finiamo per avere sostenitori molto fedeli, che seguono tutte le nostre iniziative e contribuiscono regolarmente. E siccome gli artisti si conoscono spesso tra loro ci sono artisti che sono amici dell'organizzazione e sono felici di prendere parte agli eventi. La gestione dei social media è anche molto difficile, richiede moltissimo tempo e attenzione. Mi piacerebbe arrivare a un punto in cui saremo in grado di assumere qualcuno che si occupi soltanto di quello, ma allo stesso tempo vorrei sempre mantenere l'associazione su una scala moderata, dove siamo attivamente in grado di controllare e gestire tutto quello che facciamo invece che subappaltarlo ad altri. Ed è anche importante mantenere sempre un tono leggero. Quello che vorremmo essere è arte con un messaggio, ma che rimane sempre divertente e piacevole. È nella natura del cabaret di trattare temi molto seri in maniera scanzonata ed è quel che cerchiamo di fare, ma può essere molto difficile trovare un equilibrio in questo senso.  

CS: Qual è stato un momento che ti è rimasto particolarmente impresso in questi due anni di attività?

RT: Avevamo il nostro spettacolo di febbraio, che è l'evento più grande che organizziamo ogni anno, il fine settimana che Londra è rimasta bloccata nella neve (il primo fine settimana di Marzo, NdI). Ho passato tutto il giorno a rispondere a telefonate di gente che chiamava per chiedere se lo spettacolo era cancellato. Eravamo determinati ad andare avanti e farlo lo stesso, ma ci aspettavamo che la sala fosse praticamente vuota. Invece alla fine la sala era piena, è stato il nostro spettacolo di maggior successo di tutti i tempi. Alcuni artisti non hanno potuto raggiungerci perché i trasporti erano cancellati per via della neve. Uno di loro, Laurence Owen, che vive a Norwich, è rimasto bloccato a casa, ma lo abbiamo contattato via Skype e ha fatto il suo pezzo lo stesso, l'abbiamo proiettato su uno schermo sul palco. È stato molto toccante per tutti, vedere che sia gli artisti che il pubblico avevano fatto uno sforzo simile per partecipare a dispetto delle difficoltà.

CS: Come vedi il futuro di questa iniziativa?

RT: Come dicevo, siamo ancora un'associazione molto giovane, con solo due anni di lavoro all'attivo. Il nostro obiettivo principale è di aumentare ancora la quantità di fondi raccolti. Alla chiusura dei conti per quest'anno, che è stata adesso a marzo, abbiamo raggiunto la quota di trentacinquemila sterline, cinquemila più dell'anno scorso. Se riuscissimo a continuare a crescere a questo ritmo potremmo espandere le iniziative che abbiamo già a livello locale. Le persone coinvolte nell'iniziativa hanno tutte una certa esperienza nell'ambito dell'organizzazione di eventi di cabaret e vorremmo continuare a produrre qualcosa di nuovo, che sia non solo utile ma anche divertente per chi partecipa. Uno dei miei sogni nel cassetto è avere un giorno qualcuno che vinca la maratona di Londra per Cabaret Vs Cancer.

 

Immagine ripresa liberamente da twitter.com/berniemagic

Ultima modifica il Martedì, 20 Marzo 2018 18:52
Chiara Strazzulla

Nata in Sicilia, ha studiato a Roma e Pisa e vive a Cardiff, in Galles, dove lavora a un dottorato in Storia Antica e insegna latino. Autrice di prosa e teatro, è pubblicata in Italia da Einaudi Editore.

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