Relazioni internazionali, notizie da altri paesi, ingiustizie sparse per il globo.
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Il 10 marzo, un giorno prima del secondo anniversario dell'incidente nucleare di Fukushima, si sono tenute in tutto il Giappone manifestazioni per chiedere l'uscita del Paese dalla produzione di energia nucleare. La manifestazione più importante è avvenuta a Tokyo ed ha visto la partecipazione di circa 40.000 persone.
Un altro tsunami - questa volta causato dai Liberal-Democratici - in arrivo per i lavoratori giapponesi, il Consiglio per la Promozione delle Riforme Normative (un organo consultivo del governo nato il 23 gennaio su iniziativa del Premier Abe e che vede tra i suoi membri dirigenti di aziende private) ha proposto la revisione di alcune norme in materia di lavoro e prestazioni sanitarie.
Lucio Caracciolo, direttore della rivista di “geopolitica” Limes, ha rilasciato immediatamente dopo l'annuncio della morte di Hugo Chávez una dotta intervista alla RAI sul bilancio di quasi quindici anni di rivoluzione socialista “bolivariana” in Venezuela e sulle intenzioni di questa rivoluzione in America latina. Essa, al tempo stesso, ha dichiarato Caracciolo, è riuscita ed è fallita. Sul piano delle realizzazioni sociali, cioè dell'uscita della stragrande maggioranza del popolo venezuelano dall'emarginazione, dalla miseria e dalla dominazione di una delle più fetenti cleptocrazie borghesi del pianeta, ha realizzato obiettivi importanti. Tuttavia (come evitare di sottolinearlo?) è fallita nel suo tentativo di fare del Venezuela il paese egemonico in America latina. In questa parte del mondo “c'è solo il Brasile”. Questo paese, guidato da una sinistra non “populista”, democratico anziché essere guidato da un “caudillo”, ha efficacemente contrastato le velleità chaviste, ecc. ecc.
Abbiamo appreso ieri sera della scomparsa del Presidente venezuelano Hugo Rafael Chávez Frías. Egli soffriva da due anni, come è noto, di una forma micidiale di tumore; figura coraggiosa, generosa, ottimista, aveva sottovalutato le prime manifestazioni della malattia. La popolazione venezuelana si è riversata nelle strade commossa. A da subito, poiché la lotta di classe esiste anche se in Italia non si può dire senza essere ridicolizzati dai mass-media, si è scatenata la cagnara mediatica, sulla scia dei mass-media statunitensi, di quelli della destra latino-americana e spagnola, inoltre del quotidiano spagnolo liberista di centro-sinistra el País, a cui l'omologo italiano la Repubblica si abbevera. Una recente ricerca fatta in Spagna ha mostrato come il 55% delle “notizie” pubblicate da el País su Venezuela, Cuba, Bolivia, Ecuador è confezionato a Miami dalla destra somozista cubana ivi riparata: è questa la deontologia, appunto tutta di classe, di tanta stampa occidentale.
Continua a tenere banco la disputa territoriale sino-giapponese per le isole Diaoyutai/Senakaku, tema da tempo attenzionato dal Partito Comunista Giapponese e che è stato affrontato anche durante la riunione del Comitato Centrale del 9 febbraio nella quale il Presidente del Partito Shii ha illustrato i principi per la risoluzione pacifica della contesa: “il conflitto va evitato a tutti i costi” ha rimarcato l'esponente comunista durante la propria relazione.
Shii ha dunque invitato il governo giapponese e quello cinese ad avviare un negoziato escludendo ogni prova di forza ed ogni misura di natura militare ed a chiudere inoltre tutte le dispute di natura economica e non esistenti tra i due Paesi. Shii ha criticato entrambi i governi per le posizioni muscolari espresse fino ad ora.
Intervista all'onorevole Akira Kasai, membro della Camera dei Rappresentanti, Vicepresidente della Commissione Politica e componente dell'Esecutivo del Partito Comunista Giapponese
1) Il grande terremoto del marzo 2011 che ha colpito il Giappone ha impressionato il mondo, a due anni di distanza a che punto è la ricostruzione? In che condizione si trova l'economia delle aree colpite?
Il terremoto e lo tsunami hanno lasciato più di 18.000 vittime (includendo anche quanti sono morti in seguito al disastro) ed oltre 2.700 persone risultano disperse. Per quanto riguarda i danni agli edifici risultano totalmente distrutte circa 130.000 case, quelle ufficialmente dichiarate come “semi-distrutte” sono 270.000 e quelle “parzialmente distrutte” 730.000. Attualmente ci sono più di 320.000 persone che vivono in case temporanee.
La catastrofe all'impianto nucleare n. 1 di Fukushima ha causato l'evacuazione di 156.000 persone che sono state costrette a lasciare la propria città a causa della grave contaminazione radioattiva. Oggi, a due anni da quel disastro, le aree colpite sono molto lontane dall'essere “ricostruite”. La gran parte delle vittime della catastrofe non sono in grado di vedere alcuna prospettiva di ricostruzione delle proprie case. Anche se alcune misure sono state prese per far ripartire le attività lavorative che sostenevano le vittime ciò è avvenuto ad un ritmo estremamente lento. I pilastri delle industrie locali, agricoltura e pesca, sono a metà della ricostruzione, con solamente il 40% dei terreni agricoli coltivati e con il pescato che raggiunge i due terzi del livello pre-disastro.
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