I due corsi di fotografia e videomaking si sono tenuti all'università Al Aqsa, presso la facoltà di arti e spettacolo. Per noi e per gli studenti e le studentesse è stata un'esperienza bellissima e l'università mi ha chiesto di avviare una collaborazione con l'associazione nazionale filmaker e il centro Vik per proporre altri corsi. Umanamente sono rimasto molto legato a Gaza e con tantissime persone sono ancora in contatto e molte mi inviano le loro foto per chiedermi consigli, come se il corso non fosse mai finito!
2) Più volte hai detto che con le tue foto hai voluto raccontare la resistenza di Gaza. Una resistenza che nel quotidiano non è armata ma che asume forme eterogenee. Tra la fine degli anni ’80 e il 2000 l’Intifada, oggi invece?
A differenza della Cisgordania non c'è quasi mai “contatto” con l'esercito sionista perchè la Striscia di Gaza è chiusa dentro il muro che Israele gli ha costruito tutto intorno. L'occupazione si perpepisce, è palpabile. Si vive dentro un carcere a cielo aperto di 45 chilometri di lunghezza e 7 di larghezza, un fazzoletto di terra insomma. L'occupazione prima di essere militare è principalmente economica e psicologica, Israele ha bombardato la centrale elettrica e il dissalatore per l'acqua, quindi a Gaza hanno solo 4 ore al giorno di corrente elettrica e non hanno acqua potabile. Tutto passa da israele, lo stato ebraico decide cosa e quando le merci possono entrare, per questo dico che l'occupazione è psicologica, la presenza sionista è palpabile.
L'unico modo che hanno i gazawi per resistere è quello di vivere, cercare un lavoro, studiare, andare al mercato, pescare o comunicare con il mondo. È una forma di resistenza non armata ma che scardina l'idea che si ha di Gaza, di un posto completamente distrutto in perenne guerra. Io ho conosciuto una città piena di vita, con un porto e un lungomare sempre pieno di persone, per me questo è Gaza.
3) Quale è stata la reazione dei giovani che si son sentiti proporre uno strumento come la fotografía per dare voce a ciò che il mondo finge di non voler sentire?
Durante il corso spronavo tutti a raccontare storie quotidiane e non storie di guerra. La guerra è presente, le macerie lo testimoniano ma al tempo stesso tra quelle macerie ci sono storie di persone che resistono e secondo me è una resistenza molto efficace.
Sono abituati a collaborare con le agenzie e le televisioni internazionali e quindi pensavo che il focus del corso fosse la guerra mentre per me la guerra è solo un aspetto.
“Per voi Gaza cos è?” chiedevo sempre e ovviamente non c'era mai la guerra nelle risposte e quindi chiedevo: ”Perché mi fate vedere solo foto di guerra? Voglio vedere vostra nonna che fa l'orto e sapere come vive quotidianamente.” All'inizio non è stato facile ma siamo riusciti a raccontare una Gaza inedita per noi occidentali e alla mostra finale erano tutti contenti.
4) Come è stata detto anche durante il dibattito, al momento il migliore aiuto che i sostenitori della causa palestinese possono dare al popolo è il tentare di rompere il muro di disinformazione che circonda quel che accade in Palestina. Le ultime elezioni in Israele hanno dato vita ad uno dei peggiori governi che si siano visti nel paese ma non pare che i paesi europei, o generalmente democratici, siano intenzionati a prendere una posizione più netta nei confronti delle ripetute violazioni dei diritti umani perpetuate dal governo e dall’esercito di Netanyahu. Tu che scenari prevedi?
Questo è il governo israeliano più a destra di sempre ma soprattutto arriva dopo 3 operazioni militari in 6 anni nella Striscia di Gaza, praticamente un genocidio. Credo che l'ottusità della politica israeliana e la connivenza dell'occidente porterà a situazioni molto critiche in quella parte del mondo. Una delle problematiche maggiori nella striscia di Gaza è l'acqua. Nonostante sia una terra molto fertile e ricca d'acqua Israele si è impossessata del corsi d'acqua e questo renderà Gaza invivibile entro pochi anni. Quello che non possono fare con le bombe lo stanno facendo con altri metodi.
5) Dopo aver parlato di quel che noi potremmo fare per il popolo palestinese, invertiamo le prospettive: credi che ci sia qualche lezione che la sinistra italiana potrebbe imparare da chi resiste in Palestina?
Sono due realtà completamente differenti, sia politicamente che culturalmente, però sicuramente c'è voglia di resistere e organizzarsi, anche tra i giovani, per far fronte contro lo stato ebraico, questo potrebbe essere un ottimo insegnamento per noi.
6) E adesso? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il libro “Befilmaker a Gaza” intanto continuerà a girare per raccogliere i fondi e tornare a Gaza per dei nuovi corsi. Ci stiamo organizzando per andare tra dicembre e gennaio prossimi. Intanto il libro è diventato uno spettacolo teatrale che sta girando per l'italia, si chiama “La bellezza resistente” e lo ha adattato Alessandra Magrini, questo mi ha reso molto felice.
Per avere più informazioni sul progetto e contribuire visitate il sito http://www.associazionefilmaker.com/2015/05/19/befilmaker-a-gaza/
Fotografie di Valerio Nicolosi