La discussione è certo spinosa e chiama in causa la riconnessione a strutture sociali primarie e derivate. La pubblica istruzione è centrale in un processo di riallacciamento a queste istanze: essa è un luogo di lotta e di lavoro (e spesso, ahimè, di lotta per il lavoro) e un servizio pubblico che interessa la totalità dei cittadini. Il suo utilizzo è stato sempre, per sua natura, ideologicamente connotato e spesso, in Italia, piegato alle esigenze del potere politico, almeno fino all'avvio della stagione dei Decreti Delegati, negli anni settanta.
Ripartire da un concetto gramsciano di lotta politica e andare oltre la sconfitta epocale dell'inseguimento socialdemocratico alle politiche liberiste che, anche in questo ambito, hanno piegato lo spirito creativo e critico alla logica produttivistica significa indagare a fondo, nel cantiere di produzione del futuro, sulle ragioni di una sconfitta anche tenendo in dovuto conto la dialettica
che questa cultura politica ha con ciò che è alla sua sinistra e con cui dialoga a livello sindacale e di politica locale.
Il centrosinistra ha balbettato contro tagli e durezze, contro i balzi indietro di scuola e università, non ha fornito un supporto concreto nella lotta contro l'asservimento di esse alle politiche di bilancio, in questo sdoganando anche i modelli dirigenziali più dispotici volendo sembrare più realista del re.
Ma questo re, purtroppo, è nudo. Nel senso che lo Stato non ha più risorse per finanziare le contrattazioni di istituto, con cui una serie di attività aggiuntive – anima creativa e senso pedagogico dell'autonomia scolastica - vengono pagate a docenti e ATA: i soldi vanno a copertura degli scatti di anzianità maturati nel 2011 e 2012 (sic) sullo sfondo di un contratto nazionale bloccato ancora per un anno (è scaduto nel 2009) e di una confusione normativa e programmatica che intasa continuamente la già non facile vita d'istituto.
Ecco che riprendere la continuità costituzionale su un percorso di autogestione e sburocratizzazione del sistema educativo può essere un momento di riduzione dello iato fra politica e società, ristrutturando la partecipazione dei cittadini alla gestione dei pubblici servizi e restituendo ai lavoratori della scuola la sovranità sul proprio lavoro, appannata – e non si tratta solo degli insegnanti, che pure hanno lasciato quarti di professionalità nelle controriforme scolastiche – da pratiche impiegatizie ed amministrative che, in nome del buon funzionamento delle istituzioni, fa apparire inevitabile ciò che è frutto di elaborazione ideologica.
È chiaro che una semplice revisione della mappa dei poteri non sarebbe sufficiente: occorrono idee organicamente forti, una visione d'insieme, un destino comune che antropologicamente leghi le diverse esperienze verso la soluzione di problemi storici -come l'abbandono scolastico o l'analfabetismo di ritorno- e quotidiani come la sicurezza negli istituti e le carenze economiche e di personale.
Questo perchè il neoliberismo è purtroppo, ad un tempo, un'idea forte e ingiusta e perchè la sola mobilitazione, scontrandosi con esso e coi suoi modelli economici, spesso soccombe a logiche aberranti sul cammino del superamento delle ideologie: gli esempi, anche con riferimento al galoppante grillismo, qui si sprecano.
Ma le idee forti ci sono: occorre rileggerle alla luce delle esigenze del tempo nuovo, immaginarle in movimento e adattarle ai problemi localmente percepiti nella singola scuola, città, quartiere, luogo di lavoro. Occorre rifuggire dal revisionismo e fornire, in termini di prassi, una risposta ai bisogni materiali -sempre più stringenti- e immateriali come la succitata partecipazione. Occorre attivare una democrazia diffusa, che tragga origine dalle idee di cittadinanza militante immaginata nella nostra Costituzione come cifra di un discorso progressivo e socialista a cui la Resistenza tendeva, dopo l'onta fascista.
In quella Carta non c'è il presidenzialismo surrettizio o il federalismo fiscale – c'è invece un impegno istituzionale alla rimozione degli ostacoli sociali, antitetica al liberalismo classico.
E vuoi vedere che riprendendoci gli spazi di discussione scompare, lentamente ed inesorabilmente come è stato abusivamente introdotto nel nostro ordinamento pure il porcellum e il suo portato culturale di voti utili e partiti personalistici?
Immagine tratta da www.enricopizza.it