Venerdì, 16 Maggio 2014 00:00

Lavoratori dei fast food del mondo unitevi.

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Qualcosa si sta muovendo. Anche negli Stati Uniti, la patria del liberismo e del “tutto ha un prezzo”. Quella di ieri, giovedì 15 maggio 2014, è senza alcun dubbio una data da segnare sul calendario: in migliaia hanno incrociato le braccia, insieme. Il primo sciopero globale dei lavoratori dei fast food ha avuto luogo: dalle Filippine al Marocco, dall'Italia alla Gran Bretagna alla Svizzera passando per Nigeria, Sudafrica ed Indonesia. In tutto sono stati 33 i paesi coinvolti.

La mobilitazione ha visto l'adesione di lavoratori delle più grandi catene di fast food che hanno sedi e ristoranti in giro per il mondo, dalla famosissima McDonald's a Burger King a KFC. Oltre 400 sindacati sparsi per il globo (compresa la Filcams, categoria della Cgil) e negli Stati Uniti 150 città coinvolte: i numeri di questa protesta sono tutt'altro che irrilevanti e costituiscono la premessa di un qualcosa di importante.

Le rivendicazioni, che cambiano nel dettaglio da paese a paese, a seconda di quella che è la legislazione, puntano a migliorare le condizioni di lavoro di coloro che solitamente sono visti solo come pezzi di manodopera interscambiabili e da spremere fino all'osso. Negli Stati Uniti, paese nel quale la campagna ha avuto inizio e vede la partecipazione più massiccia, i lavoratori richiedono di vedere aumentato il proprio salario minimo ed avere il diritto di aderire alle Unions, ai sindacati.

Dopo l'inizio della mobilitazione, risalente al 2012, Obama ha provato di farsi promotore di un cambiamento proponendo una legge che prevedeva l'aumento del salario minimo da 7,75 $ orari a 10,10 $ (nonostante le richieste dei lavoratori dei fast food parlino di 15$ all'ora). A tirare il colpo gobbo che ha fermato l'iter di approvazione è stato il Senato che, nonostante la composizione a maggioranza democratica, due settimane fa ha bocciato la proposta di legge.

Il fatto che proprio dagli Stati Uniti sia partito l'input per questa rivendicazione a livello globale fa sperare, come già detto, in qualcosa che potrebbe avere dei risvolti importanti: dopo le mobilitazioni di Occupy, in uno dei paesi più ostici, per cultura e per tradizione, all'organizzazione e alla difesa dei diritti dei lavoratori, il fatto che proprio qui uno dei due pilastri della rivendicazione sia costituita dalla richiesta di poter aderire ai sindacati è un elemento di fondamentale importanza. Coloro che fino ad oggi hanno occupato gli scalini più bassi del “nuovo proletariato”, passando le giornate a friggere per pochi dollari l'ora, con timore di perdere il lavoro senza giustificazione, cominciano a capire che solo l'unione fa la forza. Soprattutto negli Stati Uniti.

Immagine tratta da: www.thelibertypaper.org

Ultima modifica il Giovedì, 15 Maggio 2014 16:15
Diletta Gasparo

"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"

Cit.

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