I film della settimana, le serie televisive e tutto ciò che riguarda l'arte dello schermo (piccolo o grande che sia), senza disdegnare le arti del videogioco.
Immagine liberamente tratta da pixabay.com
"Immagine di un paese alla deriva" di Andrea Vitali
Come ha scritto qualche giorno fa Irene Polverini su Il Becco, “Il capitale umano” è un film di un “Virzì che non ti aspetti”. E non mi trattengo dal dire che probabilmente è la sua opera più completa e matura, perché semplicemente diversa dalle sue pellicole precedenti. Il regista livornese si è liberato di quella comicità toscanaccia e dolorosa alla quale eravamo da sempre abituati e (almeno per i fans) affezionati, andando ad abbracciare il drammatico e il noir.
Girato a Varese (e non più nella natale Toscana), “Il capitale umano” è l’immagine perfetta di un paese che va a rotoli economicamente, dove la cultura la si sostituisce costruendo appartamenti e dove non esistono rapporti umani o, meglio, dove ne esistono pochi e fragili. C’è Dino, immobiliarista che si fa fare un prestito a cinque zeri da un amico banchiere, per reinvestirli come quota nel gruppo di Giovanni, speculatore finanziario interpretato da un perfetto Fabrizio Gifuni. Poi, come spesso succede di questi ultimi tempi, i mesi passano e i guadagni sperati non arrivano, il debito deve essere pagato e la casa ci va di mezzo.
Il sesso aumenta il numero di spettatori, si sa. Viene percepito come elemento di provocazione anche sul grande schermo, nonostante appaia abbastanza anacronistico con la diffusione del web tra le nuove generazioni. Quindi rimane l'interrogativo sul perché di tanta ostentazione. Alla fine della pellicola ci si arriva: c'è un autocompiacimento ai limiti dell'insopportabile di Cormac McCarthy, consacrato dal grande pubblico come genio dopo Non è un paese per vecchi (tratto dal suo romanzo) e qui alla sua seconda sceneggiatura, dopo una prima esperienza nel lontano 1996.
Dialoghi che saltano fuori senza motivo, aspetti narrativi dati per scontato senza valide motivazioni, attori capaci che si scontrano senza amalgamarsi, un ritmo incapace di decidersi tra la tensione narrativa (mai ottenuta) e il dramma esistenziale degli uomini (senza raggiungere mai un livello di riflessione innovativo o quantomeno originale).
Spesso si rasenta la noia, senza addormentarsi ma interrogarsi sul senso di passare due ore davanti a questo film, uno spreco di regia e di recitazione.
Quando ci si vuole celebrare si rischia di fare un disastro ed è effettivamente quasi impossibile salvare la storia con un buon Ridley Scott e stelle holywodiane in ottima forma. Sfigura solo Michael Fassbender. Glaciale e splendida Cameron Diaz, che però non fa dell'età un punto di forza e appare invecchiata. Brillante e piacevole Javier Bardem, a causa della storia inutile Penelope Cruz. Il ricordo migliore lo lascia Brad Pitt, una comparsa che in più riprese risolleva lo spettatore (senza però sfuggire dalla discutibile sceneggiatura, che non rende ben chiaro il perché della storia).
Ci fosse qualcosa di realmente innovativo, non importerebbe l'assenza di un senso specifico. Il fascino della lentezza, l'indeterminazione del messaggio, un semplice quadro cinico della realtà (attraverso tonalità surreali): c'era già Non è un paese per vecchi.
Ingiustificate le pretese che stanno dietro a questa operazione cinematografica. Un peccato. Commercialmente è uno stile che paga, perchè la provocazione estetica è meno impegnativa di quella sostanziale.
Il nichilismo è un'altra cosa, non è il vuoto ridondante.
[Voto 5 su 10]
[The Counselor, USA, Gran Bretagna 2013, thriller, durata 111', regia di Ridley Scott]
Immagine tratta da www.comingsoon.it
L'adattamento di un romanzo noir ambientato nel Connecticut poteva sembrare una sfida troppo ambiziosa per Paolo Virzì, che negli anni ci ha abituato a ritratti intimistici e familiari dell'Italia provinciale.
Il capitale umano si rivela invece, a sorpresa, il suo film più maturo e potente, ottimamente scritto, girato e interpretato.
Un cameriere da catering viene travolto da un SUV mentre torna a casa in bicicletta a notte fonda e viene lasciato agonizzante sul ciglio della strada. Questo evento drammatico, in un lento affiorare di indizi e dettagli, andrà a incidere sulla vita di due famiglie di diversa estrazione sociale: gli Ossola e i Bernaschi.
Quasi parallelamente, la narrazione di Virzì si dipana in tre capitoli, dedicati ai tre personaggi principali, Dino, Carla e Valeria, e solo nel quarto e ultimo capitolo la trama è completamente spiegata, in un epilogo che non può lasciare indifferente lo spettatore.
Una farsa.
I nomi dei personaggi sono irrilevanti, così come i dettagli della trama.
Non è un film sui drammi della vecchiaia. Non è una pellicola sul pugilato. Sono due protagonisti indiscussi dell'immaginario collettivo che tornano sul ring al meglio delle loro possibilità (ossia malandati e provati dal tempo). Autoironia senza eccessi di cattiveria.
L’unico vero momento di ilarità condiviso dal pubblico della sala cinematografica è quello causato da una signora che rientrando dal bagno, dopo aver superato una decina di persone a sedere, incerta, guardando lo schermo più volte, finisce per domandare a tutta la sala: “ma non è Philomena”?.
Il resto delle risate non spezza una costante patina di malinconia, che avvolge lo spettatore dai primi minuti. L’uomo inadeguato rispetto alla felicità, messo in scena da un cast eccezionale, che incanta e regala una delle pellicole meglio recitate degli ultimi anni (anche se Bale supera tutti, all’altezza dei riflettori puntati su di lui).
Lasciando a casa ogni aspettativa l’esperienza è godibile. Una trama dallo svolgersi confuso, con un pessimo doppiaggio e una didascalia di apertura che spinge a interrogarsi sul perché i tempi verbali (e quindi anche il congiuntivo) restino un rompicapo per molti italiani (sul serio, ma per 40 euro non c’è uno studente disposto a rileggere certe cose prima che passino per le sale?).
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).