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Toscana

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In una fase iniziale abbiamo tentato di accompagnare alla testata e alle nostre iniziative una cronaca di quello che avveniva nei nostri territori, avviando una sperimentazione in Toscana ormai interrotta da tempo. Raccogliamo qui tutti gli articoli archiviati secondo le categorie di allora, aggiungendo tutto quello che si lega a questa regione e che pubblichiamo ancora.

Immagine liberamente ripresa da wikimedia.org

Martedì, 28 Ottobre 2014 00:00

Il curioso caso del (ex) convento Fossabanda

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Continua l'intricata vicenda che, da più di un anno, scalda il dibattito politico e sociale pisano: il curioso caso dell'ex-convento del XIII secolo, Santa Croce in Fossabanda.

Dopo la conversione in un hotel, grazie all'affidamento settennale al "Copisa" (Cooperativa di servizi ausiliari) nel 2003, la struttura diviene una fra le tante succulente occasioni per batter cassa da parte del Comune. Difatti, come noto, viene nell'ultimo anno inserita in un programma di alienazioni. Oltre ai principali interessati (Scuola Normale, Scuola Sant'Anna e Unipi), vi sono voci di acquirenti russi che, intervenuti al convegno "Italia seconda patria", bramano vari immobili in Italia, fra cui l'ex convento.

La miopia sociale di tale scelta pare ovvia, ma non per l'amministrazione! Quest'ultima, infatti, ha goffamente interloquito (spesso chiusasi in ermetico silenzio) con alcuni soggeti sociali che denunciavano l'inutilità della svendita a fronte dell'esigenza della cittadinanza studentesca e non: in aprile l'ex-convento viene occupato dal "Progetto Prendocasa" e dal "Nucleo in emergenza abitativa", che denuncia il clima di sfratti in città (come nel quartiere di Sant'Ermete) e l'11 novembre da "Sinistra per..." che dà l'allarme in merito alla carenza di posti alloggio destinati ai beneficiari di borsa di studio.

Martedì, 21 Ottobre 2014 00:00

All we need is love

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“All We Need is Love”.
Flash Mob a Empoli per chiedere la parità dei diritti civili per le coppie omosessuali.

Il 18.10.2014 Empoli, Piazza dei Leoni, si è tenuto il presidio a favore dei diritti civili e dei matrimoni omosessuali. Hanno aderito a quest'iniziativa: "Fabbrica comune per la sinistra", "Isrka-Laboratorio sociale","Il diritto di essere io","Dusca Bartoli sindaco x Empoli", "Arci empolese Valdelsa".
Dalle ore 18:00 la piazza inizia a riempirsi di persone, circa un centinaio tra donne, uomini e bambini si siedono simultaneamente,dando il via al Flash Mob, in sottofondo "All you need is love " dei Beatles, riprendendo il nome della protesta.

Sono le piccole e grandi vergogne sotto il cielo di Pisa a muovere ancora una volta gli attivisti del Municipio dei Beni Comuni, che sabato pomeriggio hanno attraversato al grido di “Immobilfree” la città fra musica e striscioni per segnare le ferite che l'abbandono e l'incuria inferiscono in alcuni degli angoli più impensati del cuore del centro storico, messi metaforicamente in svendita da un'improbabile agenzia immobiliare. Spazi abbandonati di proprietà delle varie articolazioni del patrimonio pubblico come l'esercito, il Comune, il Demanio o l'Università, che annoverando alle spalle storie di passaggi di mano, aste andate deserte e concessioni varie sono finite nell'agone della crisi economica non senza danni dovuti al degrado e all'abbandono, funzionali adesso ad una svendita che, come annunciano gli attivisti del Municipio, è già bella che iniziata e presto verrà anche catalizzata formalmente dallo Sblocca Italia.

«L'abbandono è una prassi imposta con metodo scientifico da chi detiene la proprietà a discapito della comunità. – scrivono dal Municipio. – Si abbandonano le fabbriche per tradurle un giorno in altro cemento; si abbandonano le case dove nessuno ha mai abitato così da consolidare cartelli onerosi sulla pelle di chi non possiede un'abitazione; si abbandonano i palazzi storici nella paradossale inosservanza di quella ricchezza diffusa nelle città italiane che viene dai beni storici e artistici; si abbandonano interi quartieri al loro destino, devastando tessuti urbani vulnerabili. Un laborìo piccolo piccolo, che diventa epocale». Di qui l'idea di una «agenzia immobiliare alla rovescia, pronta cioè a mettere sì in vetrina il degrado, lo sperpero, la chiusura ingiusta di spazi che potrebbero essere di tutte e di tutti, utili a un disegno solidale, al progetto di una città dalla parte dei bisogni dei propri cittadini, e che invee sono stretti nelle maglie del profitto di pochi»,

Tragicomico viaggio fra spazi lasciati a se stessi e utilissimi tempi “geologici” di riposizionamento proprietario, fatto spesso ai prezzi irrisori imposti dalla congiuntura economica, la giornata di Rebeldìa e Municipio è stata ancora una volta un'articolata riflessione sull'oggettiva natura contraddittoria di un fenomeno odioso come quello dell'abbandono degli immobili pubblici (dove “contraddizione” è da leggersi in tutto il suo portato “di sistema”, frutto cioè della natura stessa del Capitale e della Proprietà nel mondo d'oggi). Ma è anche, inevitabilmente, la dimensione più soggettiva che il Municipio finisce ancora per esplorare. Stretto da più di un anno nel nomadismo degli sgomberi, epigono di ciò che ormai è un fenomeno nazionale (si pensi alla tolleranza zero che in questi giorni miete vittime fra i centri sociali di tutta Italia) il progetto sociale delle tante associazioni non può esistere se non si pone la questione di uno spazio proprio, fondamentale punto di riferimento per molte delle sue attività ma soprattutto rosa dei venti nella carta geografica delle sue narrazioni e del suo immaginario. Come recita il titolo della campagna di mobilitazioni “lo spazio – quello strappato a speculazione e piccioni (!) – è, appunto, la città; e solo dentro la città il Progetto Rebeldìa e il Municipio dei Beni Comuni possono respirare a pieni polmoni, uscire dal guado della militanza integrale e fare di quelle fatidiche quattro mura la strategica barriera su cui fondare l'osmosi fra un “dentro” che non sia il centro sociale ghettizzato e vecchio stile, il socialismo in una sola stanza che in nulla intacca il potere costituito e che a Pisa di certo non manca, ed un “fuori” che deve assolutamente essere riacciuffato se si vuole sperare di far vivere quella fucina di nuovi concetti e nuove pratiche politiche che il modello-Rebeldìa ha rappresentato. Creatività pratica talmente evidente ed ingombrante da proiettare in questi anni un'ombra pesante sugli stessi compagni di strada “in odor di '900”, Rifondazione Comunista in primis.

Ma, in definitiva, quali e quanti luoghi in stato di totale abbandono stanno a meno di un solo chilometro in linea d'aria dalla statua del Garibaldi di fronte a Ponte di Mezzo? Tantissimi, quanti non se ne possono immaginare. Una lista che sorprenderebbe gli stessi abitanti del centro storico se solo volessimo includervi anche gli appartamenti sfitti e gli immobili di proprietà privata, ma che anche solo scomodando il patrimonio pubblico fa riflettere e infuriare specie coloro che, come il Municipio, fanno da tempo elaborazione politica intorno alle potenzialità di spazi abbandonati da riutilizzare in chiave sociale, magari per far fronte all'emergenza affitti o per creare nuovi luoghi di aggregazione, lavoro sociale o in cooperazione e chi ne ha più ne metta. Ma vediamoli uno per uno, così come ce li racconta lo stesso Municipio dei Beni Comuni:

DISTRETTO 42: ex distretto di leva militare, sito in via Giordano Bruno n. 42, composto da 8.000 mq di verde e 4.500 coperti, versa da vent’anni in uno stato di totale degrado. Di proprietà demaniale, è un immobile fondamentale per il progetto caserme: progetto che prevede la svendita ai privati di tre caserme, con concessione di variante per edilizia ad uso residenziale, in cambio di una nuova caserma a Ospedaletto. Sede del Municipio dei Beni Comuni tra il febbraio e l’aprile del 2014. Valore 12 milioni di euro.

EX BANCA D’ITALIA: la posizione è esclusiva e il valore, proporzionale alle volumetrie, non è alla portata di tutti. L’edificio, però, è un gioiello e non sono per gli interni con soffitti affrescati e le finiture di pregio. Sul mercato immobiliare pisano torna l’ex sede della Banca d’Italia. Sono 7.700 metri quadrati di superficie lorda in via San Martino 100, nel cuore della città. Valore 17 milioni di euro.

PALAZZO MASTIANI BRUNACCI: Palazzo Mastiani Brunacci si trova nella centralissima Corso Italia. La famiglia Brunacci Mastiani nel corso dell’ottocento fu una delle famiglie più ricche ed influenti, che ospitò nel suo circolo letterario anche Giacomo Leopardi. Di proprietà dell’ Università di Pisa oggi, non solo versa in uno stato di totale abbandono, ma da circa due anni l’Università, con scarsi risultati, cerca di venderlo per coprire parte dei costi necessari per la costruzione del nuovo polo di medicina che sorgerà accanto l’ospedale di Cisanello. Valore 8 milioni di euro.

EX- TELECOM: palazzo ex Telecom di piazza Facchini, sede della Sepi, della segreteria generale e di altri uffici comunali. Anche lui in vendita per coprire il buco nero chesi è creato per la Sesta Porta, e anche per riempirne locali che nessuno sta acquistando. Un edificio che negli anni passati era costato non poco e su cui lo stesso comune ha investito importanti risorse per la messa a norma. Valore 5 milioni di euro.

MATTONAIA: edificio costruito partire dal 1985 (e non ancora completato) e finanziato con fondi per l’edilizia popolare. Nel 2003 il Comune di Pisa, rendendosi conto di non essere in grado di portare a termine il progetto, decide di vendere il bene, che ancora non ha trovato alcun acquirente. Il complesso è costituito da 400 metri quadrati per fondi commerciali, 11 appartamenti per un totale di 1100 metri quadrati ed una piazza pubblica. Oggi si cerca di venderlo ribassato e in cambio della realizzazione di opere pubbliche quali il rifacimento del manto stradale dei lungarni. Valre di 3,5 milioni di euro poi ribassato a 2,9.

SANTA CHIARA: l’area occupata dal complesso di Santa Chiara - oltre 10 ettari - è situata nel cuore del centro storico di Pisa e confina direttamente con la Piazza del Duomo, inserita tra i siti UNESCO come patrimonio dell’umanità. Il complesso, iniziato nel 1257 e da allora destinato ad uso ospedaliero e universitario, sarà dismesso e riqualificato. Oggi per l’area, interamente di proprietà della Regione Toscana, si prospetta una trasformazione per interessi di tipo turistico ricettivo e commerciale, prevedendo una grossa privatizzazione dell’area. Valore 122 milioni di euro.

PALAZZO TROVATELLI: si tratta di una serie di edifici costruiti dal 300 all’800 per una superficie di circa 5.800 mq, più 1.300 mq di aree esterne che un tempo ospitavano l’ospedale dei trovatelli, la fabbrica delle balie e la casa rifugio dei poveri. Nonostante l’importante posizione, con un lato che affaccia su Piazza dei Miracoli, l’Azienda Ospedaliera ha visto le prime due gare per la vendita andare deserte. Per il 27 settembre 2012 era stata indetta la trattativa privata, ammettendo offerte al ribasso ma il verbale riporta che non è pervenuta alcuna offerta. Valore 24 milioni di euro.

Luoghi che sono stati “toccati” dal piccolo gruppo di militanti, che hanno apposto in ogni luogo l'inquietante messaggio di “Svendita!”. «Tutto si tiene in una simile rete, come nella mappa di una città. Una città che oggi è Pisa, ma non quella fittizia, città dell'Internet Festival, di una presunta eccellenza che però non produce lavoro, né ricchezza, e che perpetua se stessa come in una fantasmagoria. – continuano dal Municipio. – Esiste una Pisa di ciò che è abbandonato e svenduto, di spazi sottratti alla cittadinanza, di vuoti da riempire, di piccole e grandi ingiustizie che è giunto il tempo di riportare a galla, di ridurre a qualcosa di vivo e pronto a soccorrere il bisogno di socialità, di cultura che una parte della città domanda a gran voce di soddisfare».

Lunedì, 29 Settembre 2014 00:00

Pisa con i migranti

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Pisa “Oltre l'emergenza”
Per una rete nazionale di tutela dei migranti, dall'accoglienza all'inclusione

Sabato 27 Settembre la Sala Regia di Palazzo Gambacorti, luogo di seduta del Consiglio Comunale, si è rivelata incredibilmente meticcia e straordinariamente rigenerata, riabilitata a luogo di progettazione, dibattito, prassi. In occasione delle giornate di Scienze per la Pace 2014 l'Associazione allievi e amici di Scienze per la Pace ha organizzato l'incontro “OLTRE L'EMERGENZA. Dialoghi sull’accoglienza tra sistema nazionale e sperimentazioni territoriali”.

A più di due anni dall'inizio dell'esperienza di autogestione del Centro di Accoglienza di Via Pietrasantina - che ha visto attiviste e attivisti provenienti dal vasto mondo antirazzista dell'associazionismo pisano impegnati in un percorso di inclusione lavorativa, sociale, umana assieme a un gruppo di profughi fuggiti dalla guerra in Libia - a poco meno di un anno dalla strage di Lampedusa del 3 Ottobre e in seguito all'arrivo a Pisa negli scorsi mesi di nuovi gruppi di rifugiati e migranti, è sempre maggiore l'esigenza di parlare di accoglienza e andare oltre un concetto che fa perno su altri due elementi da superare: emergenza e assistenza.

«Dire che il parco è stato lasciamo meglio di come lo avevano trovato è semplicemente falso». Non usano mezzi termini Alessandro Spinelli, Fabio Garbari e Mauro Nozzolini nel commentare l'ultimo capitolo della vicenda del raduno scout a San Rossore.

 

Ad un mese e mezzo dalla Route Nazionale AGESCI che ha portato ben 35mila scout nel Parco, i tre promotori dell'appello contro l'organizzazione dell'evento nel sito scelto dall'Ente e dalle organizzazioni promotrici non si danno per vinti e rilanciano la loro battaglia a suon di carte bollate. Sarà infatti la Procura della Repubblica a decidere il da farsi in merito all'incredibile iter cha ha portato oltre 10mila tende all'interno di un parco nazionale, Sito d'Interesse Comunitario e Regionale, nel quale fino a pochi mesi fa era sempre stato tassativamente vietato ogni genere di accampamento. Il ricorso, portato avanti tramite l'avvocato Giancarlo Altavilla, noto per le sue battaglie sul fronte della difesa del territorio, parte dal presupposto che vi siano state numerose forzature per tutto l'arco del procedimento di autorizzazione.

 

«Ciò che è accaduto a San Rossore non è stato frutto di un colpo di mano, ma la conseguenza di un lungo iter di autorizzazione. Un iter addivenuto alla conclusione che vi potesse essere una compatibilità fra antropizzazione temporanea e caratteristiche dell'ambiente naturale – ha dichiarato l'avvocato Giancarlo Altavilla alla conferenza stampa indetta dal comitato. – Eppure se si legge la disciplina di riferimento, insieme alle varie leggi regionali che regolano l'attività di parchi come questo, è facile ritenere come tutto ciò che è stato autorizzato contraddica la disciplina e le modalità di fruizione dell'area. Una sequela di norme ben specifiche che, certo, non prevedevano o interdicevano un evento di tali dimensioni nello specifico, ma certo lo rendevano impossibile: niente rumore, niente campeggio, nessuna fonte di illuminazione ecc... Tutte cose avallate dagli stessi enti che avevano emanato quelle normative e quei disciplinari, passati peraltro per numerose forzature: penso, ad esempio alla conferenza dei servizi composta quasi interamente da personale politico e non tecnico».

 

Forti delle ragioni meramente giuridiche e procedurali, la nuova denuncia dei firmatari dell'appello, riuniti nel comitato “Salviamo San Rossore”, non si ferma però alle mere questioni legali. E' infatti convinzione dei tanti studiosi che hanno preso parte alla battaglia che il parco abbia risentito profondamente della presenza degli scout e dell'insieme dell'evento, sia sul fronte della flora che della fauna. Considerazioni nate in virtù dei numerosi sopralluoghi che Spinelli, Garbari ed altri hanno effettuato prima del raduno, fino al giorno in cui è scattata l'interdizione dell'area ai non addetti ai lavori da parte del direttore dell'Ente Parco Andrea Gennai a fine luglio, e nei giorni immediatamente successivi. Elementi che andranno ad arricchire un libro bianco di prossima compilazione.

 

«A partire dal 24 agosto, dopo il raduno e alla fine della prescrizione del direttore a visitare i luoghi per non specificate “ragioni di sicurezza” abbiamo potuto constatare in che condizioni versassero gli appezzamenti di terreno interessati dalle attività degli scout, che prima dell'evento rappresentavano un area mediterranea molto importante per il pascolo. – ha dichiarato Fabio Garbari. – Tale prato per larghissima parte è scomparso a causa delle attività di livellamento, del calpestio e dell'installazione delle oltre 10mila tende. Meno grave la situazione per le zone più umide, dove cresceva il giunco. Nel complesso però l'area è sicuramente danneggiata: sono state interrotte le serie di vegetazione, sono stati distrutti e sfaldati i molti licheni presenti ed è stata desertificata parte dell'area. Tutti danni che ben tre ex presidenti della Società Botanica Italiana, nonché eminenti figure di spicco del ramo in importanti università italiane, possono testimoniare».

 

Danni forse maggiori, invece, sul fronte della fauna, in particolar modo per come il raduno è andato a rompere il delicato equilibrio che regola la nidificazione di alcune specie di uccelli, in primis il Gruccione.

 

«Ciò che ho potuto constatare è desolante, ed è avvenuto in barba alle leggi che tutelano la nidificazione – spiega Spinelli. – Le mie osservazioni, effettuate nel periodo che va da aprile a luglio, mi avevano portato a censire ben 85 nidi sul finire della fase di assestamento. Ebbene nel buon 80% di essi la covata è stata brutalmente interrotta: quando a causa dell'inizio dei lavori, che hanno portato all'abbandono di molte covate e di molti piccoli, quando a causa di una vera e propria distruzione del nido per il passaggio delle ruspe. L'arrivo delle tende e dei ragazzi ha fatto fuggire anche i pochissimi esemplari scampati ai lavori di preparazione, fatti censire dall'Ente Parco e inizialmente in qualche modo tutelati nel momento del taglio dell'erba. Una perdita che in totale, considerando il numero di uova per ogni singolo nido, ammonterebbe a oltre 300 esemplari perduti quest'anno».

 

Considerazioni che per Spinelli niente hanno a che fare con quanto riportato dal Parco o da molti mezzi di comunicazione. «Ho letto dichiarazioni preoccupanti: si parla di una natura quasi “partecipe” della messa domenicale, di daini affacciati sulla platea ai confini del campo incuriositi, di “poiane volteggianti” durante i canti di lode. – commenta. – L'unica cosa certa è che gli unici Gruccioni superstiti sono stati, e non a caso, quelli nelle aree circostanti che non sono state toccate dal raduno. Tutto questo quando a nome del Comitato mi ero messo personalmente a disposizione del parco al fine di censire e tutelare questa specie che, a detta all'epoca di Gennai, era “già sotto controllo da mesi”. Cosa assai improbabile considerando il periodo di arrivo e nidificazione di quella specie».

 

Una battaglia che insomma passerà dalle praterie del parco agli uffici della Procura, che dovrà decidere in autonomia la presenza degli estremi per un indagine approfondita ed un riconoscimento di danni e responsabilità.

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