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O tempora o mores. I beni (?) culturali al tempo del renzismo
Il grandissimo e compianto artista e autore colombiano, naturalizzato messicano, Gabriel Garcia Marquez scriveva anni orsono un romanzo destinato ad un grandissimo successo: “Amore ai tempi del colera”.
Premesso che la trama di questo best-seller per nulla si lega all’argomento ivi trattato, il titolo è un rimando quasi ad un epoca che fu, un’epoca che, per svariati motivi, nessuno (si spera) ricorderà con favore. Quante volte all’interno di saggi, articoli, convegni o banalissimi talk show è stata sottolineata l’importanza per lo sviluppo del nostro paese dei beni culturali? Quante volte sentendo discorsi “da bar” (con accezione assolutamente negativa ) sentiamo dire “Ma si sfruttiamo i nostri siti e i nostri musei e tiriamo su un bel gruzzoletto?”
Il caporione stragista è Erdoğan
Non è vero che della strage di ieri 10 ottobre mattina ad Ankara che ha colpito soprattutto la parte di una manifestazione dove erano concentrati curdi legati al partito HDP e che ha fatto 128 morti e oltre 500 feriti, molti dei quali gravissimi, la responsabilità sia stata solo dell’ISIS, cioè dei suoi due killer suicidi carichi di esplosivo. Intanto testimonianze raccolte da partecipanti alla manifestazione indicano fatti che rendono più complicata la responsabilità. Intanto le esplosioni sono state precedute e accompagnate da attacchi con armi da fuoco da parte di altri individui. Poi, mentre le ambulanze stavano tentando di aprirsi la strada, la polizia ha brutalmente attaccato i manifestanti sparando lacrimogeni ad altezza d’uomo, e creando ulteriori feriti. Rappresentanti dei sindacati e delle ONG che avevano concorso all’organizzazione della manifestazione hanno quindi dichiarato che l’attacco è venuto da forze “fasciste” e che esso era stato anticipato dal ministro degli interni Altınok (questi alcuni giorni prima aveva affermato “le teste di coloro che resistono allo stato saranno sfracellate”). Le manifestazioni nelle città della Turchia avvenute in serata e stamani gridavano dunque a ragion veduta “stato assassino”. Lo stesso hanno dichiarato il presidente del partito kemalista CHP Kılıçdaroğlu e il copresidente dell’HDO Demirtaş.
Non ci sono parole per quello che è accaduto ieri ad Ankara, l’attentato terroristico durante una manifestazione pacifista, che ha costato la vita a 95 persone (per ora) e causato gravi danni a tantissime altre.
Non è passato molto tempo dall’altro, terribile attentato a Suruç - rivendicato poi dalle truppe dell’ISIS – che per sempre lascerà nei nostri occhi l’immagine straziante di quel selfie di giovani e giovanissimi che lanciavano un appello di pace e di speranza, per sempre interrotto dalla brutale violenza di chi la pace non la vuole. Ieri un altro messaggio di pace è stato abortito e quel che resta è una grande ferita che non riesce a sanguinare commenti, anche se dovrebbe. Una grande ferita che dovrebbe rimanere incisa in tutta la comunità internazionale. Quello che sta succedendo in Turchia non dovrebbe essere più tollerabile. Un capo di stato che vuole imporre tutta la sua autorità e che impedisce una convivenza pacifica con la comunità dei curdi, che fa di tutto per spazzare via il partito filo-curdo dell’HdP che lo scorso giugno, conquistando il 13% dei consensi durante le elezioni parlamentari è riuscito ad entrare in parlamento impedendo all’AKP di Erdogan di ottenere ancora una volta la maggioranza assoluta.
Firmato ad Atlanta, negli Stati Uniti, lo scorso 5 ottobre, l'accordo quadro del Trans-Pacific Partnership Agreement (TTP). L'accordo di libero scambio interessa alcune delle più importanti economie che si affacciano sull'Oceano Pacifico (su tutte: Stati Uniti, Giappone, Vietnam, Perù, Australia) e che rappresentano il 40% del PIL mondiale.
Soddisfazione è stata espressa dal viceministro allo Sviluppo Economico italiano Carlo Calenda, intervistato da Il Sole 24 ore di martedì, per il quale la firma dell'accordo per l'area del Pacifico faciliterà quella del suo gemello euro-americano TTIP.
L'accordo dovrà ora essere approvato dai parlamenti nazionali. Scontata l'approvazione da parte della Dieta del Giappone, meno quella del Congresso statunitense.
Il nome che fa più rumore nell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Firenze è quello di Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit, indagato con altri manager della banca di reati finanziari, con l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra. Quest'ultimo tassello riconduce al vero protagonista dell'indagine, il costruttore edile Andrea Bulgarella, accusato di riciclaggio e di favoreggiamento verso l'organizzazione criminale guidata dal latitante per eccellenza, il trapanese Matteo Messina Denaro.
La tragedia del Medio Oriente a una svolta?
L’editoriale di martedì 6 ottobre sul Corriere della Sera a firma di Paolo Mieli svolge un ragionamento condivisibile salvo però tacere su un punto fondamentale. È inoltre un ragionamento simile, a volte in modo determinato a volte on cautela, a quello di una buona parte delle forze di governo e dei mass-media occidentali (altrimenti Mieli se ne starebbe stato tranquillo a scrivere d’altro). Si tratta di una critica molto netta alle posizioni di Obama verso la crisi mediorientale e in particolare verso il versante siriano di questa crisi. Se l’ISIS (Daesh, l’ISIL, lo Stato Islamico) merita, per ciò che è, ciò che fa e ciò che vuole realizzare, di essere paragonato al nazismo, allora, argomenta Mieli, gli Stati Uniti dovrebbero orientarsi a praticare la medesima linea che praticarono facendo guerra al nazismo: l’alleanza con la totalità delle forze antinaziste.
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