Sabato, 10 Febbraio 2018 00:00

Ore 15:17: Eastwood e l'eroe USA tra realismo, cliché e poco equilibro

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Ore 15:17: Eastwood e l'eroe USA tra realismo, cliché e poco equilibro

"Il treno è il mondo, noi siamo i sopravvissuti, senza di te l'umanità cesserà di esistere" - diceva il saggio John Hurt a Chris Evans in Snowpiercer.

Non sono diventato megalomane e non faccio la pubblicità alle ferrovie (sono figlio di ferrovieri).

È solo che ultimamente il cinema è salito spesso sui binari e a bordo dei vagoni. La ragazza del treno, L'uomo sul treno, Assassinio sull'Orient Express sono gli ultimi autorevoli esempi. Stavolta però è tutto molto diverso. Vi spiego perchè.

21 Agosto 2015, è sera. Il treno Thalys 9364, partito da Amsterdam alle 15:17, sta lasciando Ognies (città della Francia poco dopo il confine con il Belgio) per dirigersi verso Parigi. A bordo ci sono 554 passeggeri, tra cui gli statunitensi Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos.

Gli ultimi 2 sono membri in licenza dell'armata USA. Uno di loro sospetta che ci sia qualcosa che non va quando trova il bagno occupato per molto tempo.

«Oggi viviamo in un mondo in cui non ci sono sicurezze, puoi camminare su un marciapiede e qualcuno cerca di investirti. Il fato gioca una grossa parte in tutto questo. Mentre giravamo a Parigi succedevano cose terribili in Spagna, a Barcellona, e altrove. Cammini tranquillo per strada e un pazzo ti schiaccia con un camioncino sul marciapiede. Come puoi non sentirti paranoico e pessimista?» - ha dichiarato in una recente intervista Clint Eastwood.

Infatti a bordo del Thalys 9364 il venticinquenne marocchino Ayoub El Khazzani sta progettando un attentato terroristico. Poco dopo, armato di kalashnikov, viene bloccato e disarmato dai tre americani giusto in tempo prima che spari sui passeggeri. Il fucile dell'assalitore si è inceppato e rende la cosa più semplice per i tre e per l'inglese Chris Norman, che li aiuta nel gesto.

Ayoub El Khazzani era noto alle autorità francesi e spagnole come una persona pericolosissima. Era favorevole alla jihad ed era stato identificato per traffico di stupefacenti.

Per oltre un'ora Eastwood si concentra sui tre ragazzi (2 bianchi e un nero), cresciuti in un'America cattolica con la passione per le armi. Sono tre giovani repubblicani del ceto medio, con madri single, non particolarmente svegli e poco talentuosi (infatti si incontrano ripetutamente dal preside).

Solo nell'ultima parte parla dell'attentato.

Peccato perchè è proprio questa la parte interessante del film, con una regia abbastanza ispirata. Come Bradley Cooper in American Sniper e Tom Hanks in Sully, i tre protagonisti devono assumersi delle alte responsabilità in momenti difficili. La posta in gioco è la vita di oltre 500 persone.

Quella vecchia volpe di Clint Eastwood (87 anni!) si è reso conto che questa storia andava raccontata. Era un racconto vero sulla scia de Gli spietati, Gran Torino, Million Dollar Baby, ma anche l'ideale epilogo della trilogia sull'eroismo iniziata con American Sniper e poi proseguita con lo splendido Sully.

Negli occhi di Clint si vedono ancora passione, energia e determinazione come quando faceva il pistolero e urlava Al cuore, Ramon.

A maggio compirà 88 primavere, ma l'idea del ritiro neanche gli sfiora l'anticamera del cervello.

Qualche anno fa incontrò Stone, Skarlatos e Sadler a Culver City. Loro stavano scrivendo il libro. Eastwood capì che doveva comprare i diritti del manoscritto perchè il materiale per fare un film c'era.

«L'ho trovato stimolante, sono sempre interessato a cercare di capire cosa spinge un individuo a compiere certe azioni nell'arco della sua vita» - ha dichiarato.

Poi il progetto è stato approvato e il regista ha fatto una scelta spiazzante: prendere i protagonisti della storia reale e catapultarli sul set. Tutti, tranne l'attentatore El Khazzani, ovviamente. Basta divi di Hollywood! Bisognava ricreare la realtà, il panico a bordo come se lo spettatore fosse sul treno.

Oltre ai tre protagonisti, Eastwood ha voluto con sé anche le infermiere, i poliziotti, i detective francesi (Mark Moogalian, con sua moglie, passeggera su quel treno) per rendere l'operazione il più reale possibile.

Anche se i tre hanno dichiarato di non essere degli eroi. «Le nostre azioni sono dovute all'istinto di sopravvivenza».

L'operazione è interessante: è come se il neorealismo italiano incontrasse la Novelle Vague francese in un film americano, prodotto da Warner Bros.

Roba dell'altro mondo.

Ovviamente i dubbi erano tanti.

Clint non ha tentennato e anche stavolta ha tratto il meglio da ciò che aveva a disposizione. «Dai tre ragazzi volevo la verità che con attori professionisti non puoi ottenere. Come dicevo prima nessun attore vuole interpretare sé stesso, essere sé stesso sul set. È per questo che sceglie di impersonare altre psicologie. È come lavorare con i bambini, che sono molto interessanti perché sono naturalmente dei grandi attori, ma nel momento in cui inizi a girare nella maggior parte dei casi diventano tremendi. Perché perdono verità, spontaneità. Oppure molti interpreti se sono bravi da bambini poi crescendo perdono le loro capacità. E questo perché iniziano semplicemente a pensare troppo».

Tuttavia il film non è esente da difetti perchè Eastwood sembra interessato a fare politica. L'imparzialità delle sue opere migliori (Mystic River, Changeling, Gran Torino, Million Dollar Baby sono degli ottimi esempi) qui non c'è.

Tranne la splendida parte in cui si racconta l'attentato, per il resto il film è pregno di retorica repubblicana e sa di artificioso. Poteva essere, sulla scia di American Sniper, l'altra faccia di Lettere da Iwo Jima (che raccontava la guerra tra americani e giapponesi dagli occhi del nemico). E invece ecco che escono discorsi come «ho sempre desiderato andare in guerra a salvare vite».

Quando i ragazzi vanno a giro per l'Europa, il film gioca le sue carte peggiori. E si capisce il nesso delle lamentele degli europei sugli americani quando sono in vacanza. Si sentono frasi come «quanto sono vecchi quei monumenti» (tra gli stereotipi naturalmente non manca l'Italia visto che il film è stato girato a Roma e Venezia). L'idea che gli statunitensi sono i salvatori del mondo è tangibile, l'Europa è il loro parco divertimenti. Ci hanno salvato e gli europei si devono inchinare: questo sembra essere (purtroppo) il leitmotiv.

C'è solo l'intramezzo di una guida di Berlino che ricorda che Hitler si tolse la vita mentre erano i sovietici a entrare in città, non gli americani. Troppo poco.

Ma c'è una cosa persino più grave: prima si critica i terroristi e poi si vedono scene con americani che hanno il rosario nella mano destra e i caricatori nella sinistra. Anche i bambini trovano conforto nelle armi.

Cosa assai grave visto quello che lo stesso regista fu capace di fare, sul tema della fanciullezza, in Mystic River (il mio film preferito di Clint). Da un maestro come Eastwood che ha sempre equilibrato tutti gli ingredienti delle sue storie, tutto ciò lo trovo un controsenso.

Lo sapete tutti, è un conservatore, odia il buonismo, il bigottismo ed è un convinto sostenitore della NRA, l'associazione che agisce per tutelare l'interesse dei detentori di armi da fuoco in America.

«Ci stiamo tutti segretamente stancando del politicamente corretto, quella in cui siamo è una generazione di leccaculo e di fighette. Per questo voto Trump, anche se ha detto un sacco di cose stupide» - disse oltre un anno fa.

Tuttavia bisogna dire che Clint ha elogiato anche persone che la pensano diversamente da lui (Nelson Mandela in Invictus).

Ai tempi di American Sniper, criticò aspramente la politica estera del suo Paese (al Governo però c'era il democratico Obama).

«Devono farla finita di esportare la democrazia. Gli Usa hanno deposto Saddam Hussein, ma in fin dei conti ne è arrivato un altro al potere, ugualmente terribile se non peggio».

Non fate arrabbiare Clint. Se prende in mano il fucile, quelli con la pistola e i politicamente corretti ... conoscono il loro destino.


ORE 15:17 - ASSALTO AL TRENO **1/2 (USA 2018)

Regia: Clint EASTWOOD

Sceneggiatura: Dorothy BLYSKAL

Fotografia: Tom STERN

Cast: Spencer STONE, Anthony SADLER, Alek SKARLATOS, Judy GREER, Ray CORASANI

Durata: 1h e 34 minuti circa

Distribuzione: Warner Bros

Uscita: 8 Febbraio 2018

Trailer: youtu.be/-J6axLCa-Ao 

Tratto dal libro: The 15:17 to Paris: The True Story of a Terrorist, a Train, and Three American Heroes di Jeffrey E. Stern, Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos

La frase: «Quando coltivi un sogno a un certo punto avviene un cambiamento, impari a puntare più in alto».


 TOP

- La coerenza della filmografia di Clint Eastwood da regista.

- Eastwood come al solito parte da una storia vera per riflettere sull'attualità.

- Il film chiude la trilogia dell'eroe, dopo American Sniper e Sully.

- La regia avvolgente. Sembra di essere a bordo del treno, ma solo nell'ultima mezz'ora di film.

- La guida di Berlino, che ricorda che la fine di Hitler avvenne per l'accerchiamento dei sovietici e non degli americani, ci fa capire l'intelligenza del conservatore Eastwood.

- L'impiego dei veri protagonisti della vicenda che alimentano il realismo dell'opera.

FLOP

- Troppa retorica repubblicana a stelle e strisce.

- Clint Eastwood fa politica (è sostenitore di Trump). Manca l'equilibrio delle sue opere politiche precedenti (Gran Torino, Sully, Changeling).

- La parte girata in Europa è zeppa di clichè (Italia compresa). L'idea che gli statunitensi siano i padroni del mondo pare evidente.

- I protagonisti non sono degli attori e la cosa si avverte. Tuttavia per imprimere realismo alla storia, l'idea non è sbagliata.

- Si critica i terroristi e poi si vedono persone con rosari e armi in mano. Una scelta molto americana.

- La sceneggiatura è abbastanza piatta e fatta con il pilota automatico.



Immagine di copertina fornita dall'autore dell'articolo, rimaniamo a disposizione per il riconoscimento della fonte da cui è tratta. Locandina del film e copertina del libro sono quelle ufficiali, l'ultima immagine è stata ripresa liberamente da images.everyeye.it

Ultima modifica il Sabato, 10 Febbraio 2018 00:22
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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