Cultura

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Dalla divulgazione scientifica alle recensioni di romanzi, passando per filosofia e scienze sociali, abbracciando il grande schermo e la musica, senza disdegnare ogni forma del sapere.

Immagine liberamente tratta da pixabay.com

Dopo essere stato presentato a Roma, presso la Farnesina, lo scorso 6 aprile, anche a Parma, il 27 dello stesso mese, si è tenuta l'illustrazione dell'Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia (www.straginazifasciste.it).
L'iniziativa è stata organizzata dall'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea della città ducale, ed ha visto la partecipazione del prof. Paolo Pezzino, docente all'Università di Pisa e direttore scientifico del progetto; di Massimo Storchi, Responsabile del polo archivistico dell'Istituto Storico della Resistenza di Reggio Emilia, e del ricercatore Tommaso Ferrari, curatore delle schede riguardanti la provincia di Parma.

L'Atlante, nato grazie al contributo di storici, ricercatori ed enti, intende porsi come voce, nel web, del grande lavoro di documentazione portato avanti dagli Istituti Storici dell'Italia centro-settentrionale sulle stragi compiute dalle forze di occupazione tedesche, e dai collaborazionisti italiani, durante la Guerra di Liberazione Nazionale.

Nel proprio intervento il professor Pezzino ha sottolineato come l'Atlante - frutto di due anni di lavoro di 115 ricercatori - sia un work in progress, destinato ad arricchirsi sulla base di segnalazioni di nuovi eventi, di errori, o mediante nuovi dati, forniti da utenti, studiosi, enti e comunità locali.
La ricerca è stata finanziata dalla Repubblica Federale Tedesca, come risposta al rifiuto di corrispondere indennizzi ai familiari delle singole vittime dei fenomeni stragisti compiuti dalle truppe tedesche nel nostro Paese tra il 1943 ed il 1945.
Da un punto di vista metodologico, l'innovazione portata da questo progetto, consiste nell'aver incluso tra le stragi anche le singole uccisioni e non solamente quelle definite, propriamente, come tali. Una innovazione che consente di avere un panorama più ampio e dettagliato della violenza nazifascista perpetrata contro civili e partigiani - e qui sta l'altra novità - disarmati. Oltre ai civili propriamente detti, infatti, sono stati inclusi tutti gli episodi che hanno visto vittime partigiani che si erano arresi e che, contrariamente a quanto prevederebbero le leggi di guerra, non avevano alcun riconoscimento ufficiale di combattenti, e le conseguenti garanzie che da tale status derivano. Esclusi dalla ricerca sono state, invece, le vittime di episodi non afferenti a rappresaglie e rastrellamenti, come i caduti a causa di bombardamenti o mine.
Importante sottolineatura è presente già nel nome del progetto. Il “naziste e fasciste” non è infatti casuale, ma intende evidenziare una autonomia stragista presente nelle truppe e nei singoli combattenti della RSI. Una vocazione stragista spesso prescindente dalle azioni dell'alleato.
Gli episodi censiti sono stati 5.428 per un numero totale di vittime di 23.461. Tra le regioni con più caduti vi sono l'Emilia Romagna (4.213) e la Toscana (4.465), le due regioni più prossime alla Linea Gotica e che per tale ragione più soffrirono della violenza dell'occupazione. Terza regione per numero di vittime il Piemonte, con 2.792 caduti, per oltre il 50% partigiani; seguito da Veneto, 2.383 caduti, e Campania, con 1.409 uccisioni. Dato, quello campano, che dà una misura della violenza a cui si lasciarono andare le truppe germaniche, anche quando non si trovarono ad affrontare un movimento partigiano organizzato (i caduti campani saranno, infatti, quasi tutti civili). Altro dato importante, per numero di caduti, riguarda il Friuli, dato che va completato, per avere una visione d'insieme, con le vittime nelle zone annesse dall'Italia e che oggi sono sotto sovranità slovena e croata.
Proseguendo nell'illustrazione dei dati principali, si hanno 2.725 episodi con singole uccisioni; 2.215 stragi con un numero di morti compreso tra i due ed i nove; 434 stragi con da 10 a 49 vittime; 40 con un numero di vittime tra le 50 e le 99 ed, infine, 14 stragi con oltre cento caduti.
Cronologicamente i picchi stragisti si sono verificati nell'autunno del 1943 (quindi sin dai primi passi compiuti dal movimento partigiano nella Guerra di Liberazione Nazionale) e nell'estate del 1944. Dopo un primo calo nel numero del vittime, di nuovo si ha un aumento del numero dei crimini a danno di persone disarmate nell'ultima parte della guerra, causato dalle truppe in ritirata (sia per motivi di natura strategica sia per il verificarsi di vendette e fenomeni dovuti a frustrazioni per la sconfitta ormai imminente).
Percentualmente la maggior parte degli episodi censiti hanno riguardato rastrellamenti (il 30%), seguiti da rappresaglie (17%), fatti afferenti la ritirata delle truppe (13%) e motivi punitivi (10%). Tra i reparti tedeschi che più hanno contribuito a questo macabro elenco la 16ª Divisione Panzergrenadier delle SS.
Per quanto concerne le modalità, la maggioranza delle uccisioni (il 38%) sono avvenute mediante fucilazione. Continuando tra i dati forniti da Pezzino nel proprio intervento, circa gli autori delle stragi si ha un 61% degli episodi (con il 64% delle vittime) di cui si resero protagoniste le truppe naziste; il 19% compiuti da militi della RSI (che hanno provocato il 12% delle vittime) ed il 14% (ed il 20% delle vittime) delle stragi operate congiuntamente dalle due forze.
Per quanto afferisce alla tipologia delle vittime ai primi posti si hanno 12.581 civili; 6.776 i partigiani arresi o comunque disarmati; 371 persone legate ai partigiani; 212 disertori; 888 appartenenti ad altre categorie (religiosi, carabinieri etc.); 357 antifascisti.
Il 68% delle vittime era nella fascia d'età compresa tra i 17 ed i 55 anni e l'81% erano uomini.

Altri dati, estremamente dettagliati, ed illustrati strage per strage, sono presenti sul portale, e ad essi è garantito il carattere scientifico dall'importante lavoro di controllo effettuato sugli stessi.

Secondo ad intervenire il ricercatore Tommaso Ferrari, curatore delle schede parmensi del portale, che ha illustrato i fatti (117 per un totale di 414 vittime) avvenuti nel territorio parmense dal febbraio del 1944 all'aprile del 1945.
Primo episodio di rappresaglia che colpì la provincia fu quello del primo febbraio 1944, avvenuto per ritorsione rispetto alla morte di un fascista ucciso da un bomba in un bar il giorno prima, e costò la vita a tre persone: tra esse l'antifascista Tommaso Barbieri.
Gli ultimi episodi che insanguinarono la provincia sono avvenuti nella coda degli eventi bellici, nella cosiddetta “sacca di Fornovo”, il 27 aprile 1945, e videro come matrice delle stragi le truppe tedesche in ritirata. Saranno nel complesso 82 le vittime parmensi di rappresaglie tra il 24 ed il 27 aprile 1945. Quasi tutte queste uccisioni si situano tra Fornovo, Salsomaggiore ed il Po, lungo la direttrice seguita dalle truppe tedesche in ritirata.
Altro fenomeno di cui fu vittima la provincia di Parma, insieme a quella di Reggio, fu la cosiddetta Operazione Wallenstein, mirante a rastrellare lavoratori da destinare al lavoro coatto (saranno 1.800 le persone catturate tra Reggio e Parma tra la fine di giugno e quella di luglio del 1944).

Ultimo intervento quello dello storico Storchi, il quale ha sottolineato l'importanza dell'analisi di questi dati. In particolare di grande importanza sono episodi “piccoli” - che nel reggiano hanno lasciato sul terreno più vittime delle stragi maggiormente note: Cervarolo e Bettola - per comprendere la diffusione della violenza stragista perpetrata dagli occupanti, sottolineando l'autonomia stragista delle truppe della RSI, spesso non benvista, per motivi non umanitari ma di natura tattica, dagli stessi comandi tedeschi.
Autonomia fascista che si manifestò anche nella tipologia dei saccheggi, non legati soltanto a necessità alimentari, ma che si caratterizzarono spesso come vere e proprie razzie, con successivo incendio delle case.

In conclusione l'Atlante rappresenta una fonte preziosa ed un'utile sistematizzazione di una grande quantità di informazioni sulla violenza stragista che colpì l'Italia tra il '43 ed il '45, ed è destinato non solamente a ricercatori e storici, ma anche a scuole, enti locali, per iniziative legate alla memoria storica ed in generale all'opinione pubblica del nostro Paese.

Un incubo del nucleare nel nuovo lavoro dei Mogwai

Dopo avere musicato in maniera maestosa la favolosa serie tv francese Les Reventants (2013), i Mogwai tornano nel mondo delle colonne sonore rielaborando il loro stesso materiale che aveva dato vita alla soundtrack del documentario di Mark Cousins per la BBC intitolato "Storyville – Atomic: Living in Dread and Promise", un'analisi storico- scientifica sull'uso dell'energia atomica a settant'anni dallo sgancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki.

Lunedì, 25 Aprile 2016 00:00

Quando i paesaggi parlano

Scritto da

L’ultimo intervento della giornata dedicata ai paesaggi, in particolare nel Dittico dei Duchi di Pier della Francesca e nella Gioconda di Leonardo da Vinci, organizzata all’Istituto francese, è provenuto da due ricercatrici, Rosetta Borchia, artista e naturalista e Olivia Nesci, Professore di Geomorfologia, presso il Dipartimento di Scienze Pure e Applicate Sezione "Geobiologia, Patrimonio Culturale e Analisi del Paesaggio", dell'Università di Urbino. Costoro si autodefiniscono, al di là dei rispettivi titoli, “delle cacciatrici di paesaggi”. Il loro lavoro è durato dieci anni e l’intento di questo progetto era cercare prove materiali della realisticità, della topografia e della fisicità dei paesaggi che appunto adornano le suddette opere. Si tratta cioè di paesaggi fisici, reali, riconoscibili in un determinato territorio. Tale individuazione è iniziata, raccontano

La questione morale (e l'Europa) secondo Roberto Andò

LE CONFESSIONI ***1/2
(Italia 2016)
Regia: Roberto ANDO '
Cast: Toni SERVILLO, Daniel AUTEUIL, Connie NIELSEN, Lambert WILSON, Pierfrancesco FAVINO, Aleksei GUSKOV
Durata: 1h e 40 minuti
Produzione e distribuzione: Rai Cinema - 01 Distribution
Uscita: 21 Aprile 2016

Dopo lo straordinario “Viva la libertà”, Roberto Andò torna a dirigere Toni Servillo in un nuovo film sulla moralità delle scelte, sui deliri della politica. Siamo in Germania, in un resort di lusso. Sembra l'albergo sorrentiniano di “Youth – La giovinezza” (lo confermano molte inquadrature).Fuori dai cancelli, ci sono solo media e poliziotti. La posta in gioco è altissima. L'imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro. Nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro: niente scrupoli o rispetto verso i propri simili. Lo diceva Frankie Hi Energy in una sua celebre canzone. Nelle segrete stanze i ministri dell'economia stanno tenendo il G8. Soffia il vento dell'uscita della Grecia dalla UE. Tutto questo è stato organizzato dal direttore del Fondo Monetario Internazionale, Daniel Roche (Daniel Auteuil). Stanno per fare un vertice su una manovra che rivoluzionerà la vita di milioni di persone. Il suo motto è “nessuno merita odi per le sue buone azioni, se non ha il coraggio di essere cattivo”.

Gli invitati sono il ministro tedesco, quello russo (Aleksei Guskov visto nel bellissimo “Il concerto”), quello giapponese, il francese, quello inglese, la ministra canadese, l'americano. E poi c'è quello italiano (Pierfrancesco Favino, di nuovo “politico” dopo l'exploit di Suburra). Detto così sembra una barzelletta, ma non sono soli. Ci sono tre ospiti, che solitamente non siedono al tavolo dei potenti: una è la scrittrice di libri per bambini, Claire Seth (la Connie Nielsen del “Gladiatore”), poi c'è una rockstar, ma quello più importante è il monaco certosino italiano Roberto Salus (Toni Servillo). Tutti si chiedono perché i tre solo lì. È Roche che lo ha voluto. Fa tutto parte di un piano. Proprio il monaco, alla vigilia di un'importante decisione, viene a conoscere un segreto che nessuno dovrebbe sapere. Un tragico evento scuote l'albergo. Il tutto viene sospeso. Roche viene trovato morto. Suicidio o omicidio? Il monaco è l'indiziato principale, è stato l'ultimo che ha parlato con Roche. Ma Salus è abile e scaltro, insomma un uomo inafferrabile che ha giurato di non parlare. Considera un privilegio essere dalla parte della minoranza, in certi casi, invece di salire sul carro del vincitore. È una sorta di Guglielmo da Baskerville del “Nome della rosa” mescolato alla versione (positiva) del Titta De Girolamo de “Le conseguenze dell'amore” (guarda caso nel film di Sorrentino l'interprete era proprio Servillo). O se preferite il terzo gemello di “Viva la libertà”, come ha rivelato lo stesso attore durante un'intervista. Questo personaggio è scomodissimo per tutti i ministri perché devono comunicare l'accaduto all'opinione pubblica. Contemporaneamente hanno paura che Salus sappia di una manovra sanguinosa che deve essere approvata. Tutti i personaggi diventano smarriti, incompiuti, paurosi, stressati. Non vogliono dichiarare al mondo la loro inadeguatezza, la loro incapacità. L'unico che va avanti a testa alta è proprio il candido (come il suo saio) Salus. Un nome, un perché. Salus significa integro. La sua moralità lo porta a diventare superiore a tutti, sfruttando al massimo il “narcisismo intellettuale” (compiaciuto) di Toni Servillo. Una figura tremendamente seria che richiama gli uomini a prendere in mano il proprio destino uscendo dalla logica del profitto. Le banche sono convinte che “fame e miseria fanno parte dello sviluppo”, per Salus invece le cose vanno viste con maggior profondità ed etica. 

Ancora una volta il cinema di Andò torna a pretendere la questione morale dopo lo splendido “Viva la libertà”, sfruttando le lezioni passate del miglior cinema: da “Todo Modo” di Elio Petri agli spazi asettici de “Il divo” di Sorrentino (il regista napoletano è “richiamato” in vari passaggi) passando per l'isolamento del resort in puro stile polanskiano (“L'uomo nell'ombra”). E ovviamente, vista la struttura gialla, c'è anche un po' del maestro del brivido, Alfred Hitchcock (ricordate “Io confesso”?). Un film ambizioso, intenso, ma narrativamente lento guidato dal solito Servillo. Straordinari gli interpreti di contorno: da Guskov (ricordate “Il concerto”?) alla “scrittrice” Connie Nielsen fino agli enigmatici Favino e Auteuil. Se nel precedente “Viva la libertà” Andò si “divertiva” a fare a pezzi la politica italiana contemporanea denunciandone l'inconsistenza con tanta ironia, questa volta il regista siciliano alza l'asticella parlando seriamente di Europa, delle “formule magiche” che i politici adottano prima di prendere una decisione importante (vedi il famigerato “ce lo chiede l'Europa”). “Il servo non sa ciò che fa il padrone, perché il padrone gli dice solo l'azione e non lo scopo. Per questo si assoggetta e pecca contro il fine”. Sicuramente questa è la miglior lezione che Andò potesse fare. Perché non c'è peggior schiavo di quello che non sa (o crede?) di esserlo.

TOP
Il cast di prima scelta, il ruolo della questione morale al centro della storia, l'ambientazione tra oscilla tra Sorrentino e Polanski, la presenza di numerose frasi ad effetto nella sceneggiatura.
La colonna sonora del premio Oscar, Nicola Piovani.

FLOP
La lentezza della narrazione, il “narcisismo” compiaciuto di Toni Servillo in alcuni tratti può risultare invadente o (peggio) irritante.

Venerdì, 22 Aprile 2016 00:00

Al Gabinetto Viesseux, Nel nome di Gaia

Scritto da

L’associazione Soropstimist International, “organizzazione per donne di oggi impegnate in attività professionali e manageriali” allo scopo di attuare il “potenziale individuale e collettivo” delle donne aiutandole a realizzare le loro aspirazioni e avere pari opportunità, insieme con l’Associazione Filosofica Italiana, che intende “promuovere la ricerca e la diffusione della cultura filosofica, anche attraverso il confronto con altri saperi” hanno realizzato, venerdì 15 aprile, un’interessante giornata di studi presso la Sala Ferri del Gabinetto Viessiuex, resa possibile anche grazie al patrocinio del Comune di Firenze. Il titolo del convegno era “Nel nome di Gaia. Il pensiero femminile per

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