Sabato, 31 Marzo 2018 00:00

Il paradiso nerd anni '80 esiste e si chiama Ready Player One

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Il paradiso nerd anni '80 esiste e si chiama Ready Player One

Quando la Warner nel 2010 annunciò l'acquisizione dei diritti del romanzo di Ernest Cline, ho avuto paura.

Ancora di più ne ho avuta nel momento in cui autori come Nolan, Jackson, Zemeckis (citazioni a go-go), Wright hanno rifiutato la regia di questa trasposizione cinematografica.

Nel 2015 Spielberg è stato annunciato come regista.

La cosa mi ha fatto ancora più paura perché il grande Steven tra il 2016 e il 2017 aveva troppi film da fare: oltre a questo, c'erano Il GGG, lo splendido The Post e The Kidnapping of Edgardo Mortara che ha lasciato in stand-by.

Poi nel 2019 ci sarà anche il quinto capitolo di Indiana Jones (a Spielberg consiglio il titolo Il catetere maledetto e l'ingaggio di Berlusconi e Napolitano per il ruolo degli antagonisti. Harrison Ford / Indy avrà 77 anni).

Di solito girare tanti film in così poco tempo riduce la probabilità di fare opere di qualità. Dopo aver visto il film lo posso dire tranquillamente: non è tra le opere migliori del grande Steven, non è destinato a diventare un classico del cinema come I Goonies, Indiana Jones, ET, Lo Squalo o Duel.

Ready Player One strizza l'occhio ai nerd, alla mia generazione di perdenti, incapaci di sognare e di guardare oltre. E non un caso si parla di cultura anni '80, l'epoca più godereccia. I bei tempi pare si siano fermati, lo dice anche il cinema.

Tra qualche anno mi immagino, se le cose non iniziano a cambiare, che vivremo come in questo film: ognuno in una sorta di cella come in film Matrix o Inception interconnessi a mondi virtuali.

Spielberg prosegue il percorso e analizza il blocco della nostra società. La cultura degli anni '70 e '80 è talmente alta e ricca che oggi tutto sembra già visto, già sentito. Non ci sono idee nuove, il cinema non sa più che pesci prendere e allora abbocca a vie facili come sequel, reboot, remake e quant'altro.

Se vi ricordate bene l'operazione nostalgia era già stata provata, con successo, con Star Wars - Il Risveglio della Forza e aveva funzionato (più a livello di botteghino che di qualità del film).

Un po' meno con Pixels (2015). Negli anni '80 tre ragazzi amanti di videogiochi si ritrovano a salvare il mondo da alieni che si spacciano per Pac-Man, Donkey Kong, Galaga, Centipede e Space Invaders. Il film era decisamente fiacco, anche se l'idea di partenza non era malvagia.

Spielberg fortunatamente riesce a non cadere in questa trappola e a confezionare un film d'intrattenimento che farà commuovere i nerd di tutto il mondo (me compreso). I videogiochi e la cultura musicale e cinematografica degli anni 70-80 qui dominano la scena ed è impossibile non ritrovarsi in qualche modello. Spielberg li usa con molto mestiere e furbizia, senza cadere nella tentazione di approfondire più di tanto (altrimenti il film sarebbe durato 6 ore).

Ready Player One trabocca di citazioni e cinefilia a ogni fotogramma. C'è molta cura dei dettagli, sintomo di una passione e di un'immaginazione che sono sempre state nelle corde del regista americano (vedi l'immenso omaggio a Shining di Stanley Kubrick. Fenomenale). Tuttavia uno dei difetti della pellicola è proprio la descrizione un po' didascalica dei vari elementi che hanno composto la cultura dei nerd anni '80. E poi c'è il solito problema del conflitto cinema-videogiochi: finora tutti hanno fallito nel mettere l'esperienza videoludica sul grande schermo.

Fortunatamente Ready player one non è solo questo perchè c'è la politica (e non potrebbe essere altrimenti in un film di fantascienza). Il vero motore è sicuramente la critica alla società moderna dove il virtuale ha preso il sopravvento sul reale. Ed ecco che Ready Player One si collega a Lincoln, Il ponte delle spie e The Post. Prendete i social network: hanno praticamente sostituito la comunicazione diretta tra persone.

Il confronto faccia a faccia è la massima ricchezza per tutti, ma pare che molti se ne siano dimenticati. Infatti ci sono molti rapporti spezzati nell'opera: rapporti tra padri e figli (tutti i ragazzini qui sono orfani), amicizie.

Sul primo tema la sua filmografia è piena, sul secondo pare che il buon Steven abbia qualcosa da rimproverarsi per aver rotto con John Landis (vi ricordo che Spielberg fece un piccolo cameo in The Blues Brothers) e con Robert Zemeckis (Steven è stato il produttore di opere immortali come Ritorno al futuro).

Non scordatevelo Spielberg è un produttore/imprenditore, non solo un regista. Ready Player One inizia proprio da queste premesse.

Siamo nel 2045, in un futuro distopico. Il mondo fa piuttosto schifo. Carestie, epidemie, gente brutta e cattiva popola il mondo reale. Crisi energetica, inquinamento, disoccupazione, inquinamento e povertà diffusa hanno relegato milioni di persone ai margini della società. Wow, che bell'inizio! Dite la verità vi è venuta l'acquolina in bocca... La stragrande maggioranza è composta "di gente che ha dimenticato di lottare per cambiare le cose”, ma accetta le lusinghe di Oasis (i fratelli Gallagher non c'entrano), una sorta di universo che unisce social network, videogiochi e viaggi virtuali. Basta indossare guanti e un casco stile Google Glass potenziato. Il tutto senza uscire di casa. Il disagio è palese, ma questa società perfettina e bigotta impone di non mostrare i problemi. Basta avere i soldi e puoi fare ciò che vuoi. Un po' come fare cinema: basta essere Spielberg e otterrai finanziamenti a pioggia. Se invece ti chiami Pincopallino, il film lo farai nella tua mente.

Molte delle persone che stanno ore e ore su Oasis sono alla ricerca delle tre chiavi che il creatore del sistema, il morente Halliday (l'ottimo Mark Rylance, già interprete per Spielberg de Il ponte delle spie e Il GGG, che omaggia esteticamente Doc di Ritorno al futuro), ha ideato per lasciare in eredità l'intero impero. In gergo nelle edizioni dvd/blu ray dei film o nei videogiochi si chiamano contenuti nascosti o Easter Egg (Uova di Pasqua). Nel libro di Cline (qui co-sceneggiatore) il protagonista è il diciassettenne Wade (Tye Sheridan di The Tree of Life di Malick), un super nerd che abita in una baraccopoli ed è sempre connesso a Oasis.

Nel film, invece, Spielberg e i suoi aiutanti hanno riscritto buona parte dello sviluppo e hanno passato i vari protagonisti della cultura degli anni '80 nel frullatore. Infatti Wade entra in Oasis a bordo della Delorean di Ritorno al futuro (impossibile non gioire...) in un gioco stile Need for Speed ad altissima velocità.

Un mondo virtuale talmente bello che permette alle persone di combattere eserciti e mostri (quelli interiori lasciamoli fare) o far parte dei propri film preferiti. Mentre Wade pianifica la missione con amici e conoscenti per raggiungere il difficile obbiettivo. La multinazionale IOI di Nolan Sorrento (Ben Medelsohn, di Rogue One e Come un tuono, che omaggia fisicamente Bleeks di Una poltrona per due di John Landis per i motivi che ho già detto prima) si organizza per impedirgli di entrare in possesso di Oasis. A ogni costo, naturalmente. Anche uccidendo, se necessario.

Purtroppo si sa che l'appeal del virtuale è fatto per stordire e illudere le persone al fine di ottenere fiducia e obbedienza cieca (avete letto a cosa servono i social network? Leggete qui e sul Becco qui).

Tecnicamente parlando in casa Warner hanno fatto un gran lavoro, attraverso la computer grafica e la motion capture, ovvero la tecnica già attuata da Spielberg in Tintin e Il GGG.

Il vero problema del film sono quei maledetti marchi, i permessi. Tutto è sotto brevetti ed è stata dura ottenere le licenze di brand come Star Wars (il Millennium Falcon è solo citato). Questo ha beneficiato sulla credibilità di alcune sequenze. Il film è anche frutto di compromessi legali e si nota. E poi il tempo non è stato clemente con Spielberg: condensare citazioni dell'immaginario collettivo della cultura nerd in 2 ore e 20 minuti è davvero arduo. Il film è sovraccarico di informazioni e diventa abbastanza omologato ai blockbuster hollywoodiani: una sorta di via di mezzo tra i robottoni "esplosivi" alla Michael Bay o in stile Pacific Rim, con l'estetica di Valerian di Luc Besson o di Tron.

Anche se va detto che Spielberg si è preso un rischio enorme (e nell'arte è tutto) ed è riuscito a venirne fuori alla grande (vedi la sequenza che omaggia Shining di Stanley Kubrick).

C'è parecchio da sorvolare, invece, sulla solita melassa finale spielberghiana che francamente non sorprende più.

Al grande Steven, va detto, interessa soprattutto la realtà: infatti un po' alla volta, come se si fosse sulle montagne russe, fa emergere il concetto del game over. Un tempo questo concetto era più calzante tra gli anni '80 e i '90, quando ci si sfidava a colpi di record nei bar e nelle sale giochi. All'epoca però i nerd erano considerati sfigati, dei secchioni solitari che non volevano socializzare. Tanto che il termine nacque in senso dispregiativo che portava all'esclusione sociale.

Oggi, con l'ipocrisia che regna sovrana e con l'emarginazione del diverso, si scopre improvvisamente che tutti sono stati nerd. Questo è l'aspetto che mi è piaciuto meno del film: mettere tutti sullo stesso piano. Alla generazione nata negli anni 2000 questa balla la potete raccontare, a gente vissuta tra gli anni '80 e i '90 francamente non la si può far tollerare. Spielberg sembra dire ai ragazzi: "il tempo dei giochi è finito, i social network non sono il mondo. Meravigliatevi, ricordatevi di quando eravate più bambini, ma adesso bisogna occuparsi della realtà".

Prima che sia troppo tardi. Il futuro è il passato.

Negli Stati Uniti pare che un po' di giovani lo abbiano ascoltato.

In Italia invece, come al solito, ci vorrà ancora del tempo. Ci sarà anche qualcuno che ancora si chiederà «scusate non ho mai visto Shining. Fa paura?».


READY PLAYER ONE ***1/2 (USA 2018)

Regia: Steven SPIELBERG.

Sceneggiatura:n Zak PENN, Ernest CLINE.

Fotografia: Janusz KAMINSKI.

Cast: Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg, Ben Medelsohn, Mark Rylance.

Musiche: Alan Silvestri.

Genere: Fantascienza/Azione/Avventura.

Durata: 2h e 20 minuti circa.

Produzione e distribuzione: Warner Bros.

Uscita: 28 Marzo 2018.

Trailer: youtu.be/ggnIii1GMUQ.

La colonna sonora contiene: Walk This Way di Run-Dmc, Take on me di A-Ha, We're Not Gonna Take It dei Twisted Sisters, World In My Eyes dei Depeche Mode, Jump e Dance The Night Away dei Van Halen, Mammagamma di Alan Parson Project, Hungry Like The Wolf dei Duran Duran, Dancing With Myself dei Generation X, Sweet Dreams degli Eurythmics, Everybody Wants To Rule The World dei Tears for Fears, Faith di George Michael, Stand On It di Bruce Springsteen, One Way or Another cantata da Blondie, Stayin' Alive dei Bee Gees.

La frase cult: «Non ho mai visto Shining. Fa paura?».


TOP

- Intrattenimento di qualità e di prima scelta.

- Spielberg cita film di amici (John Landis e Robert Zemeckis) con cui pare abbia rotto l'amicizia.

- La colonna sonora nostalgica degli anni '80 è una selezione micidiale (su tutte le chicche Stand on it di Bruce Springsteen e We're Not Gonna Take It dei Twisted Sisters).

- Gli omaggi ai fasti del vero cinema anni 80 (Ritorno al futuro, Shining,ecc...).

- L'omaggio a Shining è uno dei momenti di cinema più riusciti degli ultimi anni.

- La critica al mondo dei social network.

- Il premio Oscar Mark Rylance (terza collaborazione con Spielberg dopo Il ponte delle spie e Il GGG) riesce nelle poche scene in cui compare a esprimere la sua bravura.

- Spielberg vince la sfida di coadiuvare l'estetica cinematografica con quella dei videogiochi (finora avevano tutti fallito).

- Il messaggio del film molto contemporaneo (soprattutto per le nuove generazioni).

- La critica al mondo virtuale che ha superato il mondo reale. Spielberg auspica di tornare alla realtà. Il futuro è il passato.

FLOP

- Qualche furbizia di troppo soprattutto nello zuccheroso (e prevedibile) finale.

- L'omologazione estetica ai blockbuster hollywoodiani moderni, spaziando da Valerian di Besson ai robottoni stile Michael Bay.

- La mancata concessione di alcune licenze (vedi Star Wars, ad esempio) hanno tolto linfa ad alcune sequenze.

- Condensare tutti i simboli della cultura anni '80 (per accontentare tutti) ha costretto Spielberg a un tour de force per rientrare in una certa durata.

- L'idea che ieri come oggi eravamo tutti nerd non è assolutamente vera. Negli anni '90 il termine era usato in senso dispregiativo, oggi è di moda. Pura ipocrisia hollywoodiana che mette sullo stesso piano le due cose per attrarre ogni tipo di pubblico.

- Il film ha una prima parte stupenda, mentre nella seconda è meno fluida. Intrusione di casa Warner per il botteghino?


Immagine di copertina liberamente ripresa da www.nerdplanet.itlocandina riprese da www.badtaste.itmovieplayer.it, immagini nell'articolo liberamente riprese da movieplayer.itwww.bbcamerica.com e 4.bp.blogspot.com

Ultima modifica il Venerdì, 30 Marzo 2018 00:11
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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