Il vampirismo come patologia scientifica, avversato da pochissimi protagonisti consapevoli di ciò a cui sta andando incontro il mondo. C’è molta lucidità nella descrizione delle singole scene e al sottofondo di natura medica si aggiunge l’arte del derattizzare (con tanto di manuale citato che fa da base per la conoscenza di come si estirpano le infestazioni).
La Progenie è una meravigliosa opera horror contemporanea, in cui con terrificante verosimiglianza si susseguono episodi agghiaccianti e si delinea un’inesorabile trama apocalittica. L’insieme tende a confondersi dal secondo volume, per perdersi in qualche tratto su lidi esoterici su cui si poteva lavorare meglio.
La scrittura non è comunque ostica e una volta superate le 500 pagine non si fa fatica ad arrivare alla fine della trilogia. Anche perché il punto di forza resta la storia, versatile e capace di adattarsi in modo piacevole anche alle strisce disegnate (il fumetto in Italia è uscito sotto il titolo “The Strain”, in sei albi Panini, anche se è prevista la ristampa in due volumi a partire da settembre).
La Progenie resta comunque un libro da divorare, magari prima che la serie televisiva venga tradotta in italiano (negli USA ha iniziato a uscire il 13 luglio), anche per riuscire ad apprezzare fino in fondo la trasposizione della FX, che nelle prime tre puntate ha regalato grandi soddisfazioni.
L’avvio della storia è sul pulp, tanto che nel libro i toni si fanno sempre più cupi. Non c’è molto dei vampiri ora di moda tra gli adolescenti. Il clima ricorda più Cronenberg e ovviamente la cinematografia di Del Toro.
Per quanto riguarda la versione televisiva si tratta di un nuovo capitolo della produzione artistica di un uomo che ha deciso “che non c’era ragione perché non vivessi finalmente come avevo sempre sognato di fare quando avevo nove anni [...]. Ora sono l’uomo più felice del mondo”.
Si era già potuto notare in Pacific Rim una minore distanza tra le volontà di un ragazzo che ha superato i 50 anni senza perdere le proprie passioni e le possibilità (tecniche ed economiche) di realizzazione.
“Una riflessione sul male nelle sue diverse declinazioni”, con quello sfondo politico di impegno antifascista che muove Del Toro in tutte le pellicole, a partire da La Spina del Diavolo e Il Labirinto del Fauno.
In tempi in cui il fantasy e l’horror sono definitivamente diventati mainstream, difficile riuscire a cogliere la reale qualità di un prodotto a prescindere dalla capacitò degli uffici commerciali.
Qui però si parla di Del Toro e di una serie di personaggi su cui litigare tra amici per l’eternità, perché non ci sono buoni e cattivi quando arriva l’apocalisse: si può solo sopravvivere o soccombere, senza essere certi di qual’è la scelta migliore quando si ha a che fare con i vampiri di The Strain.
L'immagine è liberamente tratta da seesound.it (ed è in realtà legata a Blade II), le dichiarazioni di Del Toro sono tratte dall'intervista su il manifesto del 29 luglio 2014, a cura di Luca Celada)
Immagine tratta da www.kryptonradio.com.