Diritti in senso ampio: lotte di civiltà e discussioni sulle tematiche collegate.
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Una data che rimarrà storica, quella del 26 novembre 2016. In tante hanno sfilato insieme dietro allo striscione che recitava “non una di meno”. Uno slogan per dire basta, con forza, alla violenza nei confronti delle donne.
Non una di meno
Verso la mobilitazione nazionale delle donne contro la violenza di genere
In Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa e nell'ottanta per cento dei casi il colpevole del femminicidio è il suo partner. In Italia sono 6.788.000 le donne che, nell’arco della loro vita, subiscono un abuso fisico e\o sessuale: una donna su tre. I dati Istat del 2015 per quanto aberranti mostrano solamente la punta dell'iceberg: infatti non possono rilevare gli abusi non dichiarati, le violenze di genere non denunciate. Totalmente consce dello spettacolo desolante, del vuoto culturale che le circonda, viste ancora le numerose rimostranze che mostra da più parti in questo Paese (“a cosa serve chiamarlo femminicidio? La parola omicidio comprende già i morti di tutti i sessi!") e certe che l'argomento vada analizzato attentamente per trovare gli strumenti utili a decostruirlo, in molte si sono date appuntamento, lo scorso 8 ottobre presso l’aula della Facoltà di Psicologia della Sapienza di Roma, nell'ambito del percorso che porterà alla manifestazione nazionale del 26 ottobre a Roma ed alla giornata di approfondimento di domenica 27 novembre. L’incontro, aperto dalle tre realtà promotrici: la rete IoDecido, D.i.Re-Donne in rete contro la violenza (che riunisce più di 77 centri antiviolenza in tutta Italia) e Udi (Unione Donne in Italia), ha visto la partecipazione di oltre 500 donne ma anche parecchi uomini. Donne diverse, e di diverse generazioni ma con la stessa voglia di confrontarsi per tracciare un cammino comune che aiuti ad affermare l'assoluta serietà della questione violenza di genere nel nostro Paese.
“Non una di meno”, questo il nome dell'iniziativa, richiama le lotte delle donne argentine che, proprio in coincidenza con l’assemblea romana, hanno dato avvio, in oltre 50000, al loro incontro nazionale a Rosario, per rilanciare la campagna “Ni Una Menos”, e che sono scese in piazza, il 19 ottobre, proprio con questo grido per commemorare Lucia Perez, la sedicenne drogata, violentata per ore e impalata.
Un susseguirsi di interventi ha messo in luce che in politica il “rosa” non basta, serve invece il contributo intellettuale, il pensiero aperto e lucido che trova nel femminismo la sua principale radice. Un momento per narrare delle loro vite, della stanchezza di essere vittime, della rabbia e della libertà. Un confronto aperto e libero, un'occasione per rivedersi, scambiare opinioni, esperienze ed idee. L'obiettivo è chiaramente alto e l'auspicio è che sia dalla convocazione nazionale che dalle due giornate romane, del prossimo novembre, nasca un nuovo slancio politico che riunisca le donne su obiettivi comuni urgenti.
L'auspicio è, nei fatti, che si dia avvio ad un percorso costituente di un piano femminista contro la violenza sulle donne e per l'autodeterminazione e la libertà femminile. Occorre, dunque, che si ridia importanza e che si ridefiniscano i contenuti della, ormai troppo rituale, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Per tale ragione il 26 novembre sarà presentato il "piano delle donne femministe contro la violenza di genere" (ed il giorno successivo si darà vita ai tavoli tematici di discussione sullo stesso).
Preso atto (ma se ne è veramente preso atto?) che la violenza non è fatto privato ma è un fenomeno complesso e stratificato (spesso sostenuto da politiche istituzionali, educative, sociali ed economiche non all'altezza e dalle narrazioni distorte da parte dei media) occorre che il tema della violenza degli uomini sulle donne sia affrontato mediante un cambiamento culturale radicale: rifuggendo da strategie securitarie od emergenziali.
Occorre un cambio di passo che parli di prevenzione, di diritti sociali ed economici, di lavoro, di diritto alla salute, di autodeterminazione sessuale e riproduttiva, di femminismo migrante.
Tra gli interventi della giornata, diversi sono stati i riferimenti alle donne curde (capaci di affermarsi con forza spezzando il patriarcato lì dove appare più forte). E la stessa forza delle compagne curde le donne di Non Una di Meno provano ad iniettarla nel loro cammino: stanche di parole di circostanza vogliono far sentire la loro visione del mondo. E vogliono farlo tutte insieme.
NB: La campagna di avvicinamento alla mobilitazione nazionale del 26 e 27 sarà scandita da numerose iniziative dislocate presso associazioni, scuole, università, di tutta Italia e saranno tutte reperibili sul blog della campagna (vedi qui). Il blog sarà strumento di condivisione dei materiali e di coordinamento e diffusione delle iniziative di promozione, approfondimento e finanziamento delle due giornate romane
“La campagna non è piaciuta? Ne facciamo una nuova. #fertilityday è più di due cartoline, è prevenzione, è la #salute degli italiani” scrive così la Ministra della Salute Beatrice Lorenzin.
Eppure, le critiche alla scelta di istituire il Fertility Day hanno riempito pagine di giornali e social network. Fiumi di parole sono stati utilizzati per spiegare che non è semplicemente la campagna a non essere piaciuta. Non sono, dunque, le due cartoline a essere andate di traverso, ma è il Piano nazionale della fertilità del Ministero della Salute: “Difendi la tua fertilità, prepara una culla per il tuo futuro” con la sua retorica.
Rosanna Lau, Stefania Chisu, patriarcato, autodeterminazione e tutte noi
“Una donna italiana quarantenne malata di cazzite cronica intreccia una relazione con un tunisino di 26 anni...lui l’ammazza come un cane...non voglio vedere il suo nome nella liste delle "martiri"... Dire che se l’è cercata è il minimo... Se fosse sopravvissuta l’avrei insultata... Nel rispetto della morte provo pena per sua figlia”.
Le parole di Rosanna Lau, ormai ex delegata del sindaco di Civitavecchia, aprono una riflessione che va oltre al ruolo da lei rivestito ma che molto ci dice di quanto ancora la gabbia del pensiero patriarcale rinchiuda le menti nel nostro Paese.
Le affermazioni della Lau, non sono così diverse da quelle utilizzate, ancora oggi, da molte donne che, spesso, minimizzano o ignorano l'importanza delle parole.
La rimodulazione dei parametri del nuovo calcolo dell’indicatore ISEE della situazione economica, in vigore da quest’anno, fa virtualmente sembrare più ricche, rispetto al calcolo precedente, molte persone e famiglie: questa la denuncia, rilanciata più volte nell’ultimo anno, di sindacati e associazioni di categoria. Diverse organizzazioni studentesche avevano paventato che uno degli effetti più macroscopici si sarebbe abbattuto sull’accesso all’università e alle borse di studio: molti studenti che fino all’anno scorso risultavano averne i requisiti economici, con il nuovo calcolo dell’ISEE ne avrebbero perso il diritto; mentre gli studenti che non avendo borsa di studio pagano le tasse universitarie, generalmente fasciate per reddito, se le sarebbero viste aumentate.
Non è una festa (ma è bella lo stesso)
La Giornata Internazionale della Donna non è una festa. Questo sembrano saperlo quasi tutti; eppure, forse abituati da un calendario scandito da festività comandate religiose, moltissimi tendono a chiamare «festa» qualsiasi ricorrenza – e quindi anche questa. Molti, ancora, colgono l’occasione per bacchettare le donne su cosa sia opportuno fare o meno in questa giornata (e in generale nelle loro vite): è consenso diffuso che sia indignitoso divertirsi, vivere liberamente la propria sessualità, in nome del fatto che tanti anni fa tante donne sarebbero morte in un incendio per conquistare la dignità di non divertirsi. Inutile rilevare che questo “ragionamento” non sta neanche in piedi.
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