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Negli anni Novanta è stata portata avanti la disdetta unilaterale da parte capitalistico-borghese del grande compromesso democratico (voglio chiamarlo così) fra le classi e fra i popoli che aveva permesso all’umanità di battere il nazifascismo e di fuoruscire dalla seconda guerra mondiale, un patto che è rimasto scritto nella nostra Costituzione.
Il grande compromesso democratico di cui parliamo non era certo il socialismo, ma tuttavia prendeva atto della lotta di classe, le riconosceva il diritto a esistere e a dispiegarsi, e riconosceva alla parte proletaria, in Italia e nel mondo, la possibilità di svolgere il proprio ruolo, di difendere i propri diritti e di conquistarne di nuovi, di avanzare sul terreno sindacale e politico, nella democrazia.
È certamente un caso che Prospero Gallinari sia nato a Reggio Emilia. Come certamente lo è che in quella provincia, come in tutta l’Emilia e la Romagna l’azione fascista prima, delle Brigate nere e nazista, poi la reazione degli agrari contro le lotte del movimento operaio e contadino siano state particolarmente violente negli anni venti e sino alla Liberazione. È certamente un caso che il 7 luglio 1960 cinque compagni iscritti al PCI siano stati ammazzati dalle forze dell’ordine durante una manifestazione contro la legge truffa di Tambroni e l’assalto fascista a Genova per il congresso del Movimento Sociale Italiano. È certamente un caso che tutti i poliziotti e carabinieri inquisiti siano poi stati assolti. E’ certamente un caso che negli anni ‘60 Gallinari rompa, dopo quei fatti, con il Partito Comunista italiano.
Tra le condizioni istituzionali di avvio di quelle esperienze progressiste latino-americane che hanno compiuto da più tempo una netta scelta socialista (nell’ordine: Venezuela, Bolivia, Ecuador) c’è la trasformazione radicale avvenuta nella forma della rappresentanza del popolo, dal livello del piccolo comune per arrivare al parlamento nazionale. Sarebbe un errore ritenere che queste esperienze si basino semplicemente su una serie di riforme sociali, l’azione di un partito o più partiti di ispirazione socialista, la partecipazione popolare organizzata: quest’ultima infatti non sarebbe in grado di dispiegarsi a fondo.
In Venezuela prima della vittoria nel 1998 di Hugo Chávez alle elezioni presidenziali il sistema delle forze politiche di governo appariva estremamente corrotto, quindi apparivano estremamente corrotti i rappresentanti eletti del popolo. Essi si assicuravano il voto di gran parte della popolazione povera (l’87% per cento della totalità dei venezuelani di allora!) comprandolo o in cambio di favori. Naturalmente questo aveva prodotto anche la disponibilità di una parte del popolo al sistema politico, cioè aveva corrotto, tanto o poco, la mentalità di una parte della popolazione povera.
Articolo scritto da Monica Sgherri e Sara Nocentini
Nella scorsa legislatura, sulla scia del percorso aperto a livello internazionale dal movimento dei movimenti, più noto come “no global” si aprì anche in Regione Toscana una riflessione sulle forme e le pratiche che avrebbero potuto rinnovare la democrazia rappresentativa, recuperando il rapporto tra rappresentanti e rappresentati e ravvivandone lo scambio. Già allora si comprendeva che l’ubriacatura della governabilità e il sacrificio della rappresentanza perpetrato ad arte attraverso leggi elettorali sempre più escludenti, comportava di fatto una profonda cesura nel nostro sistema democratico e nella rispondenza tra i bisogni da rappresentare e le priorità dell’agenda politica.
Non si trattava pertanto, fin dall’inizio, di mettere in discussione la democrazia rappresentativa, ma di mostrarne tutte le derive e le storture, recuperando i saperi, le conoscenze e l’impegno per la collettività che stava sempre più emergendo, chiedendo spazi.
Con l'occasione le ragazze e i ragazzi del Becco ringraziano tutti i presenti e i realatori, che hanno sopportato i molti problemi e hanno permesso la riuscita di una serata che ha registrato circa 100 presenti e la possibilità di coprire, economicamente, tutte le spese burocratiche che affronteremo in questo mese di gennaio per la nascita ufficiale dell'associazione.
Non v'è accanimento, non un assedio, non un imperversare d'armi e dollari peggiore di quello scatenato dal '900 contro il popolo palestinese. E proprio per questo non v'è ragione migliore per porsi ancora una volta “dalla parte del torto”, oltre la coltre dei media tradizionali. Non poteva essere più significativa la primissima uscita pubblica de Il Becco, venerdì sera, presso il circolo Arci “La Fogliaia” a Calenzano. Un'iniziativa che la redazione ha voluto dedicare ad uno dei nodi cruciali delle mille e più vicende arabe degli ultimi anni; un «fantasma che aleggia sulle primavere mediorentali», com'è stato definito l'affaire palestinese durante la serata, del quale si è discusso in compagnia dell'ecoattivista contro le guerre e giornalista del Manifesto Marinella Correggia, del coordinatore nazionale di Al Fatah Italia Ali Emad, dell'imam di Firenze e presidente dell'Unione delle Comunità Islamiche in Italia Izzedin Elzir, del responsabile Pace e Movimenti di Rifondazione Comunista Alfio Nicotra e di Mariano Mingarelli, dell'Associazione di Amicizia Italo-Palestinese.
Per una volta non voglio fare una denuncia o sottolineare il continuo scarso interesse dai mass media nelle tematiche di genere e dei diritti, intensi in senso lato. Ma voglio raccontarvi la mia esperienza che può servire ad altri amministratori locali. Io mi ritrovo ad essere assessore in un momento difficile a livello economico: blocco assunzioni, patto di stabilità e spending review sono i temi cardine di questa mia esperienza.
Siamo creativi o politici? Beh, oggi a mio avviso entrambi. Ma a volte nelle scelte che fai prevale la parte politica e dunque ci sono delle scelte che gli amministratori o le amministratrici devono fare per mandare segnali e per far capire quali sono le priorità che uno intende portare avanti.
Questa riflessione mi è sorta oggi quando ho consegnato il primo “pacco mamma”. Cos’è il pacco mamma? Sono una serie di prodotti che il comune regala, attraverso la farmacia comunale, a tutte le neomamme. A creme e salviettine si unisce un regalo “civico”: la Costituzione Italiana. Il semplice pensiero ha un valore commerciale di 50 euro, ma è comunque un’attenzione che l’amministrazione verso i futuri genitori.
L’iniziativa prende spunto da un progetto europeo sulle buone pratiche a favore della conciliazione tra vita individuale, famigliare e lavorativa. Quindi si, qualcosa si può fare, senza nasconderci dietro a delle scuse, vere non lo metto in discussione, ma comunque scuse perché è l’ora di fare delle scelte politiche intelligenti.
La nostra è stata quella di capire la necessità di un sostegno alla genitorialità (n.b. genitorialità e non famiglia) e sul senso universale di maternità, che deve essere “a carico” della società, e non della singola donna.
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