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"Eccolo Maggio che fa fiorire le pere
a voi capoccia vi si chiede da bere
ebbene venga Maggio e Maggio gli è venuto"
(Canto del Maggio, tradizione popolare)
Come Boccaccio ci racconta, Dante ha incontrato la sua bella Beatrice, per la prima volta, alla festa del Calendimaggio. Dall’ultimo giorno di aprile a Firenze, come in altre città toscane, iniziavano i festeggiamenti per la primavera. Canti, balli, giochi e rappresentazioni teatrali, intrise di gioia per il mondo che rinasceva, coinvolgevano tutti i cittadini che per l’occasione chiudevano la loro attività, qualunque questa fosse.
E il nostro Maggio Musicale Fiorentino prende il suo nome proprio da questa festa. Se il fatto di essere nato negli anni Trenta su iniziativa del mecenate Luigi Ridolfi Vay da Verrazzano e del maestro Vittorio Gui già lo circonda di un’aurea di autorevolezza, scoprire che le sue radici affondano in tradizioni centenarie non può che renderci ancora più orgogliosi.
Dal 1999, anno in cui l’Università di Firenze ha deciso di appaltare i servizi delle proprie sedi, i lavoratori impiegati nelle pulizie e nel portinerie dell’Ateneo denunciano situazioni di sfruttamento da parte sia delle aziende appaltate sia da parte dell’ appaltatore. I suddetti lavoratori sono per lo più di età compresa fra i 30 e i 35 anni ma ci sono anche cinquantenni e venticinquenni.
Il percorso di lotta dei lavoratori è riuscito a conquistare alcuni importanti risultati. Le aziende appaltate nel 1999 erano 7-8 e con questa scelta l’Unifi ha continuato fino al 2010, quindi soprattutto nelle pulizie c’era una grossa difficoltà nell’ organizzazione del lavoro. Dal 2010 grazie all’ intervento dell’ FLC e della FILCAMS è cambiato molto, le aziende appaltate sono diminuite fino a ridursi a 2, una per il Centro Storico e Novoli, un’ altra per il Polo Biopmedico e Sesto. Una scelta positiva, vista dai lavoratori, perché permetteva maggiori possibilità di sostituire turni e sicuramente aiutava nell’organizzazione dei lavoratori afferenti tutti, o quasi, alla medesima ditta. La realtà è ben differente le aziende hanno scelto di subappaltare, sicuramente una cosa che i lavoratori non avrebbero voluto.
Ma dall’ avvento del governo Monti la situazione si è modificata. Nel decreto legge del 6 dicembre 2011, convertito in legge successivamente, si legge che le pubbliche amministrazioni sono obbligate ad usufruire del servizio di Consip S.p.a., un'azienda pubblica il cui scopo è quello di attuare i programmi di razionalizzazione della spesa pubblica per beni e servizi. Quindi si occupano di bandire gli appalti al posto delle normali committenze, le quali sono obbligate ad usufruirne a meno che con una gara di appalto diretta risparmino.
Ma cosa vuol dire affidarsi alla Consip? Fondamentalmente vuol dire un risparmio molto alto per la committenza, quindi una diretta ricaduta sui lavoratori, sulla condizione di lavoro e sul numero di essi, ma vuol dire anche mancanza di garanzia, in quanto a differenza del passato, adesso non c’è nessun obbligo per le candidate di portare un curriculum o una documentazione, ma semplicemente sono gare elettroniche senza neanche conoscere il luogo fisico.
Ma una cosa buona c’era nel decreto: le aziende vincitrici non potevano subappaltare, ma le associazioni inalberate da questo provvedimento sono riuscite a modificare la legge. Il subappalto tende a far abbassare ancora di più la condizione del lavoro, per poter gestire lo stesso appalto con minori fondi, sono possibili più scelte, abbassare gli stipendi di tutti i lavoratori, abbassare il numero dei lavoratori oppure operare in modo tale che il lavoro venga eseguito in meno tempo. Normalmente la scelta ricade su una combinazione di queste, in particolare non potendo diminuire le ore di lavoro delle portinerie le quali sono aperte al pubblico per orari prefissati dalla committenza (l’Ateneo) lo sfruttamento maggiore ricade sui lavoratori delle pulizie, i quali denunciano un forte peggioramento delle condizioni di lavoro. Gli addetti alle pulizie devono compiere il lavoro prima svolto in cinque ore in tre e sono sottoposti a forti controlli da parte dell’azienda in modo tale da non sforare l’orario ridotto alle tre ore prestabilite. Il rispetto dei lavoratori non è una componente importante né per la committenza né per le aziende.
I lavoratori tramite l’RSU di Ateneo richiedono la reinternalizzazione di tutti i lavoratori oggi appaltati. Questa richiesta proviene da una forte presa di posizione da parte degli appaltati, in quanto essi denunciano il fatto di essere lavoratori somministrati in maniera fraudolenta. La somministrazione di lavoro è un rapporto di lavoro istituito nel 2003 in sostituzione del vecchio lavoro interinale, in cui l’università dovrebbe stipulare con un Agenzia per il lavoro un contratto, mentre l’Agenzia dovrebbe stipularne un altro con il lavoratore, l’università potrebbe intervenire nella gestione dei lavoratori e ciò non permetterebbe l’autonomia organizzativa.
Nella realtà il rapporto fra Università, appaltate e lavoratori non passa per la somministrazione di lavoro, perché l’ università non dovrebbe intervenire nell’organizzazione del lavoro fra appaltati e aziende. Però anche a logica essendo un contratto di servizi in cui l’università deve per forza obbligare i lavoratori ad avere determinati orari e determinate mansioni, non c’è reale indipendenza dell’azienda, ma l’Ateneo interviene fortemente sull’organizzazione dell’azienda.
Questa situazione irreale porta a delle storture molto forti: la pianta organica dell’università fiorentina è sottodimensionata rispetto a quella di tutta Italia, quindi l’Ateneo vorrebbe riuscire a trasformare le portinerie in Front Office, ma per poter arrivare a questa trasformazione i lavoratori dovrebbero passare da una fase di formazione. Il problema sorge a questo punto, in quanto questa formazione non può essere operata né dall’Unifi né dall’azienda.
L’ Ateneo non può occuparsi della formazione dei lavoratori perché si autodenuncerebbe come utilizzatore in un contratto di somministrazione di lavoro, mentre invece le aziende hanno diversi ragioni per non occuparsene: la prima è quella economica poiché non hanno nessuna intenzione di investire parte del proprio utile in formazione, la seconda ragione è basato sul fatto questo investimento non è giustificato poiché il personale non è i realtà suo dipendente. In questo rapporto a tre parti, si ricade nel contratto Multiservizi quindi esiste la clausola sociale, cioè l’obbligo di reintegro da parte dell’ azienda entrante dei dipendenti dell’usciente, quindi dalle associazioni gli addetti di pulizia e portineria non vengono visti come proprio dipendenti.
I lavoratori delle appaltate continuano a denunciare questa situazione e si preparano a far sentire le proprie ragioni sia alle aziende sia all’Ateneo. Visti i tagli sempre in aumento da parte del governo all’ istruzione, la mancanza di fondi ricadrà su tutti lavoratori dell’università e in modo ancor maggiore su quei lavoratori che vivono nell’università ma come appaltati ai privati, per questo quando si lotta per l’ università pubblica sarebbe necessario che ogni sua parte fosse pubblica.
Mentre l'articolo veniva preparato abbiamo già ricevuto una serie di strani commenti. Non abbiamo niente da nascondere e nessuna paura di intimidazioni, ci limitiamo a precisare che siamo una testata in fase di registrazione, basata sulla ricerca e l'inchiesta di collaboratori e che siamo a disposizione di eventuali richieste di replica.
Luogo: Istituto d’Arte di Porta Romana, incontro con Damiano Del Guasta – classe VF
Incontro Damiano nel contesto magico dell'Ottagono dell’Isa, Istituto D’Arte di Porta Romana, fiore all’occhiello per Firenze, ma non solo, luogo d’eccellenza per la formazione artistica italiana, oggi ribattezzato Liceo Artistico e fortemente attaccato soprattutto nella straordinaria realtà dei laboratori ,dalle politiche scellerate della Gelmini e suoi precursori. È uno dei referenti degli studenti del Collettivo Studentesco,che ha coordinato insieme ad un gruppo di studenti, tra i quali Sofia Nardi, Ettore Grassi e Andrea Chirico, le giornate di Autogestione nel mese di dicembre.
"Autogestione. Raccontami".
Damiano parte a ruota libera, dopo aver appoggiato per terra un enorme zaino di tela stile militare. Da tempo ormai il mese di ottobre rappresenta un momento di riflessione da parte degli studenti sulla scuola. Un’abitudine-consuetudine -voglia di fare che nasce dalla constatazione ,avvalorata dal tempo e dalle politiche dei governi che si sono succeduti, di profondo affossamento del sistema formativo pubblico.
Manifestare il dissenso, la critica, la protesta pacifica , rappresenta un diritto-dovere irrinunciabile per chi vive la scuola.
Fermo e appassionato il quadro che si configura dalla sue parole: -Proposte di superamento della crisi che si sta attraversando, -Riflessione-individuazione di forme alternative di didattica per il cambiamento della trasmissione nozionistica della conoscenza e - riappropriazione del processo di formazione, costituiscono il fulcro dell’azione di lotta studentesca .
Lo fermo- “Paideia ..per dirla con i Sofisti”
“Sì – esattamente!” Risponde, ovvero sapere -conoscenza come percorso formativo globale che concorre alla vita di ogni individuo.
Attivazione-occupazione-autogestione, queste le modalità di lotta, tutte mirate lasciare un segno, in una realtà che della scuola e del sapere se ne frega altamente ,in una società in cui c’è un interesse – volontà forte ad affossare il sapere collettivo per qualificare ed esaltare il sapere “ privato” specialistico -blasonato, destinato ai soliti privilegiati. All’Isa – dopo una consultazione democratica con l’Assemblea degli studenti- è passato il progetto di attivazione tramite l’autogestione da condividere con i docenti e i genitori per l’intero anno scolastico.
Il tema? Il dialogo - momento fondamentale di ogni processo di partecipazione. Ripartire dal dialogo vuol dire riaffermare il significato della comunicazione, del pensiero, tornare all’essenza, al valore che sta dentro ognuno di noi - cervelli-pensanti, non numeri, non marionette preda del mercato!
Dunque attuare un percorso condiviso contro la mercificazione e il consumismo imperanti.
Mi rendo conto di come sia lucida – pressante –diffusamente sentita tra i giovani questa richiesta. Mi rendo conto di quanto delegittimante-svuotante-devastante sia la risposta.
Le grandi manifestazioni studentesche che hanno attraversato in lungo e in largo l’Italia da ottobre in poi, sono state volutamente strumentalizzate per esautorarne-svilirne i contenuti. Delle fughe codarde del Ministro Profumo, ci sono stati pochi sporadici accenni sui media , subito dopo archiviati frettolosamente Della selvaggia repressione della polizia, solo qualche notizia dai media e un coro di no alla violenza causata dai quattro provocatori facinorosi! Intanto permane la latitanza di una politica che riprenda davvero in mano la scuola.Ma si è fatto silenzio intorno.
All’Isa il progetto è stato condiviso passando prima dalle Assemblee di classe e poi approdando al Collegio dei docenti che l’ha approvato.
È durato solo 4 giorni, suddivisi in mattina e pomeriggio con l’organizzazione anche del pranzo sociale, autogestito dai ragazzi.
Quattro intensi giorni , che sono stati buoni per aprire questo processo, ma insufficienti per terminare lavori e progetti pensati per l'autogestione.
Qualità e contenuti ci sono stati, eccome !L'autogestione proseguirà attraverso i gruppi di lavoro riuniti in un forum permanente fino alla fine dell’anno scolastico.
Molte le Iniziative attivate: Flash Mob sul tema ”Ignoranza”, Antirazzismo, Ambiente e recupero materiale da riciclo, giornalino e volantinaggio, pulizia degli spazi scolastici, valore-persona e l’importanza delle relazioni e della comunicazione, cineforum sui temi della legalità e del carcere .
Buona la partecipazione, soprattutto positiva la presenza dei ragazzi del primo ciclo e l'adesione di qualche insegnante – nonchè di esperti e genitori all’interno della scuola..
Difficile condensare il fiume di pensieri che Damiano esprime quando si affronta il tema della formazione che ritorna ad essere centrale nella ricerca –affermazione della consapevolezza delle persone e nella formazione di una coscienza capace di affrontare e contrapporsi ad ogni fattore disgregante e disumanizzante presente nella società.
Ferma e inequivocabile la denuncia nei confronti delle istituzioni, amarezza, diffidenza, mancanza totale di fiducia – Oggi istituzioni e persone sono antitetiche. La scuola ha bisogno invece di un appoggio totale e allora occorre insistere, dialogare con le istituzioni, modificare con l’azione e sensibilizzare a tutto tondo.
Il primo passo per un mondo diverso, oggi, è quello di "immaginarselo"! Nessun futuro davanti! Desolante affermazione! Eppure contro questa offesa reiterata all’intelligenza dei nostri giovani, contro questo scempio di risorse umane, la battaglia dell’impegno resta l’unica risposta.
Ci salutiamo con un abbraccio.
Credo davvero che questi processi interni alla scuola costituiscano, in tempi così bui, preziosi momenti di sperimentazione della democrazia, coraggiosi esempi di mobilitazione concreta- capillare in quel cammino – che a tanti pare già segnato o precluso, di cambiamento della nostra società.
“L'asilo nido è una istituzione di carattere assistenziale ed educativo derivante da esigenze della società moderna: la madre, pur avendo il diritto di usufruire di periodi di assenza dal lavoro per il primo anno di vita del bambino, ha spesso difficoltà a provvedere all'assistenza del piccolo; qui si inserisce il nido, che le viene in aiuto accogliendo minori dai tre mesi ai 3 anni di età.” Questa è la definizione che viene fornita da wikipedia quando cerchiamo asilo nido.
In Italia questa istituzione nasce in ritardo rispetto al resto dell’Europa, soprattutto se ci riferiamo a quello pubblico. La legge che li istituisce è la 1044 del 1971, che definisce il nido come un servizio sociale di interesse pubblico, sottolineando così la sua funzione assistenzialistica e non educativa-sociale. Come possiamo notare, la nascita di questo servizio coincide con il momento del boom-economico, quando le donne entrano in maniera massiccia e significativa nel mondo del lavoro, e necessitano quindi di aiuti e di un welfare che permette loro di uscire di casa senza ulteriori preoccupazioni. Ed ecco perché il riferimento solo al carattere assistenziale, tipo parcheggio, dell’asilo.
In realtà le finalità di un nido sono altre: educative, affiancando i genitori nella crescita dei loro figli; sociali, offrendo ai bambini un luogo di socializzazione e di relazione con altri bambini loro coetanei; culturali, in quanto offrono un modello culturale che non opera discriminazioni nell’erogazione del servizio, e inoltre sono luoghi di promozione. Oggi, purtroppo, il valore sociale dell’asilo si sta smarrendo, dimenticandoci, così, la sua reale importanza.
È notizia di pochi giorni fa che le iscrizioni agli asili nido sono in netto calo anche nella fiorente e ridente Toscana. “Non abbiamo ancora dati definitivi sul fenomeno – ha dichiarato Stella Targetti, assessore regionale alla Pubblica Istruzione – ma questo ci dicono Comuni, soggetti del privato sociale e operatori del settore. Sono preoccupata per una tendenza che emerge e che, oltretutto, ha anche una ricaduta negativa sull’occupazione. La tendenza a iscrivere numeri sempre minori di bambini ai nidi è chiara ed è diretta conseguenza della grave situazione economica, che colpisce in particolare donne e giovani”.
Il nido diventa un lusso per un numero sempre maggiore di famiglie. Questa è la cartina di tornasole di una crisi che colpisce duro da farci regredire agli anni Quaranta, con le mamme relegante in casa a badare ai figli. Le mamme che hanno perso lavoro si dedicano alla cura della casa e dichi vi abita, figli inclusi; a volte si fa ricorso, per risparmiare, ai nonni, sempre se questi siano in pensione o comunque disponibili. Una fotografia doppiamente sconvolgente. Da un lato perché evidenzia le difficoltà economiche delle famiglie, dall’altro perché gli esperti concordano sull’importanza di far frequentare ai bambini il nido. Certo, i servizi di infanzia costano, ma tutti i Comuni attuano politiche di riduzioni ed esoneri, pur di incentivare la partecipazione dei più piccoli.
L’isolamento casalingo dei bambini comporta anche dei problemi di sviluppo delle loro capacità relazionali; i nonni, pur svolgendo perfettamente il loro ruolo, non si possono sostituire ad educatrici ed educatori preparati e formati, e soprattutto, non posso diventare coetanei dei loro nipoti, condividendo con loro giochi e passioni. La situazione è dunque allarmante, ma non dimentichiamoci anche dall’altro aspetto della medaglia, cioè la perdita di posti di lavoro. Il calo di iscrizioni, fa, ovviamente, diminuire il numero di addetti e assistenti dentro gli asili, e spesso, chi vi opera, sono donne e ragazze, diventando così una crisi ciclica e senza uno spiraglio di uscita. Non voglio concludere con i soliti discorsi e riflessioni, e per questa volta le lascio fare a voi, sono state giuste le politiche adottate dal governo Berlusconi prima, e dal governo Monti poi, per incentivare il lavoro femminile e giovanile?
Quello del Peronismo è un fenomeno particolare. Il più delle volte viene visto come un qualcosa che piace all'estrema destra. Un pensiero politico che ha trascinato nel buio l'Argentina, che ha portato lunghi e lunghi anni di dittatura in uno dei principali paesi dell'America Latina. Tuttavia reputo ingiusto, come sempre, qualsiasi sia il tema, partire dal presupposto che è giusto solo quello che viene detto da una parte. Sarebbe bene quindi analizzare meglio ciò che è stato il Peronismo in Argentina e ciò che è attualmente.
Nel passato
Il Peronismo (talvolta detto "Giustizialismo") è un movimento politico nato in Argentina durante il primo mandato come Presidente della Repubblica Argentina di Juan Domingo Peron (1946-1955), anche se analizzando attentamente la situazione si può capire come il Peronismo sia nato in seno alla società argentina stessa, essendo essa composta da proletariato urbano e rurale (per utilizzare termini marxisti) e da una forte comunità di immigrati provenienti dall'Europa, che insieme portarono poi alla creazione o allo sviluppo di correnti di pensiero complesse e approfondite. Questo movimento, o ideologia che dir si voglia, unisce per l'appunto molti temi politico-sociali ed economici, come ad esempio alcuni aspetti del Socialismo, un forte sentimento patriottico-nazionalista ed una "terza via economica", ispirata - sopratutto - al Fascismo Italiano (per ammissione dello stesso Peron).
Pluralitas non est ponenda sine necessitate
Questa frase di Guglielmo di Occam rende benissimo l'idea della bagarre istituzionale e delle intemperanze autoreferenziali e agitapopolino di vecchi e nuovi guru dello sviluppo "ecocompatibile" sulla questione del potenziamento dell'aeroporto. Da più di trent' anni l'aeroporto di Firenze soffre le diatribe interne del PCI/PDS/DS/PD, diatribe che, de facto, hanno bloccato lo sviluppo. Analizziamo a sommi capi cosa ha significato per Firenze e la sua economia il blocco di tale sviluppo:
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