Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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C’è una parola che da mesi appare con frequenza costante nei servizi dei tg e sulle pagine dei giornali.
Una parola che sembra piacere parecchio ai media, quasi come se avessero scoperto all’improvviso che esiste la violenza sulle donne.
Il “femminicidio” non è certo un fenomeno nuovo, e i numeri lo dimostrano: sono già 36 le donne uccise in Italia per mano di uomini dall’inizio del 2013, 124 solo lo scorso anno, addirittura 129 nel 2011. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratti tutto sommato di percentuali accettabili per un Paese di quasi 61 milioni di abitanti, ma c’è un altro dato più difficilmente confutabile: il rapporto sulla criminalità stilato nel 2010 dal Ministero dell’Interno ha registrato, a fronte di un calo degli omicidi del 57%, un incremento dei femminicidi del 98%. Ad aggravare la situazione va aggiunto il fatto che si tratta in gran parte di resoconti incompleti, perché a oggi non esiste ancora un osservatorio nazionale che si occupi in maniera sistematica di registrare i dati sulla violenza di genere.
“E' stata una donna che approfittava della propria bellezza fisica per imporre attenzione finché il 9 marzo del 1973 fu sequestrata e stuprata. Ci vollero 25 anni per scoprire i nomi degli aggressori, ma tutto era caduto in prescrizione”.
Questa è una parte del breve servizio che il Tg 2 ha fatto in occasione della morte di Franca Rame. Da dove iniziare a commentare?
Lo spazio dato da televisioni e giornali all’elezioni amministrative ha nettamente surclassato quello dato al referendum consultivo bolognese sui finanziamenti alla scuola privata.
Eppure il referendum, dapprima oscurato dai grandi mezzi di informazione, aveva suscitato negli ultimi giorni un certo interesse ed assunto un significato nazionale, ben oltre le vicende cittadine di Bologna, soprattutto dopo la presa di posizione sulla questione da parte del presidente della Cei Angelo Bagnasco.
La chiamano “Madre del loro sfruttamento”, è la Granarolo: l'impresa casearia italiana che dovrebbe dare il latte, ma in realtà come M. Thatcher lo toglie per accumulare profitti privati e lasciarli socialmente inutilizzati, o peggio. Infatti, l'impresa italiana leader nel mondo della produzione lattiera non solo affama i suoi dipendenti e attacca i loro diritti con pratiche illegali, ma applica pure nuove forme di dominio e asservimento della manodopera.
Esistono giovani militanti o semplici elettori che ancora si dicono comunisti. Il fatto che siano lacerati in mille frammenti, tra partiti, correnti, e sottocorrenti ci ha portato a scrivere, ieri, che la spinta propulsiva del Partito della Rifondazione Comunista si è esaurita.
Uno studioso dell'organizzazione, Karl Weick, definiva la scuola nei termini di un campo di calcio privo di regolarità formale. Un posto dove insistono vari modelli organizzativi e professionali indipendenti e deconnessi tutti tesi al soddisfacimento di un bisogno culturale - sia esso primario, formativo o specializzante.
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