Sarebbe però sbagliato bollare tutto ciò come una mera strategia elettorale: ovviamente la metodologia (e la tempistica!) lascia pensare a secondi fini, ma non si può neanche affermare che in Italia non ci sia alcun problema legato alla sicurezza, o perlomeno alla percezione della gente per quanto riguarda l'argomento. Dunque, rassegniamoci: anche la sinistra deve affrontare la questione della sicurezza, deve trovare il modo di farlo non perdendo la sua identità, ma lo stesso deve scendere a patti con la questione.
Non è accettabile che le persone, nello svolgere le azioni della loro quotidianità si trovino, o comunque si sentano, in pericolo. E, ahimè, questo avviene. La sfida è, giocoforza, conciliare la libertà personale dei cittadini con il loro sacrosanto diritto a vivere in sicurezza. Anche perché una cosa esclude l'altra: se mi sento in pericolo tenderò spontaneamente mettermi in salvo, spesso rinunciando a una fetta della mia libertà.
Chiaramente non è facile dare risposte che soddisfino il requisito di salvare capra (i diritti) e cavoli (la sicurezza), sarebbe molto più facile chiudere in galera chi sbaglia e "buttare la chiave". Ma ovviamente non è questa la strada da percorrere. Non possiamo accettare come dato di fatto che la violenza esista, ma dobbiamo almeno sforzarsi di combatterla, in maniera efficace, non semplicemente per dimostrare che "ci stiamo provando". Un esempio pratico: la sicurezza sulle strade. Se esiste un problema legato agli incidenti stradali non è accettabile limitarsi a registrare il dato, ma è necessario analizzare il problema, capirne le cause e trovare delle soluzioni: guida in stato di ebbrezza? Guida al cellulare? Mancato rispetto dei limiti di velocità? Per ognuna di queste causa dovrà quindi essere trovata una soluzione.
E che cosa dire della questione della criminalità comune? Anche quello è un problema che mette a repentaglio la qualità della vita delle persone. Bisogna dunque intervenire: ad esempio ponendo rimedio alla mancanza di illuminazione e all'atmosfera di abbandono in cui sono immersi alcuni luoghi, ad esempio le stazioni.
Ma per fare ciò non si deve abdicare al dovere di tendere la mano ai più sfortunati: nulla vieta di accogliere chi vive in strada in stazioni (per restare sull'esempio già fatto) attrezzate, illuminate e controllate. Vero è che sicuramente degli esseri umani non dovrebbero vivere in stazione. Ma intanto, in attesa di trovare, si spera in tempi decenti, delle sistemazioni più degne di un essere umano, curare di più la funzionalità dei luoghi permetterebbe di fare un migliore servizio sia a chi dalla stazione ci transita sia a chi è costretto a trovarvi temporaneamente riparo.
In conclusione, la sinistra non si può permettere di fare orecchie da mercante riguardo agli allarmi sulla sicurezza: da un lato deve riuscire a riportare la situazione entro il livello di guardia, facendo capire ai cittadini che tanti problemi non sono esattamente dell'entità fatta loro percepire dai mass media (ad esempio non c'è alcuna invasione di immigrati), ma dall'altra è suo preciso compito togliersi la benda dagli occhi e iniziare ad affrontare le cose con senso pratico, riconoscendo le problematicità (e anche i colpevoli della situazione) e ponendovi una volta per tutte rimedio.
Altrimenti giocoforza i cittadini andranno, e porteranno il loro voto, verso chi almeno dà segni di capire i loro problemi.