La Battaglia delle Cinque Armate va a concludere una saga, va detto, un po' tirata per le lunghe. Lo stesso Peter Jackson ha ammesso che, originariamente, il progetto di Lo Hobbit prevedeva due film: un primo che raccontasse la prima parte del viaggio, il secondo, a partire dall'arrivo nel regno elfico di Erebor, il ritorno di Bilbo nella Contea. A riprese praticamente finite, nel 2012, il regista ha deciso che i due film diventassero tre: gli attori sono stati richiamati sul set e sono state le varie integrazioni. Il risultato, nemmeno a dirlo, sono state oltre sette ore di film: quasi la durata complessiva de Il Signore degli Anelli, per quanto i due romanzi non siano paragonabili.
Altra critica da muovere al regista è quella che boccia il tentativo di rendere commerciale il film, richiamando personaggi che hanno spopolato ne Il Signore degli Anelli ma che Tolkien, pace all'anima sua, non ha fatto comparire ne Lo Hobbit (parliamo ovviamente del biondissimo e agilissimo Orlando Bloom che interpreta Legolas, che in questa trilogia è pure, inaspettatamente, principe) o inserendo bellissime elfe solo per farle amoreggiare con bellissimi nani che dovrebbero in realtà essere brutti e tozzi.
Detto tutto questo (ed evitiamo di puntualizzare sui singoli dettagli... Aggiungo solo che le armate che si scontrano nella battaglia campale erano cinque nel romanzo ma non lo sono nel film), non riesco a dire che Lo Hobbit – La battaglia delle Cinque Armate sia un brutto film. I prodigi della tecnica, soprattutto se impiegati bene, riescono a metterci davanti agli occhi immagini meravigliose, che, ad esempio, solo mostrando lo schierarsi di due eserciti, rendono perfettamente l'idea dell'agilità e della perfezioni degli elfi e la solidità e la tenacia dei nani. I paesaggi mozzafiato (gran parte delle riprese sono state fatte in Nuova Zelanda, proprio come la prima trilogia) e la fotografia epica tracciano un filo rosso che riporta dritto dritto a Il Signore degli Anelli. E nonostante questo, Jackson è riuscito a dare ai due lavori due diversi sensi, proprio come fece Tolkien con la sua penna: se Il Signore degli Anelli è l'opera principale in cui si racconta come viene salvato il mondo, lo Hobbit è una fiaba che racconta le avventure di un piccolo essere che, girando per il mondo, incontra strani personaggi e ha modo di dimostrare quanto vale. Il regista, come dicevo, è riuscito a rendere alla perfezione la differenza tra le due opere, inserendo ne Lo Hobbit scene divertenti e personaggi buffi.
Capisco benissimo l'irritazione che sale a chi, dopo aver passato anni a leggere, sognare e poi rileggere Tolkien, si trovi davanti alla strumentalizzazione a fini commerciali delle opere (mi ci metto anche io, che ancora non ho digerito Malefica che, interpretata da Angelina Jolie è Malefica solo di nome e non di fatto). Detto questo, forse dovremmo imparare a prendere le cose con più tranquillità. Quelli di Jackson, nonostante le imperfezioni, sono oggettivamente dei bei film. Sono ben girati, con effetti speciali che ricreano alla perfezione l'atmosfera fantasy e con colonne sonore sempre all'altezza. Proviamo a liberare il cervello e a sederci sulla poltroncina rossa con l'unica intenzione di goderci una bella storia. Niente secondi fini, nessuna ricerca di utilità se non quella del piacere, fine a se stesso, del racconto. Di sicuro sarebbe tutto più facile.