Uno dei marxisti italiani più rigorosi, Antonio Labriola, nel 1897 definiva la filosofia della praxis riprendendo le Tesi su Feuerbach, in seguito Gramsci chiarì come «l’essere non poteva essere disgiunto dal pensare, l’uomo dalla natura, l’attività dalla materia, il soggetto dall’oggetto; e se si fa questo distacco si cade in una delle tante forme di religione o nell’astrazione senza senso». Quindi, l’uomo stesso tramite questa filosofia viene concepito come una «serie di rapporti attivi (un processo)», tali che esso «non entra in rapporto colla natura semplicemente per il fatto di essere egli stesso natura, ma attivamente, per mezzo del lavoro e della tecnica» (Quaderni del Carcere). Ora quello che accadde durante la Rivoluzione d’Ottobre ce lo ha spiegato Gramsci attentamente ed è ben condensato nel suo articolo La Rivoluzione contro il Capitale (vedi qui), dal quale emerge come da questa filosofia sia necessario porre come «fattore di storia non i fatti economici, bruti, ma l'uomo, ma la società degli uomini, degli uomini che si accostano fra di loro, si intendono fra loro, sviluppano attraverso questi contatti (civiltà) una volontà sociale». Solo così si può intervenire concretamente sulla Storia rivoltando i rapporti di forza esistenti, non subendoli più passivamente lasciandosi porre come subalterni rassegnati. In base a questa filosofia gli uomini infatti «comprendono i fatti economici e li giudicano e li adeguano alla loro volontà», in poche parole fanno la Storia anziché lasciarsi gettare dal dominio di classe nel tritacarne della Storia.
Storie di Nobel
116 anni, 585 Nobel: 892 persone e 27 organizzazioni. Ecco qualche storia che merita di essere conosciuta!
Albert Einstein vinse il Premio Nobel per la fisica nel 1921. Sapete per cosa? Beh, non per la relatività come ci si potrebbe aspettare, ma per la scoperta dell’effetto fotoelettrico1. Non sapete cosa sia? Non siete di certo gli unici! Sappiate però che molti Nobel sono stati vinti con motivazioni molto diverse da quelle che si potrebbe pensare!
Di lavoro, falsi dati e finte aspettative (future)
La crisi endemica che ha colpito l’attuale sistema capitalistico, ormai dieci anni fa circa, non accenna ad arretrare, al massimo producendo uno 0,1% una tantum... numeri buoni per statistiche di governance tanto articolate, quanto completamente scollate dalla realtà.
Un quadro alquanto tetro se si pensa che, oltre ad essere uno stato naturale delle cose, la crisi decennale ha portato ad una serie di riforme che hanno distrutto lo scoloratissimo welfare state ereditato dagli anni passati.
Quale processo unitario a sinistra?
1. L’incertezza culturale che sino a tutto agosto ha fatto perdere tempo
I due fattori culturali di quest’incertezza: la complessità della crisi sociale e politica italiana, la vischiosità del rapporto tra posizioni liberal-democratiche ed élites della sinistra politica.
Il primo fattore dell’incertezza è dato da qualità, determinazioni e vissuti popolari della crisi sociale italiana (ma, si dovrebbe aggiungere, dell’intera Europa mediterranea e degli Stati Uniti). In breve, si tratta del quesito se questa crisi risalga semplicemente a una caduta delle condizioni di vita popolari causata dalla perdita di posti di lavoro, dalla precarizzazione della condizione lavorativa, dall’abbattimento dei diritti del mondo del lavoro, dalla gigantesca disoccupazione del Mezzogiorno, dunque risalga un po’ alla storia e un po’ a trent’anni di neoliberismo e di libero scambio incontrollati; oppure se a questa caduta si unisca un ulteriore fattore altrettanto decisivo, quello (recuperando a figure di studiosi che di ciò si occupano anche da tempo) della dissoluzione dei “mondi di vita” popolari e dell’impossibilità di ricostituirli, poiché ogni tentativo in questo senso è automaticamente contrastato dalle condizioni sistemiche create da neoliberismo e libero scambio.
Come avviene puntualmente, anche questo nuovo anno di lavori per il Parlamento Europeo si è aperto con il discorso sullo stato dell’Unione tenuto dal presidente della Commissione Europea Junker.
Il discorso di questo 2017 ha colpito particolarmente chi scrive da una parte per un generale carattere di ottimismo per le attuali condizioni e le prospettive di questa nostra Unione (elemento del tutto assente dal discorso di un solo anno fa), dall’altro per alcuni elementi molto specifici inerenti i singoli temi trattati.
Genealogia dell'ordoliberalismo - II parte: Il Governo della Società
Qui la parte I, qui la parte III
Se l'ordoliberalismo, da fenomeno accademico di nicchia, può imporsi già nell'immediato dopoguerra come la scuola di riferimento per la programmazione economica tedesca, serviranno molti anni prima che questa nuova dottrina possa imporsi anche a livello simbolico, che possa essere accettata in maniera diffusa dalla società tedesca. Il sessantotto rappresenterà, da questo punto di vista, un momento di svolta. Il fallimento delle agitazioni in Germania, che culmina con il tragico episodio dell'attentato al leader del movimento studentesco Rudi Dutschke, significherà la fine delle speranze di generare un movimento rivoluzionario di massa. Qualche irriducibile passerà così a una temeraria lotta armata il cui destino sembrava già scritto (come nel caso della RAF), mentre la maggior parte si riallineerà con l'SPD che, già da qualche anno, col congresso di Bad Godesberg (1959), aveva accettato l'economia di mercato e ripudiato il marxismo.
Nel luglio 1979 l’allora Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, tenne un discorso alla nazione in cui parlò della “crisi di fiducia” che stava colpendo il Paese.
Alla chiusura degli anni Settanta, con la sconfitta in Vietnam, lo scandalo Watergate, due shock petroliferi (di cui il secondo in pieno svolgimento), gli Stati Uniti vedevano appannarsi non soltanto la propria proiezione imperiale ma anche il nerbo industriale che da decenni nutriva il sogno americano. Quel sogno si era già deformato in un grottesco incubo: «L’identità umana», ammonì Carter, «non è più definita da ciò che uno fa, ma da ciò che uno ha. Ma abbiamo scoperto che avere cose e consumare cose non soddisfa il nostro desiderio di significato».
La Gabbia dei Trattati
Il saggio di Matteo Bortolon sui trattati di libero scambio
«Uccidere o fare del male in modo aperto è potenzialmente inefficace, suscita ripulsa e senso di ingiustizia, ed è dispendioso; opprimere attraverso meccanismi più anonimi (come l'innalzamento dei prezzi dei generi alimentari o il taglio ai redditi medio-bassi) suscita meno opposizione e rende difficile individuare l'avversario. Un tratto di penna, sprofondando milioni di persone nella miseria, può fare più morti di una colonna armata».
Crisi in Venezuela: che destino per la rivoluzione bolivariana?
Il governo venezuelano di Maduro in questi ultimi mesi si trova di fronte a una grave crisi di consenso che tuttavia andrebbe indagata a fondo per capirne le reali cause. Se da un lato vi sono stati errori strategici di gestione della rivoluzione, già chiaramente riconoscibili nell'ultimo periodo di governo Chavez, oggi siamo di fronte alla stretta finale di ciò che resta della rivoluzione bolivariana.
La borghesia compradora ancora fortissima in un paese dal passato coloniale così importante è tornata a sferrare il suo attacco nel momento di maggior fragilità e isolamento del Venezuela incamminato sulla strada del Socialismo del XXI secolo. Non ci sono più né Fidel Castro né Hugo Chavez e il contesto internazionale, con l'imperialismo di Trump scatenato, appare propizio.
I signori della cenere: una distopia per spiegare il presente
Per capire la crisi economica iniziata “ufficialmente” nel 2008 può esserci utile la figura dello wanax, figura apicale della civiltà micenea? Il collettivo Tersite Rossi ne è convinto, proponendo un romanzo capace di affondare la descrizione della società contemporanea attraverso un articolato complesso narrativo, dal ritmo avvincente e capace di non disperdere il lettore tra i numerosi livelli proposti. La società umana trapela nello scorrere dei secoli in una sorta di ciclica affermazione di dominio e violenza, progressivamente sempre più forte nel rimuovere ogni forma di dissenso. Gli autori, al loro terzo romanzo, optano per un presente distopico come contesto, scegliendo ampie coordinate geografiche (New York e Firenze, tra le altre capitali del globo) e un vasto orizzonte culturale da cui attingere (antropologia, sociologia, scienze economiche, accompagnate da citazioni di Guerre Stellari). L’apparente ineluttabilità delle condizioni in cui viviamo emerge nelle pagine con una veste oscura, trasmettendo un’inquietudine in grado di far dubitare anche i più convinti sostenitori della storia come percorso di progressiva evoluzione.
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).