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In Italia sono quasi 4 milioni le persone che possono essere classificate come lavoratori autonomi senza dipendenti. In media, su 1000 euro che vedono entrare, a loro ne restano 545 mentre il resto se ne va in tasse (ad un lavoratore dipendente, su 1000 euro, ne restano in media 811). Sono stati proprio questi lavoratori i protagonisti dell'iniziativa organizzata oggi in Camera del Lavoro a Firenze, “Lavoro e impresa: innovazione e diritti”. Uno dei grandi problemi di questo Paese risiede proprio nella sua difficoltà di prendere atto dei cambiamenti che hanno stravolto il mercato del lavoro.
Al di là dell’evidentissima importanza di quanto è in corso nel più importante stato della riva meridionale del Mediterraneo, ovvero la Repubblica Egiziana ritengo importante intervenire sulla questione anche per i riflessi che questi accadimenti hanno nel dibattito della residua sinistra italiana. Ripetere che la sinistra in Italia sia in una profonda crisi d’identità è, ormai, non solo un luogo comune, ma bensì una, noiosa, ovvietà.
Ho nominato la sinistra per carità di Patria in quanto anche le residue forze che continuano a riferirsi al termine comunista (mi riferisco essenzialmente al PRC e al Pdci) non brillano quanto meno nell’iniziativa sul tema dell’imperialismo contemporaneo, per non parlare della più generale questione internazionale. Ricordato quanto sopra affronto la “vicenda egiziana” attuale.
Jean-Claude Juncker, fino a pochi mesi fa e per otto anni a capo dell'Eurogruppo (l'organismo del ministri economici e finanziari della zona euro), primo ministro del Lussemburgo da diciotto, capo di un partito democristiano al governo in questo paese, da solo o in coalizione, dal 1944, si è dimesso a seguito della scoperta che i servizi lussemburghesi di intelligence spiavano alcuni concittadini. Juncker avrebbe trascurato di “controllare” i servizi ecc. Il Lussemburgo è un paese di meno di mezzo milione di abitanti, i suoi servizi non servono obiettivamente a niente che gli possa essere utile, ma al tempo stesso è una potenza finanziaria di tutto rispetto, nella sua veste di ex paradiso fiscale: niente di strano che lo spionaggio vi riguardi figure trafficate in qualcuno degli affari sporchi del pianeta oppure impegnate in finanziamenti di ricerca o industriali di portata strategica. Però, alt! Perché mai i servizi lussemburghesi dovrebbero spiare, anziché proteggere, tali loro concittadini? Violare quel segreto bancario che tutela figure i cui soldi arricchiscono il Lussemburgo?
Gli argomenti sollevati dall’articolo di Croatto e Palagi sono molti e complessi; volendo intervenire su molti di essi, per comodità cercherò di seguire il loro ordine di esposizione, anche se lo farò in maniera poco organica e spero non troppo confusa.
Gli attivisti dei movimenti contro la povertà hanno festeggiato il 26 giugno l'affossamento del disegno di legge volto a rivedere in senso restrittivo i criteri per l'accesso ai welfare benefits. Soddisfazione è stata espressa dal Presidente del PCG Shii, che ha parlato di “un grande successo reso possibile dalle proteste dei cittadini”.
Il tema dei grandi giacimenti di ricchezza esistenti in Italia, celato fino a poco tempo fa dalle forze politiche di governo nella loro totalità, sta affiorando da qualche giorno nel dibattito politico e sui media. Le ragioni sono subito dette. La prima è l'inconsistenza assoluta del governo Letta, capace solo di campagne pubblicitarie sull'occupazione giovanile, vantando i quattro soldi ottenuti dall'Unione Europea, gran parte dei quali si vedrà spartito tra il 2014 e il 2015. La seconda ragione, a sua volta, è che tutte le previsioni degli economisti seri, e addirittura dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e del Fondo
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