Eppure se si scava un po', ci si accorge che le cose non vanno così.
Il passato serve a comprendere il presente. Il dubbio è sempre la migliore delle certezze.
Ci sono dei registi che fanno film per dire la propria opinione sull'attualità. Uno di questi è Scott Cooper, già regista di Crazy Heart, Il fuoco della vendetta e Black Mass. Ha fatto suoi questi concetti e ha scelto di sfidare il pubblico riportando nelle sale un genere, il western, considerato ormai saturo da almeno 25 anni.
A dirla tutta Cooper ha sempre trattato nei suoi film la lotta di uomini contro ambienti ostili, indipendentemente dal fatto che siano cantanti (Crazy Heart), operai in un'acciaieria (Il fuoco della vendetta) o gang mafiose (Black Mass).
Questa è un'opera dal sapore antico e classico, sulla scia del remake di Quel treno per Yuma (2007) diretto da James Mangold (guarda caso nel cast c'erano sia Christian Bale sia Ben Foster). Prendendo spunto da Balla con i lupi, Cooper mostra il cuore del film attraverso l'aforisma dello scrittore e poeta D.H. Lawrence: "nella sua essenza l'anima americana è dura, solitaria, stoica e assassina e finora non si è mai ammorbidita".
Siamo nel 1892 in piena rivoluzione industriale, a Fort Berringer (New Mexico). Gli indiani sono stati sconfitti, gli indigeni sono tenuti prigionieri dai bianchi. Da 7 anni il capo dei nativi americani, Falco Giallo (Wes Studi, l'indimenticabile Magua de L'ultimo dei Mohicani), è rinchiuso in prigione. L'uomo è malato di cancro. Ha chiesto e ottenuto di morire nella sua terra d'origine: il Montana (se pensate alla carne in scatola, l'espulsione è vostra di diritto).
Il capitano Blocker (Christian Bale, che torna a lavorare con Cooper dopo Il fuoco della vendetta) viene incaricato di riaccompagnare lui e i suoi familiari garantendo di fatto la sicurezza per lo Stato. L'uomo, noto per il suo leggendario passato da combattente e per il suo presente da carceriere, durante la sua vita ha sfidato gli indiani e ha visto morire numerosi uomini per mano di Falco Giallo. Blocker però è noto anche per le violenze su vittime inermi e nel corso degli anni ha maturato un odio profondo verso i pellerossa. Accetta l'incarico solo per arrivare alla pensione (evidente citazione a Gli spietati del vecchio grande Clint).
Fortunatamente lì l'impavida e acerrima nemica di tanti italiani, l'ex ministro Elsa Fornero, è un nemico sconosciuto. E non è nemmeno una pellerossa, altrimenti sarebbe già passato il più noto dei bounty killer nordisti (il padano Matteo Salvini).
Sarà un viaggio di oltre 1000 miglia, ricco di insidie, imboscate stile "ultimo dei Mohicani", scontri a fuoco. Ci sarà anche l'incontro con il sanguinario sergente Wills (Ben Foster, il Lance Armstrong di The Program). E poi c'è una donna dal carattere forte, di nome Rosalee (Rosamund Pike de L'amore bugiardo di Fincher), dilaniata dal dolore dopo che la famiglia gli è stata sterminata da una banda di ladri di cavalli (bellissimo il prologo del film che ricalca la struttura di Bastardi senza gloria di Tarantino). Anche lei si unirà al gruppo insieme al tenente Kidder, il sergente Metz e il caporale Woodson e il "novellino" francese (Timothee Chalamet, visto in Chiamami col tuo nome di Guadagnino).
Per raggiungere la meta, oltre al coraggio, dovranno mettere da parte la paura e l'ostilità reciproca. Unire le forze, comprendendosi, sembra l'unica medicina per salvare la loro dannata pellaccia.
Ancora una volta le minoranze sono al centro della narrazione.
Hostiles è un western brutale, classico, non originale sicuramente, ma attualissimo.
Chi Vi scrive è un appassionato del genere e sono d'accordo con l'attore Wes Studi quando dice di «credere ancora nella contemporaneità della mitologia western americana: il bene estremo e il male estremo e con veramente poco in mezzo. Ma mano a mano che gli anni passano, da film come Il texano dagli occhi di ghiaccio o Balla coi lupi, le storie western guadagnano una migliore prospettiva della vita stessa e una maggior complessità dei personaggi nativi americani».
È una lezione critica sulle minoranze ai tempi di Donald Trump. La regressione americana sembra piuttosto evidente. La proprietà è intesa come valore da proteggere a ogni costo (notare l'ultima battaglia prima del finale).
Cooper dice forte e chiaro che bisogna abbattere i muri, superare le divisioni e la macelleria sociale. Gli Stati Uniti hanno un tessuto sociale intriso di sangue, etnie diverse, immigrati. C'è poco da fare, lo dice la Storia.
Il film è intelligente e ben confezionato. È un'opera di poche parole, ma piena di sguardi, di sussurri e grida interiori, di gesti espliciti, ma è soprattutto un inno alla visione del futuro. Bisogna guardare al passato, ma bisogna superarlo e andare avanti. Guardare oltre è fondamentale, ci dice Scott Cooper.
La retorica c'è, è normale che ci sia e non potrebbe essere altrimenti. La sceneggiatura non aiuta, è ricca di cose già note. È facile riecheggiare opere note come Redivivo, i vecchi film con John Wayne del maestro John Ford (Ombre rosse, Sentieri selvaggi), Gli spietati, I magnifici sette (contate voi quanti sono gli uomini a cavallo nella foto qui sotto), Appaloosa, Il Grinta, Corvo rosso non avrai il mio scalpo. Oltre ad alcuni ingredienti tipici dei film di Sergio Leone (C'era una volta il West e la trilogia del dollaro su tutti).
«Lo scontro tra bene e male, quei codici morali attraverso i quali uomini e donne conducono le loro vite. Gli archetipi raccontati dai film di Sergio Leone, Clint Eastwood, John Ford o Howard Hawks non passeranno mai di moda. Il western non muore mai perchè l'ostilità è un sentimento contemporaneo» - ha detto Scott Cooper durante un'intervista a Repubblica.
Tuttavia il film è molto ricco e rimane da vedere: il fascino dell'ambientazione brulla e arida (come il cuore di molti uomini), il montaggio che scorre fluido, le epiche scene d'azione. A questo si aggiunge la magistrale fotografia del giapponese Takayanagi che incanta con la rappresentazione di spazi enormi, natura incontaminata e panorami notevoli, contrapposti all'uso delle luci du interni che ricordano le opere del pittore olandese Vermeer.
Da segnalare le notevoli prove del cast: Rosamund Pike si conferma un'attrice di razza, "l'urone" Wes Studi è un'ottima spalla, il premio Oscar Christian Bale (con tanto di baffone), sulla scia del "malickiano" The New World, ancora una volta è stratosferico nel lavorare quasi completamente in sottrazione. Quest'ultimo è l'essenza del film perchè nel presente è un'anima (quasi) gentile, nonostante venga da un passato tormentato, rancoroso e sporco di sangue. Intelligentemente Scott Cooper si schiera apertamente (in controtendenza) con lui, giustificando il suo odio e, mano a mano, prende con sé il pubblico e smonta i pregiudizi.
Il regista è abilissimo nella gestione degli stati d'animo dei personaggi e nel far capire a noi spettatori cosa provano. Ecco che la lezione del regista americano diventa attualità: per abbattere i muri e le ostilità bisogna scavare, approfondire.
Le persone prima di giudicarle bisogna imparare a conoscerle veramente, guardando aldilà delle brutalità, dell'ingiustizia e della disuguaglianza che ogni giorno il mondo ci offre in quantità piuttosto massicce.
Le civiltà nascono dalla testa, dalle idee e non dai binari ferroviari, come ci hanno sempre detto i film western.
OSTILI ***1/2 (USA 2017)
Titolo originale: Hostiles.
Regia: Scott COOPER.
Sceneggiatura: Scott e Donald COOPER.
Fotografia: Masanobu TAKAYANAGI.
Cast: Rosamund PIKE, Christian BALE, Wes STUDI, Ben FOSTER, Thimotee CHALAMET.
Genere: Western.
Durata: 2h e 7 minuti circa.
Distribuzione: Notorious Pictures.
Uscita: 22 Marzo 2018.
Trailer youtu.be/Y4cbuHlK-BE.
Riconoscimenti: film d'apertura della Festa del Cinema di Roma 2017.
La frase: «Lei non ha idea cosa faccia la guerra a un uomo».
TOP
- Gli attori sono bravissimi, con Christian Bale sugli scudi in un perfetto lavoro di sottrazione (la scena in cui ricorda il passato e urla di dolore è da antologia).
- Il prologo del film in versione Bastardi senza gloria è puro cinema western.
- La fotografia del giapponese Takayanagi (spazi enormi, panorami mozzafiato, natura grezza e selvaggia come il cuore degli uomini).
- La scelta di Cooper di schierarsi con Christian Bale per far capire al pubblico l'evoluzione della storia e dello stato d'animo dei personaggi.
- Gli omaggi ai film di genere che hanno reso famoso il western, a partire dal remake di Quel treno per Yuma del 2007 (Christian Bale e Ben Foster erano nel cast).
- La scelta di mettere insieme le minoranze in cerca di rivincite, in perfetta scia con i temi degli ultimi Oscar.
- La critica alla società americana e al governo Trump. I muri vanno abbattuti e non creati.
- Il regista ricerca una visione del futuro, partendo dall'analisi del passato.
FLOP
- La sceneggiatura non brilla per originalità. È piuttosto classica e a tratti retorica, ma è normale che lo sia.
- La prevedibilità di alcune situazioni (su tutti il finto colpo di scena finale).
- Ci sono alcune immagini forti, brutali, violente che potrebbero irritare una parte del pubblico.
- Il doppiaggio è problematico a causa della diversità linguistica dei vari personaggi.
- Nella parte centrale l'opera è un po' soporifera perché, dopo un inizio magistrale, il ritmo cala.
- La colonna sonora non è esaltante come di solito capita nei film di questo genere.
Immagine di copertina liberamente tratta da screenrant.com, immagini nel corpo del testo liberamente tratte da mymovies.it, www.sentieriselvaggi.it , www.corriere.it, www.ledevoir.com e www.heraldnet.com, locandine liberamente riprese da www.stardust.it e www.silenzioinsala.com