Martedì, 13 Ottobre 2015 00:00

Attentato ad Ankara

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Non ci sono parole per quello che è accaduto ieri ad Ankara, l’attentato terroristico durante una manifestazione pacifista, che ha costato la vita a 95 persone (per ora) e causato gravi danni a tantissime altre.

Non è passato molto tempo dall’altro, terribile attentato a Suruç  - rivendicato poi dalle truppe dell’ISIS –  che per sempre lascerà nei nostri occhi l’immagine straziante di quel selfie di giovani e giovanissimi che lanciavano un appello di pace e di speranza, per sempre interrotto dalla brutale violenza di chi la pace non la vuole. Ieri un altro messaggio di pace è stato abortito e quel che resta  è  una grande ferita che non riesce a sanguinare commenti, anche se dovrebbe. Una grande ferita che dovrebbe rimanere incisa in tutta la comunità internazionale. Quello che sta succedendo in Turchia non dovrebbe essere più tollerabile. Un capo di stato che vuole imporre tutta la sua autorità e che impedisce una convivenza pacifica con la comunità dei curdi, che fa di tutto per spazzare via il partito filo-curdo dell’HdP che lo scorso giugno, conquistando il 13% dei consensi durante le elezioni parlamentari è riuscito ad entrare in parlamento impedendo all’AKP  di Erdogan di ottenere ancora una volta la maggioranza assoluta.

La paura e la sua avidità di potere del leader totalitario, già furono tragicamente attestata quando, prima delle elezioni  di giugno scoppiarono due bombe a Diyarbakir, capoluogo non ufficiale del Kurdistan turco durante la più grande manifestazione elettorale del Partito Democratico Curdo.  Il terrore di non continuare ad essere l’unico padrone incontrastato della Turchia lo si vede in tutti i tentativi di schiacciare chiunque la pensi diversamente, chiunque protesti contro il suo regime di sangue e la sua politica ferocemente autoritaria e dittatoriale: censure, arresti di giornalisti e leader politici, persecuzioni, blocchi della rete informatica. Anche la lotta contro l’ISIS nasconde una lotta ben più dura contro i curdi, vera mira del governo di Erdogan. E ora che si avvicinano le elezioni – il primo novembre – il timore è che la sua sete di potere assoluto e di violenza repressiva nei confronti del popolo curdo e di coloro che parteggiano per l’avversario politico trascini con sé altra morte e altra distruzione. Erodogan dovrà mantenersi buoni i gruppi nazionalistici e usare tutte le armi di repressione e intimidazione per schiacciare ogni opposizione e ogni voce alternativa. Tutte queste stragi mirano a incutere paura nelle persone che si dissociano dal regime sanguinario del leader turco e a portarle dalla propria parte con una continua minaccia. La paura è sempre stata il controllo delle masse e un leader che ha il terrore di perdere il proprio potere non diventerà sempre più spregiudicato nella propria ferocia e aggressività e userà qualsiasi mezzo per affermarsi, trascinandosi dietro  ancora più morte e distruzione. Morte e distruzione che sembrano durare il tempo di una notizia e che poi finiscono di nuovo nel silenzio più vigliacco, più pericoloso.  

Per questo non possiamo rimanere passivi di fronte a una repressione che si sta perpetrando dinnanzi a noi. La comunità internazionale, Europa e Stati Uniti in primis (ricordiamo che la Turchia fa parte della Nato!) dovrebbero prendere misure forti contro un governo che sta facendo una “pulizia etnica” contro una minoranza che vuole rivendicare la propria identità o anche la sola semplice esistenza, il proprio riconoscimento. Non sappiamo chi sia la mano diretta di questo ultimo attentato ma la violenza di questo governo contro la minoranza curda e contro ogni voce dissonante è evidente e non possiamo voltarci da un’altra parte e tollerarla, così come abbiamo sempre tollerato la violenza del governo Nethanyahu nei confronti dei palestinesi. È un discorso retorico, ma di fronte a queste barbarie, a queste stragi, a queste morti assurde e drammaticamente ingiuste non possiamo continuare a far prevalere interessi economici, politici  e strategici. Non possiamo restare, ancora una volta, indifferenti di fronte a un tale orrore, che non si fermerà da solo. Non possiamo lavare questo sangue che non sporca solo la Turchia, ma tutta la comunità internazionale che si tappa gli occhi e non punta il dito contro chi su queste morti erige il proprio trono, e che poco o niente fa per impedire altri simili episodi di efferata violenza

Ultima modifica il Lunedì, 12 Ottobre 2015 16:04
Chiara Del Corona

Nata a Firenze nel 1988, sono una studentessa iscritta alla magistrale del corso di studi in scienze filosofiche. Mi sono sempre interessata ai temi della politica, ma inizialmente da semplice “spettatrice” (se escludiamo manifestazioni o partecipazioni a social forum), ma da quest’anno ho deciso, entrando a far parte dei GC, di dare un apporto più concreto a idee e battaglie che ritengo urgenti e importanti.

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