Martedì, 05 Novembre 2013 00:00

Israele e Italia: uniti nella guerra

Scritto da
Vota questo articolo
(11 Voti)

La prendiamo larga per poi arrivare alla "notizia" vera e propria. Portate pazienza e arrivate fino in fondo, anche se sul web è pratica poco diffusa.

In Italia si pratica con efficacia e singolare capacità la fittizia equidistanza. Quella neutralità distaccata che può permettere di non assumersi alcuna responsabilità.

Uno degli ambiti in cui è facile riscontrarla è quello della questione palestinese.

Il 2 novembre è uscito un articolo di Ugo Tramballi su Il Sole 24 Ore, in cui con efficacia si spiegava che nessuno sta lavorando per una vera soluzione (che quindi è al momento impossibile). Il problema sarebbe l'assenza di un Ghandi palestinese, o di un Mandela israeliano. L'articolo merita veramente la lettura completa.

Verso la fine della riflessione c'è un passaggio illuminante.

«Abbagliati dal loro presente – lo smisurato potere militare, un’economia dalle tecnologie avanzate, il caos nel mondo arabo – gli israeliani si illudono che così sarà per sempre. Schiacciati dal loro disperato millenarismo, i palestinesi sono sedotti dall’idea che un giorno Dio o un nuovo Saladino li porterà alla vittoria».

Lo si fa spesso, sfruttare l'artificio retorico dell'uovo e della gallina ("chi è nato prima?"). Equidistanza appunto. Peccato che in realtà non esista alcun millenarismo palestinese, tanto meno religioso. Basterebbe aver letto un paio di libri per sapere che l'area è priva di una tradizione indipendentista. Gli abitanti della "terra santa" sono sempre stati, in prevalenza, laici commercianti privi di identità nazionale. Per varie questioni è finita che agli arabi e ai cristiani di quelle parti fu spiegato che, per la loro identità ed etnia, lì non ci potevano più stare.

Poi sono intervenuti interessi diversi, compresi quelli degli stati arabi.

Però sarebbe onestà intellettuale ammettere che l'Islam con la questione palestinese ci incastra il giusto, che Hamas è più utile alla destra israeliana di qualsiasi tecnica di marketing.

Esemplificata la cattiva fede dei ragionamenti che muovono i principali canali di informazione italiana, facciamo un passo in avanti (per poi concludere, promesso).

L'Unione Europea tenta solitamente di smarcarsi dagli Stati Uniti, ponendo paletti a Israele e provando a penalizzarne le violazioni di quest'ultima al diritto internazionale.

Questa vicinanza alla Palestina (inefficace, talvolta ipocrita) ha iniziato a sgretolarsi definitivamente con la rottura di un tabù. Gli ACAA sono agevolazioni commerciali tra i paesi del vecchio continente e l'altro contraente. Per anni sono stati bloccati nei confronti di Israele, che recentemente è invece entrato a far parte dell'elenco dei partner europei (anche se si cerca di non farlo sapere troppo in giro, argomentando che è limitato "solo" ad alcuni ambiti, come quello farmaceutico, che nulla ha a che vedere con la sfera militare, si sa).

Si è tenuto a giugno un interessante convegno sulla protezione cibernetica, con l'Università di Roma e Firenze affiancate, tra gli altri, da una società controllata da Finmeccanica e un'azienda israeliana. Le applicazioni militari di quello che veniva discusso in quella sede sono evidenti, si consiglia la visita diretta sul sito, www.infowar.it.

Quello che è interessante è che la maggiore protesta rispetto all'evento ha riguardato gli animalisti e il fronte della contestazione alla sperimentazione sugli animali (dei maiali in questo caso). Vale più un porcile della Palestina, a quanto pare (si provoca e si esagera, chiaro).

Ma adesso chiudiamo venendo alla notizia, descritto brevemente il contesto più vasto.

Expanding Attack Capacity. Questo è il nome con cui si indica la riorganizzazione dell'Israel Air Force (IAF), l'aeronautica militare israeliana, che rivendica come già nel 2012 i bombardamenti di Gaza abbiano registrato un raddoppio della potenza offensiva rispetto al Libano nel 2006.

Lo scopo è quello di rendere il più efficace possibile i bombardamenti dell'esercito di Israele.

Chiunque abbia letto qualche pagina di Vittorio Arrigoni, sa della devastazione che ha travolto i palestinesi con l'operazione Piombo Fuso. Evidentemente non è abbastanza, si può fare meglio.

Il Brigadier Generale Amikam Norkin, a capo delle operazioni aeree dell'IAF ha in testa una riorganizzazione complessiva del sistema dell'aviazione militare. Il nostro paese ha un ruolo non marginale.

A fine aprile 2013 Norkin era in Italia. In questi giorni Pasquale Preziosa, il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare Italiana, ha ricambiato la cortesia e visitando le strutture dell'aviazione israeliana si è detto "impressionato dalla capacità di risposta dell'IAF nel rispondere velocemente e con efficacia ad ogni minaccia" (si consiglia la lettura del comunicato integrale, anche se in inglese).

Esiste un consolidato Piano di Cooperazione tra le aeronautiche dei due paesi, con tanto di esercitazioni coordinate che vanno sotto il nome di Blue Flag (che riguardano anche i cieli della Sardegna, terra fin troppo martoriata dallo sviluppo bellico, non solo italiano).

Gli italiani e gli israeliani lavorano insieme in ambito militare, e non si tratta solo di tutela delle democrazie occidentali. Ci sono (stranamente) anche gli affari nel mezzo.

Recente è infatti l'acquisto da parte di Israele di 30 caccia di addestramento M-346, prodotti da una controllata di Finmeccanica, che comprende ovviamente accordi di addestramento e coordinamento militare.

Questi "gioielli italiani" di cui andiamo orgogliosi, come dimostrazione di capacità industriale nostrana, sono anche su YouTube, per i più curiosi.

"Tutte le strade portano ai cieli di Roma" scrivono gli israeliani sul sito della loro aeronautica. Al prossimo massacro sarà dura continuarsi a raccontare che come italiani non abbiamo responsabilità sulla devastazione di Gaza.

A fine novembre ci sarà una manifestazione a Torino, in occasione del vertice Israele-Italia.

Tra gli accordi commerciali che verranno riportati dai principali canali di informazione, scommettiamo, ci sarà poco spazio per la collaborazione militare.

Più facile attendersi, anche a sinistra, fiumi di parole contro l'antisemitismo (?) di chi mette in discussione la destra sionista e le conseguenze a cui porta, denunciate persino dall'Onu. L'importante è essere neutrali, distaccati e mistificare chiunque provi a entrare nel merito delle questioni. Non solo parlando di Palestina...

[N.B. a Gaza si è tornati ad avere morti da parte palestinese e feriti da parte israeliana. Quante centinaia di vittime servono perché se ne scriva anche in Italia?]

Immagine tratta da www.aeronautica.difesa.it

Ultima modifica il Martedì, 05 Novembre 2013 00:05
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.