Questo comportamento è sintomatico di quanto sia oggi difficile, anche a sinistra, trattare determinate questioni in modo serio. Tralasciando sui vari paragoni fatti con le rivendicazioni leghiste, ci sono stati casi in cui la campagna del sì è stata ridotta ad una mera questione economica (“nel Mare del Nord c'è il petrolio quindi gli scozzesi vogliono staccarsi dalla Gran Bretagna”) e altri, addirittura, in cui gli indipendentisti sono stati descritti come svitati con pipe e kilt.
La verità è che quella dell'indipendenza scozzese, sostenuta da Scottish National Party, Verdi e Partito Socialista Scozzese (mentre si sono schierati sul fronte del no conservatori, liberaldemocratici e laburisti) è una questione fondamentalmente democratica. La devolution messa in atto col referendum del 1997 è qualcosa di abbastanza fittizio: lo Scotland Act del 1998, con il quale venne creato il Parlamento di Edimburgo, prevede che questo organo possa legiferare esclusivamente sulle materie che non competono al governo centrale di Westminster.
Ora, il problema è che dagli anni '80 la Gran Bretagna ha iniziato con Margareth Thatcher un processo di privatizzazioni dell'economia, di tagli al welfare e di inasprimento delle condizioni dei lavoratori che è continuato con il laburismo che piaceva ai conservatori di Blair e adesso va avanti con i liberaldemocratici di Cameron. Per un paese come la Scozia, di cui entrambe le parti riconoscono l'effettiva esistenza come entità distinta dall'Inghilterra, dove la maggior parte dell'elettorato vota il partito laburista (dei 72 parlamentari scozzesi alla Camera dei Comuni solo uno è conservatore), vedere gran parte della ricchezza spostata a Londra ed allo stesso tempo vivere sulla propria pelle le conseguenze di politiche del lavoro sempre più liberiste, la privatizzazione della sanità pubblica ed un aumento spropositato delle tasse universitarie (solo per fare degli esempi) è molto difficile.
La campagna per il sì all'indipendenza ha evitato temi ed atteggiamenti sciovinisti, concentrandosi sui miglioramenti che avrebbe potuto subire la società scozzese in caso di vittoria. Si è parlato di una società più giusta, dove la sanità sarebbe restata pubblica e si sarebbe invertita la tendenza che negli ultimi anni ha portato migliaia di studenti in piazza a protestare contro tasse universitarie che hanno reso il diritto allo studio un privilegio per pochi.
Una campagna elettorale del genere, che non ha portato ad una vittoria ma che comunque ha permesso la conquista di un risultato non trascurabile resterà nella storia: sia per il timore che a momenti è riuscita ad incutere non solo alla classe conservatrice britannica ma anche a quella socialdemocratica europea, che ha festeggiato l'allontanamento dello spettro dell'indipendenza sia per il merito di essere riuscita a riportare agli occhi di un'opinione pubblica abbastanza assopita questioni che altrimenti sarebbero rimaste nell'ombra. L'incapacità di confrontarsi con le istanze indipendentiste è una grave lacuna dell'Unione Europea, che oramai è “dei popoli” solo sulla carta. Una lacuna che può essere colmata solo dal basso, con i popoli che si organizzano per tornare protagonisti, abbandonando ambiguità e riappropriandosi con orgoglio della propria storia e della propria cultura e mettendola in condivisione in questo grande bacino che è l'Europa per chiedere più democrazia.
Immagine tratta da: www.huffingtonpost.com