Lunedì, 21 Ottobre 2013 00:00

B.E.S., ultima sigla ai danni della scuola pubblica

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Un collegio dei docenti serale, di quelli che ti fanno saltare la cena, in una scuola qualsiasi di una città qualsiasi in una regione che ha una storia mirabile per ciò che riguarda i servizi sociali come la nostra Toscana. In questo contesto, a discussione iniziata, il dirigente scolastico cita l'ennesima sigla della scuola italiana: i B.E.S., acronimo di bisogni educativi speciali.

L'impressione è che ci sia bisogno di fare in fretta, occorre mettere in un P.O.F. la direttiva ministeriale e la circolare, meri atti amministrativi, pena – più presunta che vera - il doversi giustificare davanti a ipotetiche commissioni di controllo, nella scuola italiana, sempre più simile ad una caserma.

E neppure serve che i docenti, dai quali questi dirigenti efficientisti si aspettano sempre un silenzio accondiscendente, facciano presente che le circolari e direttive che si intendono applicare non hanno alcun riferimento legislativo, o addirittura che scavalchino la stessa legge, sottraendo ai decreti attuativi previsti nella legge 53/2003 il potere ordinamentale rispetto alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione. Ogni opposizione collegiale all'introduzione delle direttive B.E.S. è così frustrata, o peggio, derubricata a questione sindacale o politica, con l'invito a non uscire dai praticelli appositamente seminati.

Eppure, si ha paura che la questione diventi politica, ma essa é politica. Lo è profondamente, poiché essa cambia i fondamenti del consolidato sistema rispetto alle problematiche legate al sostegno scolastico. In poche parole, dietro la sigla B.E.S. si cela una revisione dei bisogni educativi degli alunni, separando le disabilità certificate dalla legge 104/92 – le quali si avvarranno ancora dell'opera degli insegnanti di sostegno – dai disturbi evolutivi specifici e di svantaggio sociale, relazionale o linguistico, che invece dovranno avvalersi degli strumenti compensativi e dispensativi previsti dalla legge 170/2010 - legge studiata per fattispecie diverse -, e di una rete consultiva ad ampio raggio a livello di istituto e territorio.

Vero, ma tutto questo può infrangersi contro tanti limiti: in primis le scuole non hanno risorse per pagare il lavoro aggiuntivo - non poco, se si pensa alle commissioni da presenziare, ai casi da studiare,alla modulistica da compilare-; in secondo luogo sono i territori a poter non essere pronti, perchè l'attivazione delle procedure richiede l'intervento di diversi soggetti pubblici che, però, sono da anni sacrificati sull'altare delle politiche di bilancio. Il rischio delle deroghe sarà perciò elevato, con la seria possibilità che l'impianto universalistico della legge 104 scompaia, e che il tutto si risolva solo in un enorme processo di etichettamento di alunni svantaggiati. È quest'ultimo un aspetto già visto in occasione dell'introduzione delle prove INVALSI, anche in quel caso tramite circolari e direttive, sullo sfondo di un sistema scuola bisognoso di democrazia e partecipazione e non di salti all'indietro surrettizi. Si, perché alla fine dei giochi il governo avrà tagliato 11000 cattedre di sostegno in nome della tripartizione (104, disturbi evolutivi specifici, e svantaggio) operata dalla circolare B.E.S., e avrà iniziato quell'assalto all'universalità dei contratti nazionali di lavoro e ai diritti di famiglie e studenti attraverso l'INVALSI, in nome di un sacrificio civile che annienta la scuola a tutto vantaggio delle politiche neoliberiste.

Così, in mancanza di una forza parlamentare sensibile al tema dell'universalità della scuola pubblica e del welfare state, toccherà ancora una volta ai docenti, alle famiglie e a quelle forze di opposizione sociale che dal 2008 sono scomparse dal Parlamento, ricucire le azioni di rigetto a questo ennesimo orrore ai danni delle future generazioni.

Realizzare assemblee per informare la pubblica opinione, lavorare nei collegi docenti e nei consigli di classe al fine di fare emergere le contraddizioni fra normativa e direttiva, far sentire la voce delle famiglie danneggiate dalle insufficienze realizzate con questo sistema.

Questo, e altro ancora, dovrebbe trovare sulla strada quell'oscuro dirigente scolastico che, ad una lettura superficiale delle pezze d'appoggio dei B.E.S., promettesse invarianza di diritti e di carichi di lavoro.

E forse qualcosa sta cambiando.  Perché chi vive e si incrocia con la scuola ogni giorno sta cominciando a toccare con mano le sabbie del deserto formatosi in questi anni di macelleria sociale.

Ultima modifica il Domenica, 20 Ottobre 2013 18:52
Antonio D'Auria

Sono nato a Castellammare di Stabia, cuore operaio nel Golfo di Napoli, nel 1979. Sono educatore al Convitto Nazionale di Prato e militante in Rifondazione Comunista. Di formazione sociologica, il mio interesse è per il mondo della scuola, con particolare riguardo alle politiche culturali e alle implicazioni sociali.

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