Martedì, 19 Luglio 2016 00:00

Dall'american dream all'american nightmare

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E così, mentre il Presidente Obama, giunto a fine mandato, tenta tramite l'allargamento della Nato di proseguire l'opera di esportazione della democrazia in Europa dell'Est, aprendo così la strada della presidenza a Hillary Clinton, scopriamo che la ferita nel ventre profondo dell'America non è mai stata risanata.

I soprusi razziali accompagnano l'intera storia degli Stati Uniti, ma le comunità afroamericane negli ultimi anni sono sottoposte ad un vero e proprio massacro. Il primo caso risale all'omicidio del diciassettenne Trayvon Martin, ucciso nel febbraio 2012 per un cappuccio della felpa alzato da George Zimmermann, vigilante volontario poi assolto per legittima difesa. Martin ovviamente non era armato, come le successive vittime, tutte freddate sulla base di sospetti. I casi di soprusi da parte delle forze dell'ordine americane non si contano nemmeno più, e il problema riemerge ogni volta avviene un omicidio. L'agente, quando è tale e non è un semplice volontario come Zimmermann, di norma viene sospeso dal servizio per un determinato periodo. Nessun processo viene aperto, si è infatti scoperto che le cause giudiziarie non solo non servono a fare giustizia, ma riaccendono la voglia di giustizia e ciò certamente non fa bene all'ordine costituito americano che si regge ancora sul pugno di ferro e la dura repressione. Nel frattempo, ci sono stati riot importanti come quello di Ferguson, si sono creati e strutturati movimenti pacifici come Black Lives Matter che tentano di monitorare il fenomeno degli omicidi tenendo dal 2013 una lista aggiornata dei casi (consultabile qui) e si sono ricreati i movimenti di rivendicazione dell'orgoglio nero sull'onda del Black Panther Party.

La situazione sociale americana è chiaramente degenerata dopo la crisi finanziaria iniziata nell'estate 2007, i tassi di disoccupazione nel 2010 hanno toccato punte del 10%, impensabili per il centro dell'imperialismo mondiale. Da allora gli interventi, soprattutto di politica monetaria, hanno frenato il fenomeno della disoccupazione dilagante, nascondendolo, sostanzialmente. Il malessere sociale però evidentemente permane, la frustrazione dei working poor e delle famiglie povere cresce, la “linea del colore” (cosa generi tale linea è chiarito magistralmente in questo Abc del socialismo, qui) diventa sempre più marcata e, ciò che è più importante, le prospettive di cambiamento e rinnovamento politico svaniscono. La scialba figura di Hillary Clinton e il rampante Trump tolgono ogni speranza di cambiamento al ventre profondo dell'America, già colpito dalla crisi economica e mai ripresosi.

Al piano interno della repressione si aggiunge quello esterno, con la forte ripresa delle mire espansionistiche statunitensi. Ban Ki Moon lancia subito il monito all'Iran suggerendo di fermare il programma di lancio dei missili balistici, ricordando come si stia violando lo spirito del patto nucleare siglato. Le tensioni crescenti con la Cina e la Russia sono all'ordine del giorno, al punto che proprio mentre il Presidente al vertice Nato in Polonia dichiara l'invio di quattro battaglioni nei paesi baltici e di oltre mille soldati in Polonia (150 dei quali italiani) nella continua militarizzazione del “fronte orientale” arriva la notizia della “strage di Dallas”.

La grancassa mediatica rintrona le menti a tal punto da far dimenticare al pubblico in poche ore le possibili motivazioni di una tale tragedia, ossia l'omicidio a sangue freddo di Alton Sterling in Louisiana e di Philando Castile in Minnesota. Il tutto in meno di 48 ore. Il tutto filmato e messo sui social network come unica forma legale di protesta. Evidentemente ci sono parecchie falle nella democrazia più antica del mondo. Così, il discorso si sposta sulla necessità di abolire il mercato delle armi per i civili, come se il problema fosse unicamente quello della strage di Dallas… Mettiamo al bando le semplificazioni e il perbenismo, il punto è che mentre l'imperialismo statunitense sta proseguendo la militarizzazione del mondo, la repressione interna aumenta vertiginosamente. Chi spara e uccide è spesso una forza pubblica o privata autorizzata ad utilizzare la violenza dallo Stato. Obama parla della solidarietà ai “fratelli poliziotti” e garantisce, come ogni volta, che “sarà fatta giustizia”. Le sue parole oltre ad essere ormai la più ritrita retorica non arrivano più al suo popolo e quando arrivano è pure peggio: la promessa di giustizia viene addirittura percepita come presa in giro, evidentemente.
Il sogno americano è definitivamente diventato un incubo.

Ultima modifica il Lunedì, 18 Luglio 2016 23:07
Alex Marsaglia

Nato a Torino il 2 maggio 1989. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla storica rivista del Partito Comunista Italiano “Rinascita” e appassionato di storia del marxismo. Idealmente vicino al marxismo eterodosso e al gramscianesimo.

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