Dalla liberazione di Roma, avvenuta nel giugno del 1944, fu dato ordine al Comitato Toscano di Liberazione Nazionale di organizzare l'insurrezione a Firenze. La città volgeva verso condizioni sempre più critiche: sulle colline che la circondavano i tedeschi in ritirata avevano organizzato una forte difesa e al suo interno i franchi tiratori della banda Carità uccidevano partigiani e civili sparando stando nascosti. Il 31 di luglio i tedeschi minarono tutti i ponti che collegavano le due parti della città, tralasciando però Ponte Vecchio, ed evacuarono tutti i quartieri sulle sponde dell'Arno. Gli Alleati arrivarono a Porta Romana il 3 agosto, senza però riuscire ad entrare in città: i bombardamenti si facevano sempre più frequenti, così come le rappresaglie dei franchi tiratori. E fu proprio in un'azione contro i fascisti armati di fucile che colpivano dalle finestre d'Oltrarno che perse la vita, l'8 agosto, colui che passerà alla storia come una delle figure più carismatiche della Resistenza fiorentina: Aligi Barducci, detto Potente, comandante della divisione Arno delle Brigate Garibaldi. L'11 agosto, al suono della Martinella (la campana di Palazzo Vecchio) fu dato ufficialmente inizio all'insurrezione della città: qualche giorno prima gli antifascisti erano riusciti a prendere contatto con gli alleati ancora a Porta Romana sfruttando l'ignoranza dei tedeschi, Nel risparmiare Ponte Vecchio, infatti, i nazisti avevano salvaguardato il più antico e suggestivo collegamento tra le due sponde dell'Arno, il Corridoio Vasariano: fu proprio grazie a questo che alcuni partigiani, tra cui Orazio Barbieri ed Enrico Fischer, riuscirono a raggiungere l'altra parte della città. Quando la battaglia di Firenze si concluse, dopo giorni di guerra, sparatorie e perdite, e gli Alleati arrivarono in città, la trovarono completamente liberata da qualunque residuo nazifascista.
Sentire ricordare da chi c'era in quei giorni, proprio come è successo questo 8 agosto in occasione della commemorazione per la morte del comandante Potente, è un'emozione che tutti dovrebbero provare: sentire Liliana, nome di battaglia Angela e membro del comando direttivo della divisione Arno, raccontare dei proiettili che sembravano datteri illuminati e di come i tedeschi gli sparavano contro mentre cercavano di attraversare l'Arno in secca o Giorgio Pacini che spiega come arrivò alla Resistenza in quanto operaio della Fiat, figlio di un lavoratore della Pignone, spinto dalla convinzione dell'esistenza di un fortissimo legame tra movimento operaio e antifascismo. Come è stato bello sentire Marcello Cesano, conosciuto da tutti come Sugo, un'istituzione a Firenze, ricordare che dopo quell'8 agosto del 1944, quando venne fatto il funerale a Potente, con lui fu sepolto anche il compagno Tinti, partigiano della stessa divisione, morto assassinato dai franchi tiratori in via de' Serragli.
Sono storie e ricordi che rendono ogni fiorentino orgoglioso di essere nato, con tutti gli innumerevoli posti che ci sono a questo mondo, proprio qui, su una delle due sponde dell'Arno. Ma, come tutte le storie, non servono a molto se restano in bacheca, o peggio, vengono utilizzate per fare vetrina. E' infatti ignobile spendersi per ricordare in pompa magna coloro che persero la vita per liberare la città e poi non vietare che ogni anno al cimitero di Trespiano Casaggì commemori i franchi tiratori, vigliacchi che non avevano neppure il coraggio di scendere in strada: Potente morì per un colpo di mortaio proprio combattendo contro di loro. La presa di posizione ferma ed indiscutibile contro queste nuove organizzazioni neo fasciste non è più rimandabile: chi ricopre ruoli all'interno delle istituzioni della Repubblica deve tenere bene a mente da dove è che arrivano quelle istituzioni e chi dobbiamo ringraziare per la loro esistenza. L'amministrazione comunale, per restare a parlare di Firenze, non si dovrebbe fare remore nel vietare spazi pubblici a chi non si riconosce, di fatto nei valori della Costituzione, Se l'ambiguità politica non paga mai, quando parliamo di antifascismo è bene ricordare che il piede in due staffe non è proprio ammesso.