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Manifestazioni, lo scorso 14 novembre, a Tokyo, Nagoya, Osaka e nella Prefettura di Okinawa degli Studenti per un'Azione di Emergenza per la Democrazia Liberale (SEALD la sua sigla in inglese) contro la base, in fase di realizzazione, delle forze armate statunitensi di Henoko (Nago).
Alla partecipata manifestazione tenutasi presso la stazione di Nagoya hanno preso parte parlamentari dei quattro principali partiti dell'opposizione: tra essi il leader dei comunisti Shii.
Una politica che “ci ha ricordato l'espropriazione forzata per la costruzione di basi americane con baionetta e bulldozer”: così Takeshi Onaga, durante una conferenza stampa, lo scorso 17 novembre, ha qualificato la decisione del governo di non voler tener conto della contrarietà diffusa alla nuova installazione militare.
Sempre in ambito militare, il Sol Levante, mediante il Segretario Generale del Gabinetto, Yoshihide Suga, ha annunciato di voler competere con la francese DCNS e con la tedesca ThyssenKrupp, nella valutazione concorrenziale bandita dal governo australiano per il rinnovo della propria flotta di sottomarini. E' la prima gara internazionale, nel settore bellico, cui il Giappone partecipa, da quando, lo scorso anno, il governo Abe ha tolto le restrizioni - pressoché totali, anche se talvolta aggirate - che limitavano l'industria bellica nipponica.
In ambito economico, proposte per mitigare gli effetti più negativi per l'agricoltura nipponica del Trans-Pacific Partnership Agreement (TPP) sono giunte anche dallo stesso Partito Liberal-Democratico. In un documento di undici pagine, predisposto dagli organi del PLD, pur ribadendo che “il TPP può creare grandi opportunità per il nostro Paese nell'espansione degli affari e nell'occupazione, in particolare per le piccole e medie imprese” si invita il governo a tutelare la produzione nazionale di riso (quella più immediatamente a rischio dall'apertura dei mercati), acquistando, per le riserve stoccate ai fini di protezione civile, riso straniero, così da fare in modo che questo non interferisca con il prezzo del riso nazionale sul mercato interno. Per quanto concerne il riso, il Giappone, dovrebbe, allo stato attuale, mantenere le attuali tariffe doganali, impegnandosi però ad acquistare 56.000 tonnellate annue di prodotto statunitense ed australiano.
Sul fronte lavoro, una ricerca del Ministero del Lavoro, resa nota lo scorso 12 novembre, ha mostrato come quasi la metà delle lavoratrici interinali in gravidanza o nel periodo successivo al parto hanno subito trattamenti discriminatori sul posto di lavoro. Per la precisione, a subire pratiche lavorative ingiuste sono state il 48,7% delle lavoratrici contrattualizzate da agenzie di lavoro temporaneo, contro il 21,8% delle lavoratrici a tempo pieno e con contratto a tempo indeterminato.
Tra le maggiori violazioni riscontrate vi è linguaggio abusante da parte dei dirigenti seguito da licenziamenti ingiustificati.
(con informazioni di Japan Press Weekly 11 – 17 nov. 2015; ryukyushimpo.jp; reuters.com; japantimes.co.jp)
La notte non sa nulla dei canti della notte
È quel che è, come io sono quel che sono:
e nel percepire ciò percepisco meglio me stesso
e te
Solo noi due possiamo scambiarci
ciascuno con l’altro quel che ciascuno ha da dare.
Riaffermazione del romantico, Wallace Stevens
Il 4 novembre l'appuntamento di formazione è sul campo per i ragazzi del Servizio Civile e prevede una giornata di incontro e confronto con le persone detenute nell'unico carcere (maschile) che si trova Pavia. Gli occhi sono impazienti di conoscere ma le gambe non sono dello stesso avviso. L'ansia prende il largo quando vedo giungere Don Dario in bicicletta e una macchina carica di donne con i piccoli al seguito, divertiti fanno a gara per guardare fuori dal finestrino. E' giornata di colloqui ( di visite) alla Casa Circondariale Torre del Gallo.
Di Matteo Fratangeli
Parigi: le ore dopo l’attentato nel racconto di Ida, un’insegnante milanese che vive in città: “L’atmosfera è triste, strade deserte”
Dolore, sgomento, paura, rabbia. Sono le emozioni che tutti noi abbiamo provato alla notizia dei tragici fatti di Parigi. 129 morti e 352 feriti sono un bollettino di guerra, una guerra sempre più su scala globale che il terrorismo vuole portare fin sotto le nostre case, nelle strade che percorriamo, nei negozi, nei locali e nei teatri che frequentiamo per trascorrere qualche ora di gioia e di spensieratezza; sentimenti che nella capitale francese sono stati strappati via con la violenza, gettando la popolazione nell’angoscia e nel lutto.
Sensazioni inimmaginabili per noi che viviamo in una società che, fortunatamente, almeno fino ad oggi, si è sentita immune da tali tragedie, e che solo chi sta vivendo quell’esperienza e la sta osservando con i propri occhi può aiutarci a capire.
Allarme bomba a Firenze. Una scatola di cartone contenente batterie scariche, abbandonata al fianco di un cassonetto e a qualche centinaio di metri dalla basilica di Santa Croce. La voce corre per la città e una nuova scossa emotiva segna un’opinione pubblica inevitabilmente sovraeccitata.
La catastrofe è in corso, ma è arrestabile. A determinate condizioni prima di tutto politiche.
L’intervento russo nella tragedia siriano-irachena e la terribile strage del 13 scorso a Parigi a opera dei killer fanatici dello Stato Islamico pare stiano cambiando parte delle coordinate insensate, politiche e militari, con le quali Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Unione Europea hanno affrontato da cinque anni a questa parte questa tragedia. Sarà sufficiente quel che si comincia a vedere? Non è detto; non è detto, prima di tutto, che il comportamento occidentale riuscirà a essere coerente. Anzi si può già constatare come non abbia l’intenzione di essere tale.
La tragedia di Parigi e la comunicazione monodirezionale
Che sia perché in assenza di un sistema di informazione degno di questo nome che tutti noi ci sentiamo in dover diffondere il proprio verbo personale? O forse perché semplicemente il buon Umberto Eco un po’ di ragione ce l’aveva pure lui? Resta comunque il fatto che da venerdì scorso, in seguito al massacro perpetuato a Parigi, in centinaia, forse in migliaia si sono sentiti in obbligo di far conoscere al mondo il loro pensiero.
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