Società

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Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.

Immagine liberamente tratta da upload.wikimedia.org

Mercoledì, 14 Settembre 2016 00:00

Je suis or je ne suis pas Charlie?

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Non vedo contraddizione nell’essere stati tutti Charlie Hebdo e nell’essersi indignati per le vignette satiriche sul terremoto. Al di là che trovi abbastanza retorico e anche ipocrita “l’essere questo e quest’altro”, dato che, o lo si fa per qualsiasi vittima nel mondo, o non ha senso farlo selezionandone alcune, credo che la partecipazione emotiva per quello che avvenne ai giornalisti della redazione satirica avesse un significato molto forte, giusto e sentito: difendere il diritto ad esprimersi, il diritto alla libertà di parola, di opinione, di pensiero, di critica e, anche, di satira. Forse, a ripensarci meglio, proprio per questo, in quel caso, il “je suis Charlie” aveva già più senso di tutti gli altri “je suis” che si sono succeduti ad ogni strage (occidentale), perché in quel caso Charlie era il simbolo di un’entità, di un valore universale che va al di là delle singole vittime, ovvero la libertà di espressione, che non ha nazionalità né sesso né colore, ma che appartiene, o dovrebbe appartenere, al mondo intero e che il mondo intero dovrebbe rivendicare, quindi in quel caso, davvero tutti, potevamo essere Charlie, se a Charlie diamo quel significato astratto.

La campagna non è piaciuta? Ne facciamo una nuova. #fertilityday è più di due cartoline, è prevenzione, è la #salute degli italiani” scrive così la Ministra della Salute Beatrice Lorenzin.

Eppure, le critiche alla scelta di istituire il Fertility Day hanno riempito pagine di giornali e social network. Fiumi di parole sono stati utilizzati per spiegare che non è semplicemente la campagna a non essere piaciuta. Non sono, dunque, le due cartoline a essere andate di traverso, ma è il Piano nazionale della fertilità del Ministero della Salute: “Difendi la tua fertilità, prepara una culla per il tuo futuro” con la sua retorica.

di Daniele Coltrinari e Luca Onesti

Diario di Una Volta 2016 - Un pomeriggio brasiliano, ma non troppo e un gregario diventato campione

Setúbal, 6 agosto 2016

Oggi siamo a Setúbal, a seguire la penultima tappa della Volta 2016. È inusuale, negli ultimi anni, che la Volta a Portugal (il più importante giro ciclistico a tappe portoghese) raggiunga queste latitudini a sud: la regione dell’Alentejo torna ad essere toccata dal giro ciclistico dopo 8 anni, mentre Setúbal, che quest’anno è anche Città Europea dello Sport 2016, ha dovuto aspettare 45 anni per rivedere un arrivo di tappa, era dal ’71 infatti che la Volta non arrivava qui.

di Daniele Coltrinari e Luca Onesti

Diario di una Volta 2016 - Covilhã e la tappa “rainha”

Covilhã, 2 agosto 2016

Anche nel 2016, come nel 2015, alloggiamo qualche giorno a Covilhã, poiché, oltre a essere una bellissima cittadina, è strategicamente comoda per raggiungere il traguardo della tappa “rainha”(regina) prevista domani con arrivo a Guarda (dista da Covilhã circa 50 chilometri) e con partenza da Belmonte. Una prova di circa 170 chilometri che passerà per ben due volte ad Alto da Torre, il punto più alto del Portogallo continentale (circa duemila metri di altitudine) situato in cima alla Serra da Estrela, il maggior gruppo montuoso lusitano. C'è stata un po' di contestazione da parte di alcuni tifosi e giornalisti, quest'anno, quando è stata presentata la Volta a Portugal 2016 e si è scoperto che la tappa “rainha” non sarebbe terminata ad Alto da Torre. Per molti di loro, questa novità renderà questa prova meno spettacolare. E non hanno tutti i torti, anzi, perché generalmente la tappa “reinha” termina proprio ad Alto da Torre, rendendola una tappa unica, dove i più forti corridori che lottano per la classifica generale si sfidano, scattando in salita, diversi chilometri prima dell'arrivo.

di Daniele Coltrinari e Luca Onesti

Diario di una Volta 2016 – prima e dopo Nossa Srª da Graça, c'è un duello portoghese-gallego. E ora si aspetta la tappa “rainha”

Se nella prima e precedente puntata del Diario di una Volta 2016, la trovate qui: vi abbiamo parlato della bellezza e della particolarità della tappa con l'arrivo nei pressi del Santuário de Nossa Senhora da Graça. È bene adesso raccontare un po' della cronaca sportiva e per farlo, è necessario fare un passo indietro. Sabato 30 luglio, si è disputata la terza prova della Volta a Portugal (la più importante competizione ciclistica a tappe portoghese che seguiamo quest'anno per la quarta volta consecutiva) di circa 160 chilometri che vedeva la partenza da Montalegre e l'arrivo a Macedo de Cavaleiros. Alla fine della prova si è aggiudicato la vittoria, dopo una lunga fuga, l’australiano William Clarke della squadra ciclistica Drapac, che ha battuto in volata l'italiano Marco Frapporti dell'Androni Giocattoli - Sidermec. I due corridori hanno tagliato il traguardo con un vantaggio intornio ai 50 secondi su un gruppetto di inseguitori, dove c'era anche il portoghese Rui Vinhas, della formazione W 52 - FC Porto, un gregario, uno di quei ciclisti che deve aiutare Gustavo Veloso, ciclista gallego e suo compagno di squadra nella W 52 - FC Porto e già vincitore della Volta a Portugal nel 2014 e nel 2015, a vincere anche quest'anno.

Gustavo Veloso, favoritissimo per la vittoria finale (in C'era una Volta in Portogallo, abbiamo scritto anche su di lui) ha tagliato il traguardo insieme al gruppo generale con quasi cinque minuti di distacco dal vincitore della tappe e con oltre tre minuti di ritardo sul suo compagno di squadra e gregario, Rui Vinhas. Morale della favola: Rui Vinhas si è ritrovato in Camisola Amarela (la maglia galla che indossa il leader della classifica generale) e Gustavo Veloso in nona posizione con un ritardo di 3 minuti e 45 secondi circa, dal suo compagno-gregario. E ora?

Domenica 31 luglio, quarta tappa della Volta a Portugal 2016, Bragança – Mondim de Basto con arrivo a Nossa Srª da Graça

È la tappa che ogni anno aspettano tutti gli appassionati di ciclismo in Portogallo, è una festa, una giornata dalle emozioni uniche e che abbiamo raccontato in maniera approfondita nel nostro libro C'era una Volta in Portogallo. Generalmente capita la prima domenica d'agosto, stavolta a fine luglio e si parte da Bragança, per raggiungere, dopo circa 190 chilometri Nossa Srª da Graça a quasi 1000 metri di altezza, dopo esser passati qualche chilometro prima, durante il percorso, nella cittadina di Mondim de Basto e aver scalato la salita del monte Farinha.
È Gustavo Veloso a vincere la tappa, il gallego è il grande favorito per la vittoria finale, come già scritto in precedenza e che oggi si aggiudica una tappa seguitissima alla televisione e per strada dai tifosi. Veloso batte in volta Jóni Brandão della Efapel e Daniel Silva della Rádio Popular-Boavista e recupera anche dei secondi di distacco dal suo compagno di squadra Rui Vinhas che rimane comunque in Camisola Amarela, mentre Veloso è ora secondo nella classifica generale con un distacco di due minuti 48 secondi.

E ora? Ora si aspetta la tappa “rainha”. Cos'è? Ve la spieghiamo nella prossima puntata del Diario di una Volta 2016

Daniele Coltrinari e Luca Onesti hanno pubblicato C'era una Volta in Portogallo edito da Tuga Edizioni con la prefazione di Marco Pastonesi, giornalista e scrittore, già editorialista della Gazzetta dello Sport.
Il libro è un racconto sportivo e non solo, del giro ciclistico portoghese: storie, protagonisti, cronache, tradizioni, feste popolari, luoghi, gastronomia, costumi, avventure e curiosità di una competizione unica.
Trovate maggiori informazioni su www.ceraunavoltainportogallo.wordpress.com

Foto di Luca Onesti

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