Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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“Il capitale più prezioso di cui disponiamo, il patrimonio più ricco e necessario di cui abbisogniamo per la nostra ricostruzione, è ancora e sempre l’uomo, il <<lavoratore>>.” Giuseppe Di Vittorio, 1944
Questa frase non è scelta a caso. Non è un banale copia/incolla che viene usato tanto per dare un tono all’articolo. La scelta di partire da qui è dettata dall’esigenza che abbiamo sentito di riporre al centro del dibattito alcune questioni di merito che, secondo noi, non possono e non devono più aspettare.
Il grido sorto nel cuore dell'occidente quando nel settembre 2011 a Wall Street i manifestanti si accingevano a lanciare il movimento di occupazione delle piazze è oggi confermato dal Sole 24 Ore stesso: il debito pubblico è un debito privato. Il 99% l'aveva detto all'1%: “il debito è vostro”.
Il 2010 è stato l'anno di svolta di questa crisi proprio perché lungi dall'innescarsi una ripresa dell'economia mondiale si è verificata la più tremenda offensiva di classe da oltre un secolo. I governi hanno travasato l'enorme debito privato nei conti pubblici, facendo diventare la crisi delle banche una
Da uno sguardo più ampio sulla diffusione mafiosa, che comprenda più in generale la situazione europea, possiamo poi facilmente notare come dalla scomparsa dell'Unione Sovietica e con la conseguente balcanizzazione dell'est europeo, sia emerso un fenomeno ben più grave e probabilmente inedito a livello storico. Questo fenomeno è quello dei Mafia-State, ossia del tragico passaggio: dalla presenza della mafia all'interno dello Stato, all'inglobamento dello Stato stesso all'interno della mafia. (vedi inchiesta di Foreign Affairs qui). Come viene fatto notare nell'inchiesta di Naìm: l'assenza dell'Italia (e del Giappone con la Yakuza) dalla lista è ascrivibile alla lunga e assodata tradizione di legami tra mafia e Stato (vedi ricostruzione storica su L'Internazionale qui). Dunque, viviamo una situazione particolarmente paradossale: l'Italia non fa neppure più notizia, è scontato persino per Foreign Affairs che punta
Prima di iniziare la lettura è importante specificare che questo articoletto era già pronto per essere pubblicato da qualche giorno, oggi però arriva la notizia che l’acquisto di Fnac Italia da parte di Trony è saltato su decisione del Tribunale fallimentare di Milano. La situazione per i lavoratori è ancora più incerta di quanto descriva.
Non vuole inoltra avere velleità intellettualistiche, ma provare a comprendere i motivi che ci hanno condotto in questa situazione. La soluzione da adottare, le forme di lotta che i lavoratori dovranno adottare e tutto quello che ne segue, non può venire da un ragionamento individuale, ma al massimo essere stimolato da esso ed avere forme collettive. Per adesso, buona lettura.
Giugno, nell'alterato calendario di chi lavora a scuola, è il mese della fine delle lezioni. Ed è, in tutte le scuole, il mese degli ultimi collegi e delle ultime attività didattiche. Code e bilanci di un anno passato si ascoltano tra le chiacchiere nei corridoi e caffè ipotetici ai distributori.
Lo slogan è quello di Amnesty international per il Pride di Palermo: “Persone diverse, uguali diritti”.
Io lo voglio utilizzare per parlare di lavoro: “Lavoratori differenti: uguali diritti”.
La condizione di diseguaglianza sul mercato del lavoro tra lavoratori “tutelati” e lavoratori non tutelati è tale che il richiamo ai diritti umani mi sembra quasi opportuno.
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