Internazionale

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Relazioni internazionali, notizie da altri paesi, ingiustizie sparse per il globo.

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Giovedì, 31 Gennaio 2013 00:00

Il bilancio partecipativo del Brasile

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Che io sappia, le prime esperienze latino-americane di democrazia partecipata non sono venezuelane ma brasiliane, attivate, sotto il nome di “bilancio partecipativo”, da amministrazioni locali (di stato federato o comunali) in mano alla sinistra, in particolare al suo principale partito, il PT (Partito dei Lavoratori) di Lula e Dilma Rousseff (sono rispettivamente il precedente e l’attuale presidente del Brasile). Le località più note di quest’esperienza sono lo stato di Rio Grande do Sul e la sua capitale Porto Alegre, per avere questa città ospitato i primi tre Forum Sociali Mondiali. Ma io ebbi la fortuna di conoscere con molto anticipo l’esperienza brasiliana, a San Paolo, prima ancora che Lula vincesse la sua prima presidenza.

Nei suoi termini generali l’esperienza brasiliana è fatta così. La maggioranza di sinistra, in uno stato o in un comune che sia, si impegna a determinare parte della propria spesa (il 20-25% circa, esattamente quella che non va in costi fissi già esistenti, come servizi sociali, servizi pubblici, assistenza, salari, stipendi) sulla base delle richieste della popolazione. Queste richieste vengono definite attraverso un itinerario fatto di assemblee popolari di ogni tipo (di quartiere, paese, ecc.; sindacali, di partito, da parte di altre forme associative, ecc.; di donne, giovani, studenti delle varie scuole, lavoratori delle fabbriche e degli uffici, ecc. ecc.), che trattano sia l’uso della totalità della spesa a disposizione che quello della parte impiegabile su un determinato territorio o in risposta a un determinato tipo di problemi. Naturalmente il risultato esorbita la cifra globale a disposizione.

Lunedì, 28 Gennaio 2013 00:00

Israele dopo le elezioni

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Pareva proprio che «la campagna elettorale più noiosa di tutti i tempi» dovesse noiosamente partorire il terzo governo di destra di Benjamin Netanyahu, il nazionalreligioso “regno di Re Bibi” come l'abbiamo sempre conosciuto, magari con gli ormai ingombranti barbogi di UTJ e Shas nuovamente relegati nel campo del messianesimo e sostituiti con l'ultradestra 2.0 di Naftali Bennett. Proprio per questo resta difficile non rimanere stupiti di fronte ai risultati di queste elezioni per la diciannovesima Knesset: il centro che sfonda, Likud (che nel frattempo ha assorbito Lieberman) duramente colpito, Bennett frustrato, il Labor che nonostante tutto non affonda, la sinistra-sinistra stabile o in crescita. In percentuali: Likud-Yisrael Beiteinu 23.32%, Yesh Atid 14.32%, Labor 11.39%, HaBayit HaYehudi 9.12%, Shas 8.75%, UTJ 5.17%, Hatnuah 4.99%, Meretz 4.54%, le due liste arabe complessivamente 6.21%, Hadash 3%, Kadima 2.1%.

Utile ricordare che lo sbarramento per la legge elettorale israeliana è fissato al 2%.

Sabato, 26 Gennaio 2013 00:00

Ancora novità, tra Turchia e Francia

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Ehilà, le cose di cui stiamo trattando da qualche tempo, sulla scia della strage di Parigi, costata la vita a tre compagne del PKK, il Partito dei lavoratori della Turchia, stanno evolvendo nel senso di portare alla luce ciò che avevamo ipotizzato, e ben più velocemente di quanto si potesse presumere.

Primo fatto: il “curdo” Ömer Güney che ha, cosa ormai acclarata dall’indagine francese, commesso la strage, individuato in Turchia come appartenente a una famiglia legata all’MHP, il partito razzista e criminale dei Lupi Grigi, legato alle componenti eversive dell’apparato militare turco, in realtà, hanno appena scoperto gli inquirenti turchi, è invece un turco doc. Nella zona di origine della sua famiglia non c’è ombra di curdi, sono tutti turchi da generazioni. Sicché una parte della stampa turca ha cominciato la campagna, sostitutiva di quella iniziale a proposito della faida interna ai curdi del PKK, che definisce Güney epilettico, affetto da un tumore alla testa, ecc., insomma un poveraccio malato; guai quindi a pensare che lavori alle dipendenze di componenti militari.

Venerdì, 25 Gennaio 2013 00:00

Novità sulle curde uccise a Parigi

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Novità sul versante delle indagini a Parigi sull’assassinio, il 9 gennaio, delle tre compagne curde del PKK, il partito dei lavoratori curdi, Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Söylemez. Venerdì 17 gennaio sono stati fermati due curdi. Ciò ha consentito al governo turco di rincarare la propria versione dei fatti, presa subito dopo la strage, quella di una faida interna al movimento curdo. Uno dei due arrestati è stato però rilasciato il giorno successivo, perché risultato impossibilitato a partecipare alla strage. Dell’altro uomo, un trentenne, Ömer Güney, che svolgeva il ruolo di assistente e autista di Sakine Cansız, il fermo è stato invece prolungato, per essere trasformato in arresto lunedì scorso (21 gennaio). L’annuncio alla stampa dell’arresto è stato dato dal magistrato che segue l’indagine, François Molins, figura legata agli ambienti negazionisti e lepenisti, che ha insistito egli pure sulla faida interna. Le prove a carico di Güney sembrano significative: le telecamere nell’edificio dove è stata compiuta la strage indicano che l’arrestato era al suo interno al momento in cui è avvenuta. Insomma tutto tornerebbe.

Domenica, 27 Gennaio 2013 00:00

Partecipazione e rivoluzione

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Tra le condizioni istituzionali di avvio di quelle esperienze progressiste latino-americane che hanno compiuto da più tempo una netta scelta socialista (nell’ordine: Venezuela, Bolivia, Ecuador) c’è la trasformazione radicale avvenuta nella forma della rappresentanza del popolo, dal livello del piccolo comune per arrivare al parlamento nazionale. Sarebbe un errore ritenere che queste esperienze si basino semplicemente su una serie di riforme sociali, l’azione di un partito o più partiti di ispirazione socialista, la partecipazione popolare organizzata: quest’ultima infatti non sarebbe in grado di dispiegarsi a fondo.

In Venezuela prima della vittoria nel 1998 di Hugo Chávez alle elezioni presidenziali il sistema delle forze politiche di governo appariva estremamente corrotto, quindi apparivano estremamente corrotti i rappresentanti eletti del popolo. Essi si assicuravano il voto di gran parte della popolazione povera (l’87% per cento della totalità dei venezuelani di allora!) comprandolo o in cambio di favori. Naturalmente questo aveva prodotto anche la disponibilità di una parte del popolo al sistema politico, cioè aveva corrotto, tanto o poco, la mentalità di una parte della popolazione povera.

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