Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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Il secondo tipo di obiezione è di natura maggiormente etica, per quanto si intrecci fortemente al primo e concerne due punti principali: l’inviolabilità del corpo e la conseguente accusa di sfruttamento del corpo della donna e la sua riduzione a mera merce; la presunta naturalità della maternità e del suo valore indiscutibile.
A mio avviso questi due concetti si basano su due miti che non mi sento di condividere affatto: il mito del corpo come un “dato” immodificabile (il mito del dato di matrice hegeliana: il dato non è dato ma è il prodotto di un processo) e il mito della maternità.
Si è parlato e si parla ancora tanto di gestazione per altri (chiamata anche, nel gergo comune, per quanto a mio avviso in maniera non pertinente, pratica dell’“utero in affitto”), ma forse mai con seria cognizione di causa. La polemica è esplosa durante la proposta e l’iter del ddl Cirinnà, che, inizialmente, includeva la cosiddetta stepchild adoption, ovvero la possibilità di adottare il figlio biologico del partner. Ciò ha scatenato un panico assurdo negli ambienti cattolici, leghisti, di destra e democristiani (anche all’interno dello stesso pd), adducendo come motivazione principale (oltre al presunto sacrosanto dritto di un bambino di avere sia una madre che un e non due madri o due padri!) il rischio (per altro neanche troppo immediato) che una clausola simile avrebbe spalancato ancor di più le porte al ricorso alla gestazione per altri, vietata in Italia ma più o meno regolarizzata in altri paesi esteri. Alla fine cattolici, destroidi, democristiani piddini hanno avuto la meglio, anche “grazie” alla “libertà di coscienza” invocata dai grillini e alla loro bocciatura del “canguro” e, tutte queste forze insieme, hanno affossato il ddl originale facendo decadere il punto considerato critico. La legge Cirinnà fortunatamente è passata, per quanto ancor più parziale e svilita nei contenuti – altro punto che ha creato un po’il panico, per quanto argomento meno mainstream rispetto alla stepchild è ed era la pensione di reversibilità: non sia mai che coppie di fatto abbiano diritto alla pensione di reversibilità! – , ma sicuramente essa è un primo (e spero non l’ultimo) passo di apertura verso imprescindibili diritti civili.
Un ritratto ricordo di Mario Nicosia, testimone della strage di Portella, avvenuta il primo maggio del 1947 a Piana degli Albanesi.
Un uomo carismatico che ha vissuto la sua vita all'insegna dell'impegno civile antimafioso.
Lo rivedo attento con gli occhi vispi, con la mano tesa a stringere un'altra mano, il giornale sotto il braccio, i piedi ben saldi e la schiena dritta, il bastone che gli conferiva nobiltà, la stessa che gli ha permesso di iniziare e proseguire il viaggio verso la conservazione della memoria, ponendosi come testimone della strage di Portella delle Ginestre del primo maggio 47', avvenuta a Piana degli Albanesi, per mano mafiosa, di cui i mandanti però rimangono tutt'oggi ufficialmente ignoti, è infatti definita la prima strage di Stato.
Prendete le più alte autorità europee e inseritele nel contesto di una visita in Vaticano, condite il tutto di conformismo e ipocrisia e avrete una vaga rappresentazione di quanto è accaduto il 6 maggio durante la cerimonia di consegna del Premio Carlo Magno nientemeno che a Papa Francesco. Il discorso del papa, davanti a una platea tra cui il re spagnolo Felipe e il Presidente della BCE, è una lunga invocazione al rispetto dei diritti umani e al ritorno ai valori del Padri fondatori, ma sembra piuttosto velleitario: la citazione di De Gasperi, il richiamo alla solidarietà che non deve diventare elemosina (da che pulpito!), la capacità di integrazione come punto nodale. Insomma, alla luce dei fatti che hanno attraversato la periferia europea, dentro e fuori all'UE, sembra un richiamo isterico e fuori tempo massimo, insomma quanto mai sterile per via dell'avvitamento austeritario delle politiche pubbliche europee e della legittimazione già avvenuta delle barriere lungo la principale traiettoria dei profughi.
La vicenda che vede coinvolto, in questi giorni, il popolare giornalista partinicese Pino Maniaci, sta rimbalzando, con toni sempre più sopra le righe, dagli schermi dei nostri computer alle televisioni nazionali fino ai quotidiani di maggiore tiratura. La narrazione prevalente del fatto prescinde dai fatti contestati (un reato specifico, quello di estorsione), per concentrarsi sui toni, sulla vita privata del direttore di Telejato, sugli aspetti di natura deontologica.
Educazione tra Lisbona ed Europa 2020
Intervista di Diletta Gasparo a Chiara Agostini, ricercatrice per il Centro Einaudi pubblicata sul numero cartaceo L'educazione ai tempi dell'Unione Europea di febbraio
Sin dalla definizione della Strategia di Lisbona del 2000, l'Unione Europea ha fatto dell'istruzione e della formazione (ET, Education and Training) uno dei più importanti campi di azione e intervento. Come riassumeresti le indicazioni e gli stimoli elaborati da Bruxelles?
Nel quadro della strategia decennale per la crescita e l’occupazione lanciata nel 2000 (Strategia di Lisbona), l’istruzione e la formazione professionale erano concepite come elementi chiave di un modello di sviluppo basato sull’economia della conoscenza. Fin da quegli anni l’UE ha sostenuto l’idea che investire in istruzione e formazione equivalesse a investire nel capitale umano e quindi a promuovere il progresso economico e il miglioramento della competitività delle economie. Se però inizialmente tutto questo si accompagnava a un’idea forte di crescita inclusiva, con il passare del tempo il focus si è spostato sempre più sull’idea di “crescita” economica e meno sugli aspetti legati all’inclusione.
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