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Il rock esiste e vive a Firenze: Eddie Vedder live
24 Giugno
SPECIALE FIRENZE ROCKS FESTIVAL
Dopo una prima notte libidinosa ed emozionante, il Firenze Rocks Festival ne propone un'altra ancora più folle e ricca di emozioni. Se pensavate che l'ultimo concerto italiano degli Aerosmith mi avesse messo ko, mi dispiace deludervi. La mia sete di rock mi ha trascinato in un altro vortice di emozioni che difficilmente nella vita di tutti i giorni si provano. Nonostante sia ancora piuttosto infastidito dal forfait dei Cranberries (sarebbe stato un 24 giugno da annali), mi preparo per recarmi alla Visarno Arena convinto che sarà una notte emozionante. Lo dico con diverse ragioni. Il caldo è opprimente, fastidioso. Non tira un filo d'aria, il sole batte forte, dritto sulla testa. L'attesa per Eddie Vedder è fortissima. D'altronde per uno come me che si nutre visceralmente di cinema e rock, questa era una serata irrinunciabile. A questo aggiungete che il film "Into the wild" a me ha cambiato veramente la percezione della vita, anche in relazione a ciò che succede attorno a noi. La cosa che veramente ha lasciato l'amaro in bocca erano i gruppi di apertura. Dalle 17 fino alle 20.50 abbiamo assistito a spettacoli che con il rock hanno veramente poco a che fare.
Il rock esiste e vive a Firenze
23 Giugno, speciale Firenze Rocks Festival
L'attesa è finita. Il caldo invece è appena iniziato e batte forte. Siamo oltre i 40 gradi, senza dimenticare l'umido. Molta gente è in costume ed è sdraiata sugli asciugamani a prendere il sole. Polvere e forti odori di sudore facevano il resto. L'appello di non prendere l'auto è stato preso alla lettera. La tramvia è stata presa d'assalto e tutto è filato liscio ai vari ingressi della Visarno Arena, nel cuore del Parco delle Cascine. Le massicce misure di sicurezza hanno funzionato a dovere.
Trent'anni sull'albero di Joshua Tree
Mentre i fan di tutto il mondo attendono "Songs of Experience" (il sequel di "Songs of Innocence"), gli U2 torneranno in tour per il globo per festeggiare il trentennale di uno dei loro capolavori: "The Joshua Tree". Il 15 e il 16 luglio saranno anche a Roma allo Stadio Olimpico.
Era il 9 marzo 1987 quando l'album uscì. Francamente non ricordo niente di quel periodo perché non avevo ancora compiuto un anno di vita. I pannolini e i sonnellini riempivano la mia vita. Nonostante questo, ho sempre avuto un debole per la musica degli anni 70 e 80. Se provate a scendere a ritroso nel rock, siete fritti. La musica vi avvolgerà e vi cambierà la vita. Almeno questo è il minimo comune denominatore di un ascoltatore appassionato di rock.
The xx: verso un nuovo equilibrio
Recensione del nuovo album I See You della band londinese
Fra le punte di diamante della scena musicale britannica, i londinesi The xx si erano imposti come una delle band più interessanti dell'alternative già col folgorante omonimo album d'esordio del 2009, una eccitante fusione di cadenze new wave sincopate e scure, di linee melodiche dream pop ovattate e introverse e di ritmiche r'n'b pulsanti e avvolgenti per uno dei dischi indie più giustamente celebrati dello scorso decennio. Il meritato successo di quel disco che, a modo suo, ha fatto scuola, è però storia passata. Già l'insipido e piuttosto deludente Coexist (2012) riporta la band sulla terra, nonostante i successi di vendita, e rende palese la necessità di un cambio di rotta: appare insomma evidente che la mera e stanca riproposizione di quel sound non avrebbe più pagato, almeno dal punto di vista artistico. Non devono allora stupire i cinque anni che separano questo nuovo I See You (2017) dal suo predecessore. Una lenta gestazione che testimonia la difficoltà e l'incertezza sulla strada da percorrere.
Per alcuni, ancor prima che per la scomparsa di illustri artisti come David Bowie e Leonard Cohen, che ci hanno salutati regalandoci il loro ultimo testamento musicale, il 2016 in musica sarà ricordato per il trionfo dell'atteggiamento poptimista.
Mai come quest'anno l'egemonia nelle classifiche delle riviste musicali più rinomate (NME, Pitchfork, Paste, Noisy, Rolling Stone, ecc...) è stata conquistata da grandi pop star e in particolare dei grandi divi della scena hip-hop e R&B. Non solo in testa alle classifiche di vendita dunque, ma anche agli apici di quelle stilate dai critici, musicisti come Beyoncé, Rihanna, Solange, Kanye West, Drake monopolizzano la scena ridicolizzando la vecchia dicotomia alternative/commerciale e mettendo d'accordo cerchie sociali molto diverse fra di loro.
Mitski, la sorpresa dell'anno
Recensione del folgorante Puberty 2, solidissimo pasticche di cantautorato indie
Una delle sorprese più piacevoli del 2016 è il sanguigno e febbrile Puberty 2, piccola grande gemma di cantautorato rock alternativo che impone Mitski Miyawaki come la stella in ascesa di un movimento di musiciste indie, prevalentemente americane, che negli ultimi anni ha partorito lavori di ottima qualità, dal gothic rock ruvido di Chelsea Wolfe, al dream folk vittoriano di Marissa Nadler, passando per l'alt-rock muscoloso di Angel Olsen e la wave artistoide di St. Vincent. Ciò che è stupefacente è che rispetto a questo ampio e variegato ventaglio di artiste, Puberty 2 ha la presunzione di porsi proprio alla convergenza stilistica fra queste varie anime del cantautorato contemporaneo, riuscendo di fatto a intercettare sensibilità e approcci variegati per ricollocarli entro una proposta forse non estremamente originale, ma tremendamente stimolante e solida.
Si può allora parlare di un mash up di influenze e di tendenze che trovano il minimo comun denominatore nell'approccio diretto e sofferto di una Mitski espressionista e irrequieta come non mai che si spoglia di ogni patina di mistero per mettere completamente a nudo le sue angosce e paure e i suoi desideri più reconditi che affondano nella disperata ricerca di una felicità che non si riesce mai ad afferrare. Sebbene si tratti già del quarto lavoro dell'artista nippo-statunitense, la freschezza, l'immediatezza, la spontaneità e la densità musicale presente in questo disco farebbero pensare a un esordio tanto ispirato quanto fulmineo.
Puberty 2 rappresenta una seconda adolescenza almeno in due sensi. Innanzitutto, la musicista problematizza in maniera più matura e profonda le trasformazioni che si accompagnano all'età adulta, mettendo in luce contraddizioni, stati d'animo, contrasti fra sogni e responsabilità, momenti di debolezza e coraggiose decisioni di autonomia. D'altro canto, la maturità non è solo personale ma anche e soprattutto artistica laddove si ha una nuova presa di coscienza che influenza profondamente sia i testi, che si elevano decisamente dalla media di quelli delle cantautrici indie contemporanee, sia anche la musica stessa che raggiunge livelli di consapevolezza e rifinitura eccellenti.
Che questo lavoro rappresenti un cambio di ritmo notevole nella produzione artistica della 26enne Mitski è stato messo in luce da più parti e rimarcato dagli elogi della critica specializzata. Così, meritatamente, sembra proprio che la carriera di questa giovane ragazza sia arrivata a un momento di rottura decisivo che dal semi-anonimato dei primi tre lavori, porta dritto al relativo successo che il music business alternativo può offrire a un cantautorato che ha molto più da spartire con i Pixies e Lisa Germano che non con Bob Dylan o Joan Baez.
La propensione di Mitski alla contaminazione emerge lampante fin dai primi ascolti. Il disco si apre con la dichiarazione di intenti di "Happy" che in realtà è un lacerante resoconto di una brutale storia di abbandono, geniale numero di scuola wave e art rock alla St. Vincent, un sofferto mid-tempo dalle splendide linee melodiche intervallate da synth vigorosi e dolenti intermezzi di sax. La tensione nervosa va persino aumentando nella splendida cavalcata adrenalica indie pop di "Dan The Dancer". Gettate la coordinate, non resta che abbandonarsi al resto del disco che si prodiga meravigliosamente tanto nei meandri di un rock raccolto, dimesso e dolente ("Once More to See you": Lisa Germano filtrata attraverso Anna Calvi e Julia Holter), quanto in quelli di un indie rock ruvido e spigoloso (la corrosiva e isterica "My Body is Made of Crushed Little Star", bel numero grunge fra le Hole e Kate Bush e sopratutto "Your Best American Girl" prodigioso momento di sofferta epicità alla Car Seat headrest che è anche un memorabile inno di autoaffermazione).
Passando fra sognanti elegie notturne ("Fireworks", la più vicina all'eleganza folk senza tempo di Marissa Nadler e sopratutto "A Burning Fire", commovente commiato che richiama a gran voce la dolce solennità di Hope Sandoval) e languide giornate spese ad autocompatirsi ("Crack Girl", fra Lana del Rey e i Portishead), si arriva al capolavoro del disco che è l'elegante e straziante ballata "I Bet On Losing Dogs", momento di delicato abbandono e serena rassegnazione che si colloca fra i migliori pezzi del 2016.
Con Puberty 2 Mitski si impone come una delle più rappresentative cantautrici contemporanee. Nella sua ricerca di un equilibrio fra il suo animo folk e la sua vena indie, sta la grandezza di questo disco. Le doti vocali innegabili, i testi irrequieti e la spiccata ricerca melodica fanno il resto, elevando nell'olimpo delle grandi una ragazza di appena ventisei anni che ha ancora margini di miglioramento.
voto: 8,5/10
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