Nato a Bozen/Bolzano, vivo fuori Provincia Autonoma da un decennio, ultimamente a Torino. Laureato in Storia all'Università di Pisa, attualmente studio Antropologia Culturale ed Etnologia all'Università degli Studi di Torino. Mi interesso di filosofia delle scienze sociali, antropologia culturale, diritti delle minoranze e studi sull'educazione. Intellettualmente sono particolarmente influenzato dai lavori di Polanyi, Geertz, Wittgenstein e Feyerabend, su cui mi sono formato, oltre che dal postoperaismo e dal radicalismo statunitense. Nel tempo libero coltivo la mia passione per l'animazione, i fumetti ed il vino.
Da quando con l'estate gli sbarchi sulle coste italiane si sono fatti più frequenti la battaglia di dichiarazioni tra Italia e Austria sulla gestione dei confini e dei flussi migratori si è fatta particolarmente violenta. Paradossalmente, a questo profluvio verbale corrisponde una realtà sostanzialmente normalizzata: sono ormai pochissimi i migranti che tentano il viaggio verso le città austriache o verso Monaco di Baviera via Brennero, in quanto i mezzi di trasporto pubblici per la cittadina di confine sono da mesi pesantemente controllati da polizia italiana e personale FS e raggiungere il confine in altri modi è o molto disagevole o impossibile. I roboanti ultimatum di alcuni ministri austriaci – e le altrettanto precipitose smentite di altri membri dello stesso Governo uscente – riflettono quindi più che altro la situazione di campagna elettorale in cui si trova il Paese, come è stato giustamente notato da molti. Ma, nonostante tutto, la situazione politico-elettorale di oltreconfine è poco conosciuta al di qua del Brennero. Vale la pena provare a diradare un po' di foschia.
La necessità per Theresa May di costruire una coalizione parlamentare in grado di sostenere un governo di minoranza conservatore tra le fila dei dieci parlamentari unionisti, a seguito della dura “non vittoria” patita nelle elezioni dello scorso 8 giugno, ha sicuramente attirato l'attenzione verso la politica Nord irlandese, altrimenti di norma ignorata dai più.
I seggi in palio nelle piccole contee nordirlandesi sono appena diciotto, di cui attualmente – a seguito delle scorse elezioni – sette in mano allo Sinn Féin, storicamente si rifiuta di sedere a Westminster, mentre le restanti constituencies sono rappresentate da membri del Democratic Unionist Party (10) e da una indipendente unionista. Gli altri due partiti parlamentari “storici” delle comunità unionista e repubblicana, rispettivamente Ulster Unionist Party e Social Democratic and Labour Party, sono stati azzerati dal responso delle urne dopo un lungo declino. Alla polarizzazione storica tra comunità si è aggiunta la recente polarizzazione causata dalla Brexit, con il SF assolutamente pro-remain (e infatti ha vinto o si è consolidato nella maggior parte delle circoscrizioni adiacenti al confine terrestre con la Repubblica d'Irlanda) e il DUP schierato con il leave.
Non sembra avere pace lo spettacolo “Fa'afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro” di Giuliano Scarpinato.
Fa'afafine parla di un bambino che scopre la fluidità della propria identità di genere. Lo spettacolo è rivolto in primo luogo alle scuole in un'ottica di educazione alle differenze e al rispetto reciproco, e prende il nome dai Fa'afafine della isole Samoa, persone che vivono riconoscendosi in un terzo genere. Lo spettacolo ha vinto importanti premi e ha ricevuto sostegno anche da Amnesty International. Riconoscimento che non sembra essere bastato: Fa'afafine ha scatenato infatti una lunga serie di polemiche lungo tutta la Penisola.
Dopo un travaglio durato quasi sei mesi l'Austria ha un nuovo presidente, l'indipendente “verde” Van der Bellen. Ultrasettantenne, professore universitario di economia, rifugiato e “figlio di rifugiati”, come ha rivendicato durante la campagna elettorale – discende infatti da esponenti della media nobiltà dell'Impero russo, trasferitisi in Estonia e poi fuggiti in Austria dopo l'invasione sovietica del Paese baltico – Van der Bellen, il vincitore del ballottaggio dello scorso 4 dicembre, di per sé è quanto di più lontano dal profilo dei candidati populisti alla ribalta in tutta Europa, compreso il suo avversario di estrema destra Hofer.
Da più parti, dopo un'epoca di condivisa riprovazione, si invoca in questo periodo la categoria del “populismo” come risposta salvifica o come strategia vincente. La Brexit e la vittoria di Donald Trump alle elezioni USA hanno di sicuro attirato ulteriormente l'attenzione verso il populismo di destra ed i suoi pericoli per l'Europa e per le minoranze.
Pensare Fidel Castro senza coccodrilli, pensando alla Storia
Il 25 novembre di questo 2016 è morto Fidel Castro, all'età di novant'anni.
Il Becco non vuole dedicargli il “coccodrillo” di rito, e l'Autore condivide questo orientamento. Più importante è cercare di pensare la figura di Castro, ora che l'uomo – un uomo lucido fino all'ultimo, sempre pungente nelle sue riflessioni affidate alla scrittura – è perduto e rimane solamente la Storia.
[Un piccolo partito dell'estrema destra italiana ha inscenato un “volantinaggio di sensibilizzazione” a Prato, distribuendo un farneticante volantino di “regole” che i migranti “dovrebbero rispettare. Lo scrivente ha voluto rispondere loro così.]
L'Italia da bravo esempio della fortezza Europa vi ha sbattuto le porte in faccia, lasciandovi in preda ai lager per migranti libici, morire in mare, e se proprio vi va tutto bene mesi in galera in un CIE. Ora, se siete proprio impazziti e volete proprio rimanerci, dovete conoscere le sue regole:
Recentissima la notizia del primo sciopero nel punto vendita fiorentino di Eataly, proclamato dai COBAS – si legge – per contestare “il mancato rinnovo dei contratti di somministrazione in scadenza, la mancata stabilizzazione dei contratti a tempo determinato, le condizioni di lavoro, la totale arbitrarietà dell'azienda nell'organizzazione del lavoro, il rifiuto da parte dell'azienda ad un qualsiasi confronto con i lavoratori”.
La volontà di leggere i processi storici e culturali per combattere e vincere la battaglia culturale contro i rigurgiti nazifascisti. Questa (oltre al richiamo di nomi come Banti, Crescenzi, Battaglia e Wu Ming) l'esigenza che ha spinto circa cento persone a gremire l'aula magna di palazzo Matteucci – sede del Dipartimento di Filologia Letteratura e Linguistica dell'Università di Pisa e vicinissimo a palazzo Ricci, storica sede della Facoltà di Lettere – nel pomeriggio di mercoledì 16 aprile, per la conferenza “l'appropriazione politica di una tradizione” sull'improprio utilizzo della mitologia, specialmente nordica, da parte delle destre europee; organizzata e promossa da Lettere Rosse, gruppo dell'area umanistica del sindacato studentesco Sinistra per..., che in collaborazione con il circolo Arci “Pace e Lavoro” ha anche curato la presentazione serale del nuovo libro del collettivo Wu Ming, “L'armata dei sonnambuli”.
Il viaggio inizia la mattina del 15, prestissimo. Due intercity e un treno locale, proprio quegli intercity che Trenitalia ha tagliato ovunque e cui ha tutta l'intenzione di dare il colpo di grazia.
Il primo intercity viaggia senza problemi fino a Genova, dove ad aspettarci sul tabellone ci sono centoventi scoraggianti minuti di ritardo. Quest'altro intercity non ce l'ha fatta – ci dicono al banco informazioni – il locomotore si è rotto a Novi Ligure, bisogna mandare un altro locomotore a prenderlo per trainarlo fino a Genova. State tranquilli, è robetta, e a Torino chiedete il bonus (si chiama così, apprendo, la forma di rimborso parziale che spetta ai viaggiatori per ritardo del treno).
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