Una crescita testimoniata dalle cifre che Adams ha prontamente snocciolato: in vent'anni, da un singolo TD (deputato dell'Eire) a 23 TDs, 7 Seanadóirí (senatori Eire), 4 parlamentari europei dal Nord e dal Sud dell'Irlanda, 27 membri dell'Assemblea legislativa nordirlandese, 7 parlamentari a Westminster, e oltre 250 consiglieri locali; inoltre – ha precisato Adams – nell'Ulster la maggioranza unionista, che le forze filo-britanniche ritenevano dovesse durare per sempre – anche grazie ad una buona dose di gerrymandering – nella sostanza non esiste più. Una crescita di consensi che, secondo l'ambizioso piano decennale delineato dalla leadeship del partito nell'ultima stagione della vita dello scomparso Martin McGuinness, continuando porterebbe inevitabilmente il Sinn Fein al governo, tanto nel Nord quanto nel Sud; una prospettiva resa concreta da una risoluzione approvata dalla stessa assise novembrina, che autorizza il partito a far parte di futuri governi anche in coalizione. E pare che proprio McGuinness abbia suggerito un cambiamento radicale di leadership, che affidasse il partito ad una nuova generazione, libera dalla pesante eredità dei Troubles e quindi dalle accuse di collusione col paramilitarismo dell'epoca. Accuse più o meno strumentali che già avevano contribuito ad impallinare la candidatura a presidente dell'Eire di McGuinness nel 2011, e che rendono improbabile una futura candidatura di Adams, pur speculata da alcuni commentatori. Più probabile che un ruolo abbiano giocato i segnali di crisi provenienti dalle stanze del governo Fianna Fail-Fine Gael di Dublino, messo in difficoltà da una serie di scandali corruttivi che hanno investito la polizia irlandese e salvato in extremis solo dalle dimissioni della vice Primo Ministro.
Adams, oltre ad aver traghettato il partito in una delle fasi più difficili della sua storia, continua ad avere un immenso patrimonio di carisma personale, oltre che innegabili doti da comunicatore social. Molti, anche al di là del campo repubblicano, lo hanno lodato negli anni come visionario e come uomo autenticamente interessato alla pace. Ma rimane anche un personaggio controverso, ferocemente disprezzato dai gruppetti cosiddetti “repubblicani dissidenti”, che gli contestano l'accordo del 1998 e la partecipazione alla politica istituzionale della Repubblica d'Irlanda, e tenuto a distanza tanto dai partiti maggioritari nell'Eire – Fianna Fail e Fine Gael – quanto dalla stragrande maggioranza della sinistra britannica, proprio per via dei trascorsi di Adams nel contesto dei Troubles. Passare la mano, in un momento di opportunità per il suo partito come quello che si sta aprendo in questa fase, ad una nuova generazione di politici esperti come quella di Mary Lou McDonald e Michelle O'Neill, non può non rappresentare letteralmente la fine di un'era e l'inizio di una nuova storia.
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