Domenica, 06 Ottobre 2013 00:00

Italian History X - Il cuore nero di Roma

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Il treno completa la corsa sul binario n. 24, penetrando nel grembo affollato della stazione con la dolcezza di un amante che scivola piano fra le gambe di una vergine. I passeggeri stipati nei compartimenti si ergono in piedi e conquistano la via più breve verso l'uscita, con l'entusiasmo di chi è stato appena chiamato alle armi. Lo spaccato di umanità che si accalca in attesa dietro le porte è quanto di più vario si possa immaginare: c'è il fumatore incallito con la sigaretta già serrata fra le labbra, un bambino che traccia la sua rudimentale firma sulla condensa mentre la giovane innamorata è impegnata a scambiare sguardi complici con chi l'attende al di là del vetro. Si spalancano i portelloni e quell'insieme eterogeneo di esistenze riprende il suo corso, sotto la battente pioggia d'ottobre che sbiadisce i ricordi di un'estate lontana una manciata di secoli.

Di tempo per ricordare ne avrai: dieci minuti d'orologio, quelli che separano la tua banchina dalla sala principale di Roma Termini. Vieni inesorabilmente fagocitato nel ventre del maggiore scalo ferroviario d'Italia (il secondo d'Europa per traffico passeggeri), piccola città dentro la Città eterna, ricettacolo di culture che la contaminano e l'attraversano. Qualcuno ti chiede se hai d'accendere: grazie, prego, arrivederla. La tua voce è un tutt'uno con l'ininterrotto e sommesso brusio che, tra la vastità di queste mura, sembra sollevarsi da ogni dove. Proporzionalmente al tempo trascorso cresce la convinzione che la gente che vedi attorno viva qui da sempre, in un universo parallelo, ognuno protagonista del suo personalissimo Truman Show. È a quel punto che intravedi una via di fuga, ringrazi il cielo e chiunque sia ad abitarlo ma non senza una punta di rammarico. Nessun Truman Show, l'unico spettacolo che le Ferrovie dello Stato sanno regalarti si esaurisce nella conta del ritardo accumulato dal tuo treno. Dilettanti. Adesso, lasciata Termini alle spalle, sei un puntino immerso nel sempiterno traffico romano.

La storia racchiusa tra le pagine di OltreNero (edizioni Contrasto) prende avvio da qui, a poche centinaia di metri da Piazza dei Cinquecento e Piazza Vittorio. Frutto della collaborazione tra il giornalista di la Repubblica Marco Mathieu ed il fotografo livornese Alessandro Cosmelli, è un reportage foto-giornalistico su ciò che rimane della “galassia” fascista in Italia.

Nel cuore del quartiere Esquilino, al numero 8 di via Napoleone III, svetta un palazzo d'epoca alto sei piani. Le fotografie di Cosmelli immortalano le finestre scure che tingono il prospetto della facciata, come in un gigantesco schema per parole crociate dove la definizione centrale è già scritta: Casa Pound. Il nesso identitario con l'ideologia mussoliniana si percepisce a partire dall'uso dei caratteri romani, scolpiti sul marmo, formale riprova genetica di appartenenza e discendenza. Al primo piano dello stabile è situato l'ufficio, composto da un paio di locali stracolmi di libri, giornali e manifesti. Tra questi, quelli che commemorano l'attentato avvenuto in via Acca Larentia il 7 gennaio 1978, nel quale persero la vita due militanti dell'allora Fronte della Gioventù. Dietro la scrivania, il presidente di Casa Pound, Gianluca Iannone: “Sono nato l'11 agosto del '73 nel quartiere San Giovanni: nella mia famiglia non si respirava politica, mamma impiegata al ministero della Difesa, papà in Rai. […] Ricordo nitidamente la fascinazione per le scritte che vedevo sui muri di Roma, in macchina con mio padre, gli occhi appiccicati a quei caratteri di vernice nera, grossi, importanti. Erano parole di sfida e di combattimento”. A diciassette anni entra a far parte di Movimento Politico, organizzazione di estrema destra dalla dichiarata matrice paranazista che fa dell'antisemitismo e degli atti di violenza le proprie bandiere. In seguito, Movimento Politico confluisce con Azione Skinhead e Veneto Fronte Skinhead nel Network Base Autonoma, sciolto nel 1993 sugli effetti della legge Mancino. Il 21 giugno 2008, Casa Pound – denominazione atta a rivalutare la conquista del potere abitativo tramite l'occupazione – diviene un'associazione di promozione sociale. Iannone racconta così la presa dell'edificio che tutt'ora è la sede centrale del movimento: “Da giorni avevamo messo in giro volantini in cui spiegavamo che in zona si era perso “un gatto nero di nome Pound”. Avevamo visto questo palazzo abbandonato e fatto la visura catastale: era stato un distaccamento del ministero dell'Istruzione. Prima dell'azione prendiamo una stanza nell'albergo vicino, nello stesso isolato, poi di mattina entriamo dal cortile. Arrivano carabinieri, polizia e vigili urbani e dichiariamo l'occupazione”.

Schieramenti politici affini li accusano, per via dei metodi adottati, di scimmiottare pratiche che da sempre appartengono ai centri sociali. Dal canto loro si difendono asserendo di rimanere assai lontani dalla sinistra in quanto a contenuti, etica ed estetica; ricordano ed onorano i camerati caduti; chiedono giustizia a favore degli innocenti condannati per la strage di Bologna. La nausea ti assale quando provi a dare dei nomi a questi presunti capri espiatori, vittime di una fantomatica magistratura in odor di socialismo. Due a caso, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, entrambi appartenenti ai NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari): gruppo terroristico neo-fascista attivo alla fine degli anni '70, “firmò” oltre trenta omicidi senza contare le ottantacinque vittime che persero la vita nella tragedia del capoluogo emiliano. Conclude Iannone: “Casa Pound è la chiesa di tutte le eresie, perché vogliamo che si torni ad immaginare il fascismo come un grande movimento culturale. Forza Nuova? Un inganno: usano la simbologia della destra radicale per attirare i ragazzi, per noi sono come il Ku Klux Klan. Il nostro è piuttosto un estremo centro alto” (con scappellamento a destra come fosse Antani, ndr). Non mancano i riferimenti agli esponenti della politica nazionale che provengono dal medesimo “bacino ideologico” di Casa Pound, in particolar modo ai reduci di quello che fu il Fronte della Gioventù. Esprimono profonda ammirazione nei riguardi di Giorgia Meloni: “Giorgia ha fatto tutto l'iter politico, la gavetta, insomma, ed è sempre stata una in gamba”. Meno lusinghieri quando si tratta dell'ex sindaco della Capitale, anch'egli proveniente dalle fila del movimento giovanile missino di cui ricoprì la carica di segretario provinciale romano in giovanissima età: “Mi ricordo tutto di quel che Alemanno ci diceva in sezione ai tempi del Fronte. E ora se ne va in visita ad Auschwitz. Ma io ricordo tutto. Non mi far parlare”.

Da un'occupazione all'altra, sulla collina oltre l'Olimpico, l'obiettivo di Cosmelli passa al setaccio un secondo spazio sottratto all'oblio. Ad accompagnare il fotografo è Priscilla, diciannove anni, due smeraldi grezzi dove gli altri hanno gli occhi e spighe di grano ad incorniciarle il viso. “Mi chiedi cosa significa essere fascista oggi e ti rispondo che vuol dire alzarsi e combattere, anche interiormente: come dicono gli Zeta Zero Alfa, la bellezza è nell'azione”. Indossa una felpa del Blocco Studentesco, emanazione di Casa Pound operante all'interno di scuole ed università. Una scritta nera sul muro suggerisce a caratteri irregolari “Area 19 – Postazione Nemica”: è un'ex stazione della metropolitana, nonché un simbolo della speculazione in cemento armato, utilizzata per l'avvicinamento dei tifosi allo stadio durante i Mondiali del '90. Occupata nel 2008, è divenuta luogo di ritrovo per assemblee e concerti. Hate For Breakfast, Macchina Targata Paura, Sotto Fascia Semplice, Zeta Zero Alfa: questi i nomi dei gruppi più gettonati. Da queste parti va di moda l'“Oi!”, musica assimilabile al punk-rock e caratterizzata da un ritmo fortemente cadenzato. Esponenti di spicco di questo genere sono gli Skrewdriver, complesso capitanato dal cantante Ian Stuart, fervente sostenitore dei circuiti nazisti del White Power Rock e del Rock Against Communism in Europa e Stati Uniti. Davanti al palco botte da orbi, fibbie strette nei pugni e cinte che fendono l'aria, altro delirio nel delirio. “Cinghiamattanza”, la chiamano loro. Chiudono il concerto i Cobra Kai, intonando e facendo intonare agli astanti: “Cobra Kai – Sieg Heil!”. Le cinghie roteano e stavolta colpiscono duro la memoria collettiva. Esibizionisti? Senz'altro. Nostalgici? Senza dubbio. Nausea ancora, sempre e comunque.

Continuare a sfogliare le pagine di “OltreNero” diventa sempre più una sfida personale, ci si imbatte in braccia tese e corpi tatuati all'inverosimile con svastiche e croci celtiche delle quali stenti a tenere il conto. Alcune battaglie “sociali” di Casa Pound riuscirebbero perfino a non risultare del tutto incondivisibili, come quella sul mutuo sociale (vendita di case a prezzo di costo a famiglie non proprietarie, tramite il pagamento di una rata di mutuo che non superi un quinto delle entrate della famiglia stessa). Idee e spunti che risultano sviliti dalla zavorra dell'ideologia fascista, quella che ritrovi in altri punti del programma politico: totale rifiuto della società multirazziale, lotta all'immigrazione, contrarietà all'aborto e, dulcis in fundo, riscrittura della Costituzione.

La scelta del bianco e nero enfatizza la drammaticità, quasi l'insensatezza, di situazioni che credevi impossibili da concepire anche solo in linea teorica. I ritratti, con i volti spettrali che sbucano letteralmente dallo sfondo buio, riescono a risultare emotivamente coinvolgenti. Non così per qualche “sfocato creativo” di troppo, di quelli che Tano D'Amico non esiterebbe a condannare (“[...] si costruisce una fotografia che ostenta falsi limiti. Il falso mosso, gratuito, senza motivo, senza causa reale. Si costruisce un falso limite da cui far scaturire una falsa poesia”). L'approccio dei due giornalisti, com'è naturale immaginare, a volte fatica a mantenersi entro gli argini del politicamente corretto. L'imparzialità sarebbe l'ennesimo pugno assestato con chirurgica precisione sul volto della storia, fin troppo spesso oltraggiata. Conclusa la lettura, ritorna attuale l'ironia di Giorgio Gaber: adesso ti è più facile intuire perché “il cesso è sempre in fondo a destra”.

Ultima modifica il Lunedì, 20 Aprile 2015 08:43
Davide Barbera

Classe 1988, nasce a Trapani, sotto il sole raggiante che bacia la costa occidentale della Sicilia. Grazie all'influenza del padre si appassiona alla fotografia, passione che spesso prende le sembianze di una vera e propria ossessione con la quale tediare chiunque capiti nel suo raggio d'azione. Toscano d'adozione, attualmente studia fotografia presso la Libera Accademia di Belle Arti di Firenze. Confidando nelle proprietà del buon vino, che inscindibilmente lo accompagna fin dall'anagrafe, rassicura se stesso e chi gli sta accanto asserendo che migliorerà invecchiando.

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