Martedì, 10 Maggio 2016 00:00

Marseille: un prodotto Netflix da perfezionare

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Le grandi aspettative possono rovinare le opportunità. Marseille è la prima serie televisiva europea di casa Netflix, disponibile dal 5 maggio in tutti i paesi in cui il colosso statunitense è arrivato (in Italia da ottobre 2015). Il nome è quello della produzione che sta dietro ad House of Cards ed era quindi inevitabile associare alla storia di Frank Underwood una stagione incentrata sulle elezioni della città di Marsiglia. Gli attori sono di primo piano, ovviamente. Gérard Depardieu nei panni del sindaco in carica e Benoît Magimel ad interpretare il giovane erede impegnato ad “uccidere il padre”. Le 8 puntate seguono la frattura fra i due protagonisti e la campagna elettorale, lasciando sullo sfondo la criminalità organizzata e le relazioni sentimentali dei diversi comprimari.

Prevale una freddezza e un’impostazione rigida in contrasto con una regia efficace, ma nervosa. Manca la fluidità, nonostante si riesca a seguire ogni puntata senza noia. Tra i meriti c’è aver preferito non insistere sulla violenza, mentre l’idea che l’uomo contemporaneo viva in uno stato di orgia permanente ha attraversato l’atlantico.

Un controverso prodotto di consumo, immerso in un contesto improprio. L’universalità del linguaggio è probabilmente un’illusione. Riteniamo valido per ogni contesto quello che ci propongono gli statunitensi, anche perché gli stessi, quando trovano un film da apprezzare, lo rifanno, senza perdere troppo tempo nei doppiaggi. Il risultato è una visione edulcorata del potere, dove tutto è nella bocca di pochi protagonisti impegnati a tradirsi a vicenda, con una città succube dell’oscura magia “del palazzo”.

Quello che funziona in Marseille riguarda il merito degli attori e l’immagine della città, oltre ai meccanismi elettorali locali, che permettono un po’ di movimento a un telefilm troppo ingessato.

Ogni approfondimento dei personaggi salta, è come se stessimo assistendo ad una sorta di documentario, con una sceneggiatura impegnata ad aggiungere didascalie ed inventarsi collegamenti tra i diversi filoni.

Alla fine dell’ultima puntata rimane la voglia di pensare alla prossima stagione, se ci sarà, senza sperarci più di tanto.

Agli italiani confidare che l’italiana Suburra (2017), tra i prossimi titoli Netflix, segua le orme di Romanzo Criminale (visto che dietro ad entrambi i titoli ci sarà la Cattleya).

Non un disastro, ci sarà sicuramente modo di rifarsi e correggere il tiro.

Ultima modifica il Lunedì, 09 Maggio 2016 12:26
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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