Politica

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Le notizie legate al contemporaneo, abbracciando società, istituzioni, questioni internazionali e tutto ciò che rientra nella vasta categoria di politica, rubriche e redazionali esclusi.

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Lunedì, 21 Gennaio 2013 00:00

La disuguaglianza produce malattia

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Il quadro proposto nell’articolo Sanità pubblica:diritti o logica dei numeri (leggi qui) è tanto inquietante quanto veritiero; per altro la competenza e la responsabilità per il ruolo ricoperto delle due autrici testimonia della serietà delle informazioni. Il tono allarmato ma non allarmistico è quindi assolutamente pertinente alla situazione descritta, compresa la possibilità di una valutazione politica e di “decisioni conseguenti” qualora l’impegno alla realizzazione di distretti territoriali forti non fosse realizzato e successivamente valutato rispetto all’effettivo bisogno.

Dopo le lotte importanti ed efficaci degli anni settanta, il popolo della sinistra solo di recente ha iniziato a dare il giusto valore alle questioni della sanità e dell’assistenza, laddove la priorità delle questioni del lavoro e del non lavoro, connesse a quelle dell’ambiente, hanno sempre avuto –giustamente- grande attenzione. Forse la situazione di crisi o, preferisco pensare, una effettiva maturazione, portano a dare il giusto peso ai temi connessi alla salute, alla qualità della vita dei singoli e delle famiglie. Intendo contribuire su questo tema riportando le conclusioni a cui sono pervenuti due studiosi americani, di cui darò successivamente i dettagli: “Considerando l’intera popolazione, nelle società contraddistinte da maggiore disuguaglianza i disturbi mentali appaiono cinque volte maggiori che nelle società dove la sperequazione dei redditi è più contenuta; analogamente, nelle società con maggiori disparità economiche c’è una probabilità cinque volte più alta di finire in prigione e una probabilità sei volte maggiore di essere clinicamente obesi, e anche i tassi di omicidio possono essere notevolmente più elevati. Variazioni così elevate si spiegano semplicemente con il fatto che la diseguaglianza non esplica i suoi effetti deleteri unicamente sulle persone meno abbienti, bensì sulla stragrande maggioranza della popolazione”.

La tesi dimostrata dopo anni di ricerche (più di cinquant’anni in due) in tutti i principali paesi sviluppati è che “è la diseguaglianza la madre di tutti i malesseri sociali. (…) Siamo infatti abituati a pensare che la crescita economica abbia l’effetto automatico di rendere una nazione più sana e più soddisfatta. Ma oggi non è più così, perché i malesseri generati dalla diseguaglianza coinvolgono tutti: non solo i ceti più svantaggiati, ma anche quanti si collocano al vertice della scala sociale”. Infine le conclusioni di prospettiva: “se si vuole avviare un nuovo ciclo di crescita che ponga al centro la qualità della vita e non solo il Pil, occorre intervenire immediatamente per ridurre la forbice sociale cresciuta a dismisura tra anni ottanta e novanta” ( La misura dell’anima. Perché le diseguaglianze rendono le società più infelici. R. Wilkinson, K. Pickett).

Fra i pesi studiati l’Italia è uno di quelli in cui le situazioni si aggravano con una sorta di impennata negli ultimi anni, quelli in cui si sono manifestati gli effetti di politiche di aziendalizzazione della sanità e di bisogno di assistenza non più coperto dalle famiglie, sempre più monocellulari e impegnate nel lavoro. Spaventa quindi la prospettiva indicata dalla Giunta della Regione Toscana che, nella delibera di indirizzi alle aziende sanitarie per il riordino del sistema sanitario regionale (del.1235 del 28.12.2012) pone l’obiettivo di “trovare una mediazione tra diritti e risorse” e afferma che “senza un pensiero di cambiamento sarebbe difficile costruire accettabili condizioni di equilibrio tra diritti e risorse…”.

Non è infatti chiudendosi all’interno del sistema sanitario e di protezione sociale che si può ricostruire equilibrio fra bisogno e risorse ma solo intervenendo sulla effettiva riduzione del bisogno, affrontando quindi il tema delle cause che generano il bisogno e il suo progressivo aumento: le diseguaglianze economiche. In questa prospettiva la questione salute interroga tutta l’azione politica e pone la riduzione della forbice sociale, l’aumento della mobilità sociale e relativo abbattimento della vischiosità sociale (ricordate Contessa? “anche l’operaio vuole il figlio dottore!”), la redistribuzione della ricchezza come processi indispensabili per migliorare le condizioni di salute e quindi abbattere la spesa sanitaria. Il rilievo dato dallo studio dei due epidemiologi al fatto che non solo i ceti meno abbienti ma l’intera popolazione di un paese, infine, segnala che non c’è niente di ideologico nel rivendicare la riduzione delle diseguaglianze economiche ma solo una intelligente valutazione dei bisogni e delle possibilità del paese, cosa che interpella certamente le forze politiche e le formazioni elettorali di sinistra ma anche i democratici, ai quali quindi anche il solo buon senso chiede di abbandonare pratiche di aziendalizzazione e di privatizzazione della sanità e della tutela sociale.

Immagine tratta da keepthemiddleclassalive.com/

Sabato, 19 Gennaio 2013 19:35

Ginori: una sentenza, molti dubbi

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La sala che il Circolo ARCI "La Costituzione" ha messo a disposizione per l’iniziativa è piena: i posti a sedere sono esauriti già prima dell’inizio. E il nome della struttura che ha ospitato le tante persone accorse, soprattutto da Sesto Fiorentino, è di certo suggestivo: la nostra, di Costituzione, afferma come prima cosa che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. E proprio di lavoro si è parlato giovedì sera all’iniziativa organizzata da Rifondazione Comunista. Nello specifico, il Consigliere Provinciale PRC Andrea Calò ha coordinato un interessante confronto con Giovanni Nencini, RSU Cobas della Ginori, e Marco Ronchi, procuratore legale dei Cobas. L’argomento, nello specifico, è il più caldo di quelli affrontati a Sesto Fiorentino (e in tutta la Provincia) in questi giorni: l’apparentemente inspiegabile fallimento della Richard Ginori.

Venerdì, 18 Gennaio 2013 00:00

La crisi del cotto e del lavoro edile

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Il cotto nasce dall’incontro di quattro elementi: la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco. Una magia straordinaria che racconta mani antiche capaci di dar vita alla terra. Impruneta è la città del cotto. Il cotto non è solo tradizione artistica - memoria e cultura, identità di un a terra, ma lavoro e benessere, prestigio per il Chianti nel mondo.

Anni e anni di attività rivolta al settore industriale, con la produzione di piastrelle e laterizi per abitazioni e all’artigianato con manufatti in terracotta artistici realizzati secondo tecniche a mano nel segno della tradizione come orci, usati per conservare l’olio - e tantissimo vasellame, oggetti da arredo, il tutto nato dall’argilla preziosa che si coltiva dalla terra di queste colline. Numerose iniziative culturali hanno puntato nel tempo a valorizzare e far conoscere questo patrimonio di esperienza tramandata da secoli.

Giovedì, 17 Gennaio 2013 00:00

La rivoluzione senza partito

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Ogni realtà socialista-partecipativa latino-americana ha le sue particolarità, ovviamente, ma anche fondamentali determinazioni comuni: tra le quali, per quanto riguarda Venezuela ed Ecuador, il fatto paradossale di aver inventato il proprio partito addirittura dopo avere vinto.

Conviene però aggiungere come una mano, paradosso nel paradosso, sia venuta dall’essere questi due stati repubbliche, come le altre americane, nelle quali il presidente ha enormi poteri: è eletto direttamente dal popolo, è al comando del potere esecutivo e delle forze armate. Anzi in Venezuela è stata la concentrazione di potere ciò che ha consentito a Chávez di avviare una rivoluzione socialista subito dopo avere vinto (1998) le prime elezioni presidenziali, unitamente al prestigio nel popolo per la rivolta, a capo di un’organizzazione di militari nazionalisti e di sinistra, condotta contro un governo che (1992) aveva fatto massacrare dalla polizia e dall’esercito migliaia di persone inermi che protestavano contro gli aumenti del pane e della benzina.

Giovedì, 17 Gennaio 2013 00:00

La scuola al tempo del pensiero unico

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I Decreti Delegati avevano disegnato l'ossatura di una scuola democratica, la cui forma di governo era essenzialmente simile a quella repubblicana: il consiglio d'istituto era l'organo deliberativo per le politiche scolastiche; il collegio docenti per quelle didattiche e il preside eseguiva. Una formula nel tempo logorata dall'esaltazione dell'autonomia scolastica di stile manageriale che tuttavia non ne aveva minato l'esistenza.

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