Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.
Quel referendum tradito.
Sono passati ormai molti anni da quel Giugno 2011, è passata tanta acqua sotto i ponti (tanto per rimanere in tema), quel principio d’estate stava avendo risvolti importanti, e qui le canzoni tormentone non c’entrano. Era l’estate dei Referendum, quei quattro si che sancirono una schiacciante vittoria del paese contro privati e politiche privatistiche.
Gli elettori chiamati al voto erano 47 milioni, le proposte erano 4 e la vittoria del SI avrebbe abrogato le “proposte” governative. Sulla scheda grigia si votava per grigio l’abrogazione delle norme che dovevano consentire la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare. Su quella rossa sulle modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. La verde riguardava poi l’abrogazione del “berlusconiano” legittimo impedimento, legge totalmente antidemocratica. Infine la gialla, la quale nascondeva (come ad esempio il quesito sul nucleare) una sottile ma fortissima e rivendicata battaglia sociale: in sostanza proponeva di esprimere un giudizio favorevole (votando no) o contrario (votando ancora una volta si) alla privatizzazione dell’acqua.
Pompei, orde di turisti in assalto
Litanie e sermoni, ormai ci siamo abituati: “Pompei è un tesoro”, “I siti archeologici come Pompei sono il nostro petrolio”, “Crolla tutto a Pompei, è li che dobbiamo investire poiché da lì possono nascere molti profitti”. Parole e musica di salotti della Tv, del bar sotto casa fino alle tribune politiche passando per il Parlamento. Un ritornello diventato classico per l’informazione italiana: parlare di siti storico-archeologici solo in qualità di merce e solo rispetto a situazioni “straordinarie” come quella dell’antica città vesuviana distrutta 2000 anni orsono. Sia chiaro Pompei è un sito straordinariamente importante sotto molti punti di vista; l’enormità di dati che da esso si possono ricavare (dall’antropologia, passando per la botanica fino all’archeologia pura) sono stupefacenti, tutto ciò però non giustifica un “assalto ai forni” quanto mai deleterio e pericoloso.
Processi resistenti
Quando i Pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino hanno concluso la seduta dell'aula torinese con la sentenza ben scandita (“il fatto non sussiste”) , un grande urlo di giubilo si è alzato dalle platee del tribunale piemontese, collegato idealmente con le reti mediatiche e con i luoghi di socialità. Tutti contenti, tutti convinti che quel processo sia stato nel complesso un'ingiustizia, una vergogna per uno stato che si definisce democratico. Pensare infatti che personaggi arcinoti come Silvio Berlusconi dicano esplicitamente in pubblico: “Se mi arrestano, spero che abbiate il coraggio di fare una rivoluzione”, mentre personaggi come lo scrittore napoletano rischino la galera per molto meno e per delle dichiarazioni quasi banali per chi ha fatto della lotta uno dei punti della propria vita, fa quantomeno sorridere e riflettere. Riflettere perchè oggettivamente siamo di fronte a un'ottima notizia dal punto di vista della libertà di espressione, in un momento difficile per la democrazia stessa costantemente in pericolo tra una riforma della costituzione e un parlamento sottomesso completamente al volere dell' ex sindaco di Firenze.
O tempora o mores. I beni (?) culturali al tempo del renzismo
Il grandissimo e compianto artista e autore colombiano, naturalizzato messicano, Gabriel Garcia Marquez scriveva anni orsono un romanzo destinato ad un grandissimo successo: “Amore ai tempi del colera”.
Premesso che la trama di questo best-seller per nulla si lega all’argomento ivi trattato, il titolo è un rimando quasi ad un epoca che fu, un’epoca che, per svariati motivi, nessuno (si spera) ricorderà con favore. Quante volte all’interno di saggi, articoli, convegni o banalissimi talk show è stata sottolineata l’importanza per lo sviluppo del nostro paese dei beni culturali? Quante volte sentendo discorsi “da bar” (con accezione assolutamente negativa ) sentiamo dire “Ma si sfruttiamo i nostri siti e i nostri musei e tiriamo su un bel gruzzoletto?”
Ponti e tonti
Il gran ballo che abbraccia tutta l’isola questa volta non si è celebrato nel palazzo del “Gattopardo”, nella splendida cornice di palazzo Filangeri. “Tutto cambia perché niente cambi”, uno slogan per la nostra epoca, un mantra negativo per uomini e donne che hanno poco in cui credono e spesso si attaccano al primo “santone” che capita. Descrizione dei tempi moderni, tempi di magra per le collettività sempre più vessate da situazioni paradossali.
Lacus Amenus
Roma mi ha accolto in un caldo pomeriggio di fine Luglio, ormai più di un mese fa, la solita routine: la bellezza della città eterna, gli spostamenti che seguono le linee della tramvia e della metro. Roma è una città che risplende di luce propria, Roma è una città che risplende di lotte; viva, arcigna proprio come l’acqua bullicante. L’acqua bullicante appunto; termine che fa quasi sorridere, vocabolo che indica qualcosa che ribolle, a causa della presenza di idrogeno solforato nella composizione chimica di quelle acque.
Luogo ricco d’acqua il Pigneto, basta pensare che accanto a quel fosso sopracitato, stava un tempo il fosso della Maranella, famoso poiché nel film “Un americano a Roma” il grande Sordi manda proprio gli americani in macchina. Premesse fondamentali che mi sono servite e che servono, per capire il lago: il lago di tutti, quello che resiste (e combatte). Tanti giornalisti, opinionisti, militanti hanno scritto del Lago della Snia. Molti si sono pronunciati trattando la sorprendente storia del lago “nato” 25 anni fa nella stuprata (dal cemento) Roma est, zona Pigneto.
Le vicende sopracitate, l’intreccio di falde e fossi, è quindi la causa principale di questo connubio di acque oggi cullate dallo scenario mozzafiato di una vegetazione selvaggia tra i casermoni di cemento degli anni ’60. Il contesto topografico ha una storia importante: il Pigneto, quartiere popolare per eccellenza, cresciuto attorno ad una fabbrica. Il nome di questo impianto ancora riecheggiante nella memoria del parco stesso e del lago.
La Snia Viscosa una fabbrica di seta artificiale chiusa nel '54, un luogo dove oggi il tempo sembra essersi fermato. Studiare ogni minimo dettaglio è necessario per capire le vicende che hanno interessato questo luogo; patrimonio storico-naturalistico dell’Urbe, dalla chiusura del complesso industriale agli ultimi e reiterati tentativi speculativi e le lotte per fermare il cemento, per avere il parco desiderato e i servizi per il territorio e ora salvare (veramente) il lago. I passi decisivi della storia dell’ex fabbrica e del parco sono scanditi da personaggi e momenti più o meno particolari.
È la storia prima di tutto del cemento che invade e colpisce. Una storia come tante in un’ Italia che negli anni ’50 vedeva “solo” il 2% della superficie territoriale cementificata contro il dato odierno che vede le colate di cemento sul nostro territorio presenti al 7% dell’esistente. Il dato è derivato dal rapporto dell’ISPRA della fine del 2014 basata sullo studio del consumo di suolo nel Belpaese.
La relazione dell’ISPRA parla chiaro in questo senso: si cementifica spesso, azione che rientra nei piani di sviluppo di amministrazioni comunali sempre più spavalde nel seguire indirizzi speculativi più o meno celati. Quattro interventi, o per meglio dire quattro tentativi speculativi pensata per un’area dall’interesse storico-naturalistico e paesistico notevole. L’acqua, la falda “invadente” rispetto alle mire palazzinare è arrivata come un flusso provvidenziale, già a partire dal 1992. Se con un’ipotetica macchina del tempo tornassimo alle vicende vecchie 25 anni, sarebbe facile osservare la presenza di società forti (Ponente 1978 srl) e il suo “plenipotenziario” proprietario provare a far passare un progetto per una concessione edilizia relativa alla costruzione di edifici da destinare ad attività produttive. Fu il primo caso, per il complesso di Largo Preneste, di grande mobilitazione collettiva a difesa di quell’area. La situazione si aggravò quando nel 1992 uno sbancamento di 10 metri intaccò la falda provocando l’allagamento di Largo Preneste. Antoni Pulcini il grande protagonista di questa storia, provò a “rimediare” cercando di gettar via l’acqua con l’opera delle idrovore. Missione fallita, il collettore fognario fece crack e la frittata fu sancita inequivocabilmente con la conseguenza del totale blocco dei lavori e dell’opera.
Questo primo “esperimento” fu purtroppo il primo di una lunga serie di manovre atte a mire speculative gravose. Il secondo tentativo speculativo fu provato all’interno della kermesse sportiva dei mondiali di nuoto del 2008, svoltisi a Roma. Una mobilitazione decisa e compatta, anche in questo caso sventò quello che doveva essere l’ennesima bruttura di una capitale in balia del mattone.
Le successive azioni speculative, quella del 2012 e quella del 2013 furono affrontati con la stessa determinazione da chi si è sempre posto a difesa di un bene collettivo.
Nel 2012 la “proposta” di cementificazione con costose residenze arrivava dall’Università La Sapienza di Roma, all’interno del progetto del piano d’assetto generale dello stesso Ateneo. Nel 2013, il solito Pulcini si rese “disponibile” a realizzare un’immensa colata di cemento proprio sulla superficie del lago, tombandolo di fatto per sempre ed ergendo sopra esso 4 torri: 4 eco-mostri dell’altezza (cada uno) di 106 metri! La via crucis di tutta l’area dell' ex Snia è stata seguita, da vent'anni a questa parte, come già detto, da cittadini, comitati, associazioni e dal Csoa Ex Snia. Quest’ultima esperienza nasce con l’occupazione della fabbrica nel 1995, e si è stabilizzata poi in una parte dei locali del corpo di fabbrica (la parte più moderna della fabbrica ndr). Questa realtà autogestita e auto-organizzata ha certamente definito una maggiore determinazione negli spazi d’agire di tutti i volti e i cuori che si sono battuti e che si battono per salvare questo patrimonio.
Il forum territoriale permanente, nasce quindi dall’esigenza di creare una rete tra le varie sfumature che si adoperano per salvare quest’insieme (cittadini, associazioni, movimenti ndr) che in tutti questi anni sono riuscite a riappropriarsi pezzetto per pezzetto di gran parte dell'area, facendo in modo che diventasse un parco. Il Parco delle Energie, alimentato tutto con energie rinnovabili e in cui il vecchio asilo del 1924 è diventato la casa del parco (costruita con tecniche di architettura sostenibile) che racchiude l'Archivio della Viscosa, testimone della vita di migliaia di operaie e operai e intitolato a Maria Baccante, partigiana e operaia. Il forum tutt’oggi è il vero strumento che permette che questa lotta vada avanti. Il compito da assolvere è di primaria importanza per il futuro dell’intera area: rendere demaniali le acque sorgive del lago e mettere al riparo dalla speculazione la parte restante. Per questo il forum chiede da tempo l’esproprio completo dell’area (parte del lago e della fabbrica, nel settore più antico, sono di proprietà del Pulcini ndr). Decisione di straordinaria importanza se si pensa che l’obiettivo principale è quello di istituire per l’ex fabbrica e il lago un vero e proprio Monumento Naturale, unendo storia e natura.
L’impressione che ho avuto salutando quel luogo e i ragazzi (un saluto a Flavia e a tutti gli altri) che mi hanno gradevolmente ospitato è stata quella di un braciere, ardente di voglia di realizzare qualcosa che vada oltre il possibile.
Il Lago, la fabbrica di finta seta mi hanno e ci hanno dato appuntamento ad Ottobre (nella prima settimana) quando all’interno della seconda edizione di “Logos-festa della parola”, in cui rideclineranno la parola “benessere” fuori dagli schemi del Capitale, verso un' intesa uomo e natura forse all’apice della perfezione.
Verguenza
Riapre i battenti la stagione sportiva, per lo sport più seguito nel mondo, nuovamente ai nastri di partenza con l’inizio di tornei nazionali e coppe internazionali. Il calcio sport con una missione sociale notevole (troppo spesso lo dimentichiamo) torna a prendersi la scena. È inutile, forse banale ricordare però la perdita di valori presenti all’interno di questo sport. Caduta libera direttamente proporzionale al giro dei soldi aumentato, vertiginosamente, in questo sport nell’ultimo trentennio.
La cornice che racchiude lo sport del pallone non è bellissima: oltre all’annoso caso della violenza negli stadi (fattore esasperato da intromissione di frange delle ultradestre nazionali all’interno delle curve), ogni anno viviamo di scandali differenti come calcioscommesse e partite truccate per favorire l’una o l’altra squadra.
Anche gli organismi governativi del calcio non sono esenti da colpe. Al netto di pubblicità che invitano al rispetto e alla correttezza infatti, un organismo sportivo ma anche (e soprattutto) politico come la Fifa mostra il suo lato peggiore condito dal malaffare e dalla corruzione, elementi disdicevoli che in prima fila vedono protagonista l’ex presidente; Sepp Blatter.
Rimanendo in ambito continentale, in Europa l’organismo di governo del calcio, la Uefa (presieduta da Platini ndr) non è sicuramente di meno in quanto a figuracce. Tralasciando il discorso sul Fair play finanziario, mezzo poco utile a mi parere per pervenire gli eccessi e le speculazioni di presidenti dal portafoglio infinito ingigantito dai petro-dollari (o petro-rubli) il problema, se mi è concesso, si sposta sul lato della discriminazione. “No To Racism”, slogan che campeggia ovunque all’interno delle kermesse della Uefa, dalla Champion’s League alla Europa League, il problema è la vera “applicazione” di una frase, all’apparenza così pregna di significato. I casi non sono isolati, a testimonianza di un mal costume e di ignoranza recondita nel giudicare problematiche politiche europee.
Qualche hanno fa fu la volta dei tifosi scozzesi del Celtic, multati per avere esposto durante una partita europea l’effige di Bobby Sand dal Nordstand di Celtic Park. Bobby Sands personaggio celebre ed eroe dell’indipendenza irlandese. I tifosi del Celtic legati storicamente alla terra color smeraldo, subirono infinite critiche e l’Uefa ( in linea con politiche europee di repressione ) multò pesantemente la squadra bianco-verde di Glasgow. Pochi mesi fa è stato il turno del Barcellona, con una sentenza e una multa arrivata nell’ultimo mese. L’antefatto è il palcoscenico europeo calcistico più importante, la finale di Champion’s League a Berlino tra i catalani e la Juventus.
I blaugrana incassano una multa salata dalla Uefa per le "esteladas" in mostra nell'ultima finale di Champions League.
La Corte Disciplinare della UEFA ha deciso di sanzionare con 30.000 euro di multa il club a causa della presenza, ritenuta "eccessiva" dalla confederazione continentale, delle bandiere catalana. Non è piaciuta l’“ostentazione” di identità e la Uefa rifacendosi all'articolo 16 del proprio statuto motiva la propria punizione così: "l'uso di parole od oggetti per trasmettere qualunque messaggio che non riguardi lo sport, e concretamente quelli politici, ideologici, religiosi, offensivi o provocatori".
Provocatori? Offensivi? Da tempo immemore ho constatato in curve e altri settori le apparizioni di simboli chiaramente legati al nazi-fascismo; dov’è in questo caso l’applicazione dell’articolo 16 ( per fortuna per il caso della svastica di Italia-Croazia si è intervenuti ndr)?
Il Barcellona ha rischiato pene anche più severe, poiché è prevista fino alla chiusura dello stadio ma qualcuno negli uffici di Nyon si è mai chiesto cosa sia veramente diffamatorio e offensivo? Il mondo del calcio è malato, da tempo e la soluzione che spesso viene data alla problematiche dirimenti è quella di reprimere comportamenti più o meno distesi e lasciare scivolare invece il più delle volte situazioni disdicevoli.
Se il calcio è un veicolo sociale, che lo sia fino in fondo, senza dietrologie e altre trame. Il pallone che rotola ha fatto innamorare generazioni su generazioni, lasciamo che la passione sia libera di seguire il verde di un prato.
La foce che combatte.
Il titolo non è casuale, il titolo è voluto ricercato seguendo la scia di un significato ben preciso.
“… La natura si ribella e a noi ci fa felici…” cantavano così in un loro pezzo lo storico gruppo rap-militante romano degli Assalti Frontali. Il testo e la musica erano una dichiarazione d’amore verso una vicenda che ha fatto stringere il cuore a tenti, il lago che combatte, lo specchio lacustre naturale in pieno centro a Roma.
La storia del Lago di Tor Pignattara ormai è ampiamente conosciuta anche e soprattutto grazie alla battaglia intrapresa da cittadine e cittadini per restituire quel bellissimo specchio d’acqua alla collettività. Un lago d’acqua naturale ribellatosi alla prepotenza del cemento, prepotenza fomentata da chi segue come ideale solo la speculazione, nella sua versione forse peggiore, quella edilizia. La natura a Roma si è ribellata questa è una certezza e l’uomo ha risposto presente.
Irrigare la democrazia
Il panorama che si osserva dal colle che ospita la fattoria senza padroni è mozzafiato, le porte del chianti, il cielo azzurro, i colli segnati dal giallo oro del grano maturo, dalla macchia verdastra creata ad arte dagli uliveti, o i disegni generati dal ritto chino tipico della vite. Il contesto vuole la sua parte, ed il contesto di Mondeggi bene comune è di quelli da cartolina. Siamo nella hinterland fiorentino all’interno del comune di Bagno a Ripoli, un’ esperienza nata un anno fa in seno a contraddizioni del mercato della terra protratte da anni che hanno “dissanguato” questi campi tornati a zampillare irrigati dalla fonte dei beni comuni. La fattoria senza padroni nasce dopo un’assemblea pubblica promossa dalla rete di Genuino Clandestino, nel Novembre 2013.
Partecipazione e processi partecipativi: il caso Toscana.
Nella bella cornice del parco di via Betti si è svolta, nella giornata di Domenica 21 Giugn,o un’iniziativa sul tema della partecipazione attiva e sui modelli per cui essa viene declinata. L’iniziativa è stata promossa dal Municipio dei Beni Comuni, spazio politico pisano da tempo ormai attivo su svariati temi (ambiente, integrazione, beni comuni, welfare dal basso), nato in seno al grande progetto di recupero dell’ex colorificio e proseguita fino all’ultimo modello di alternativa reale: l’ex distretto militare Curtatone e Montanara rinominato alla sua liberazione in Distretto 42. L’assemblea ha visto sul proprio tavolo una serie di “ingredienti” molto interessanti; esperienze narranti di situazioni diverse tra loro ma pur sempre imparentate fortemente. Progetti nati dal basso, su iniziativa prettamente popolare che creano o hanno creato veramente partecipazione.
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).